martedì, marzo 19, 2024
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Pasolini, Quaglino e Pecorelle

Pasolini, Quaglino e Pecorelle

Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.

Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!

Pier Paolo Pasolini, “Il PCI ai giovani”

 

Sulle panche riservate al pubblico, nell’aula 54 del Palazzo di Giustizia di Torino, si leva un leggero mormorio. La pm Quaglino si volta, minaccia di sgomberare l’aula. Il mormorio era dovuto alla citazione di Pasolini fatta dalla pm. Si, si, proprio quella dei poliziotti recitata a caso da chiunque, tanto da divenire un “infame mantra”.

Ma andiamo con ordine. Da principio.

Il palagiustizia sembra ormai una piazza della Valle, ci cammini dentro e incontri volti conosciuti della lotta no tav. Questo più di tutto rende evidente il tentativo in atto di disarticolare un movimento popolare attraverso le aule di giustizia e le condanne.

Oggi c’è anche l’udienza per il processo contro Marco, il ragazzo con la barba additato un paio di anni fa come il nemico pubblico numero uno, il cattivo, il mostro, per aver apostrofato con un “pecorella” un carabiniere. E il processo riguarda proprio quella vicenda, che lo crediate o no.

Si susseguono i testimoni. Ricostruiscono il contesto. La grande manifestazione del 25 febbraio 2012, decine di migliaia di persone a ribadire la contrarietà della popolazione a quest’opera. La presa di possesso delle forze dell’ordine della baita Clarea avvenuta solo due giorni dopo come a mostrare che la protesta di decine di migliaia di persone non conta nulla. E poi la caduta di Luca dal traliccio. La paura per un amico appeso con un filo alla vita, la rabbia che si riversa sull’autostrada. Gli sgomberi della polizia. In questo contesto il monologo della pecorella. Un evento insignificante amplificato a dismisura dai media, fino a farlo diventare meritevole di essere dibattuto in un tribunale (per ricostruire questa storia è indispensabile l’articolo di Wu Ming per Internazionale, noi ci abbiamo anche fatto su un libro, Nemico Pubblico).

Testimonia anche Don Luigi Chiampo, racconta chi è Marco, un ragazzo che lavora nel sociale il cui impegno nel movimento no tav è diretta conseguenza dei suoi valori.

Poi tocca alla pm, Nicoletta Quaglino. Esordisce teatralmente, recitando il discorso fatto da Marco al carabiniere. La pm passa poi a ricordare la sua passione letteraria giovanile per Pier Paolo Pasolini, trampolino di lancio per affermare che lei sta con il carabiniere, e per chiedere 6 mesi di reclusione per Marco. Sei mesi. Per aver detto “pecorella”, termine definito dalla pm “ingiurioso”. Ci sarebbe da ridere, ma la pm era serissima, quasi marziale mentre ammoniva che avrebbe fatto sgomberare l’aula dopo che qualcuno, sentito il nome Pasolini, non aveva resistito allo stupore.

Già, Pasolini, triste destino il suo, essere citato in un tribunale nel tentativo di condannare alla galera un ragazzo per aver usato contro un carabiniere l’innocente epiteto di pecorella. Ma lui non ne può nulla, sono quelli come la pm Quaglino che lo usano come un vestito buono per ogni occasione, fanno di Pasolini un pupazzetto utile per i loro scopi. Persino in funzione repressiva, dentro un’aula di tribunale.

E dire che Pasolini scrisse parole assai diverse sulle forze dell’ordine, prima e dopo quella poesia, ma forse tali parole non erano nelle corde della pm, nonostante la sua passione letteraria giovanile:

La polizia italiana, insomma, si configura quasi come l’esercito di una potenza straniera, installata nel cuore dell’Italia. Come combattere contro questa potenza e questo suo esercito?[…] Noi abbiamo un potente mezzo di lotta: la forza della ragione, con la coerenza e la resistenza fisica e morale che essa dà. È con essa che dobbiamo lottare, senza perdere un colpo, senza desistere mai. I nostri avversari sono, criticamente e razionalmente, tanto deboli quanto sono poliziescamente forti: non potranno mentire in eterno.

Pier Paolo Pasolini, “Vie Nuove” n. 33, XV, 20 agosto 1960

 

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