Tra di noi c'erano alcuni, come Bianchini e Arrighetti (un operaio fiorentino), che erano di un'altra generazione, ricordavano le cose partigiane; mentre invece anche Toni stesso, che sarà del '32 o del '33, non aveva avuto il tempo di vederle. Poi noi abbiamo avuto un rapporto drammatico con Feltrinelli, che era un coacervo di contraddizioni ma nello stesso tempo proprio per quello, almeno per me, rappresentava un sintomo interessante della stessa crisi della borghesia. La sua adesione a queste cose era vera, tant'è che ci è crepato sopra. Parlo di Feltrinelli perché lui era stato un nostro contatto; contrariamente a Lotta Continua, che aveva fra i suoi simpatizzanti alcuni ex partigiani, noi questi non ce li avevamo, anche perché avevamo nei confronti pure della Resistenza un atteggiamento meno idolatrico e più critico. Per esempio, ci andava molto bene lo sciopero del '43 alla Fiat.
La Classe, non solo come giornale ma proprio come esperienza, è uno dei momenti che, seppur durato pochissimo, è stato di particolare importanza.
Secondo me concretamente in quei mesi il vero merito de La Classe è stato di essere il megafono di quello che avveniva alla Fiat, e quindi di circolare proprio come circolavano le automobili in Italia, distribuendo questi giornali, qualche volta distribuiti davvero da due o tre persone. Poi dal punto di vista dei contenuti io non ho mai più visto quel giornale; certamente ne La Classe ci sono in nuce molte cose che poi si sviluppano in Potere Operaio, ma credo che da un punto di vista politico il suo significato stia in una motivazione perfettamente trontiana. C'erano le teorizzazioni del primo Tronti per cui la strategia è dentro la classe e invece l'organizzazione è la tattica: La Classe ha giocato proprio un ruolo da questo punto di vista, di rappresentare grumi di organizzazioni su un discorso invece strategico che era facile a far passare immediatamente come recepibile dagli operai, che però mancavano di questa possibilità di far ponte fra una cosa e l'altra. E La Classe a mio parere ha molto aiutato alla Fiat, soprattutto nel rapporto fra quello che succedeva a Torino e la situazione in altri posti. In particolare ricordo la funzione che ha avuto a Roma sulle fabbriche della cintura. Roma, che non è una città operaia, tuttavia a partire dal fascismo ha avuto nuclei di classe operaia, qualche volta anche in settori tecnologicamente avanzati, come per esempio la televisione (che allora era una cosa avanzata), o nella telefonia, la Fatme, l'Alenia e le cose della ricerca spaziale. Noi peraltro qui a Roma abbiamo usato le facoltà scientifiche per penetrare là dentro, poiché erano fabbriche da un punto di vista tecnico molto caratterizzate, funzionava proprio la provenienza dalle facoltà di Ingegneria, di Matematica, di Fisica; abbiamo anche intrecciato dei buoni rapporti, durati qualche anno. La Classe è stata il modo con cui noi siamo arrivati in gran parte di queste fabbriche, anche a Pomezia. Poiché nella divisione amministrativa Pomezia (malgrado disti 35 km da Roma) ricadeva dentro l'area dove interveniva la Cassa del Mezzogiorno, allora molti industriali romani e anche americani avevano preferito investire lì perché godevano dei vantaggi derivanti dalla Cassa del Mezzogiorno.
Erano poi usciti quattro numeri di Linea di Massa, uno sulla scuola, uno sui tecnici, un altro dei comitati di base di Milano, uno su Porto Marghera. Quello sulla scuola e la formazione è stato fatto a Roma, quello sui tecnici della Snam Progetti di fatto è curato da Sergio. L'anno dopo c'era stata Compagni, una rivista fatta in due numeri, quella è un'operazione fatta con Feltrinelli.
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