Qual era la redazione di Potere Operaio?
Ci sono state tre versioni di Potere Operaio: una è il settimanale con Feltrinelli, quindi il mensile, poi c'è stato un Potere Operaio del lunedì. La prima versione di Potere Operaio, quella di cui parlavamo prima, e Potere Operaio del lunedì avevano una redazione a Roma; il mensile aveva invece la redazione a Milano ed era anche in parte fatto da compagni diversi. Il mensile era diventato (se mi si passa il termine pomposo) la rivista teorica, dove si facevano maggiormente cose di riflessione; invece il settimanale tentava di avere un foglio di quotidiano, aveva quel tipo di impostazione rapida. C'era un certo uso della fotografia, onestamente penso che ci fosse una grafica notevole, il che testimonia il tipo di energia che avevamo raccolto. Prova ne sia che (nessuno lo sa, neanche la polizia) abbiamo avuto il premio Bompiani per la grafica del numero sul primo maggio del '72. Questo lo dico non per una medaglia, ma solo per esemplificare il tipo di energie che avevamo raccolto; anche il rapporto che avevamo con i pittori a Roma non era certo dottrinario, perché fra l'altro queste persone in genere sono bravissime quando dipingono ma appena si mettono a parlare sulle loro cose è meglio chiudere le orecchie. Però, era interessante che questi qua venissero alle riunioni; a parte Schifano, c'era anche Baruchello, c'era stato Matta, che era uno notevole. Nell'ultimo periodo di Matta, per esempio, ci sono i quadri con gli operai piccoli. Anche da un punto di vista letterario non c'era solo Nanni, che era già uno formato, veniva dal Gruppo 63; ma il rapporto non aveva influenzato solo lui del Gruppo 63, c'è stato un periodo in cui il rapporto era perfino buono con Eco, e, dal momento che questi è un opportunista, il fatto che si fosse avvicinato stava a significare che sentiva un elemento tutto positivo.
Per quanto riguarda i rapporti internazionali, prima ho parlato della diffidenza verso queste cose terzomondiste; invece, quando queste cose magari con un sapore terzomondista si svolgevano in Europa, avevamo secondo me l'accortezza e la saggezza politica di essere più aperti. Così abbiamo avuto un buon rapporto con l'IRA, che è rimasto perfino ora con Adams e gli altri; a Firenze abbiamo fatto un convegno dai gesuiti (che ci hanno ospitato in un istituto nel centro della città, cosa anche molto interessante), in cui sono venuti quelli dell'IRA e quelli dell'ETA e noi naturalmente appoggiavamo l'ala non militarista dell'IRA, che è poi quella che in realtà è riuscita a concludere queste trattativa di pace. Poi siamo anche stati più volte a Dublino, io ci sono stato due volte, un'altra volte c'è stato Toni, sempre per questi rapporti con loro; noi contavamo poco, però per quello che contavamo appoggiavamo l'ala politica dell'IRA piuttosto che l'ala militare. Naturalmente molto spesso eravamo in realtà distanti da loro, così come anche dai polacchi, con cui c'erano rapporti personali e tuttavia eravamo onestamente abbastanza distanti da loro e dalla loro tematica. Però, Solidarnosc ci aveva interessato perché era un fenomeno operaio; partivamo sempre dall'idea (che ci ha caratterizzato anche quando qualcuno di noi come Paolo Carpignano è andato negli Stati Uniti o io in Canada) che non dove c'è la bandiera rossa, ma dove ci sono gli operai lì è la cosa importante. Quindi, Solidarnosc, almeno all'inizio, era sicuramente una vera organizzazione operaia, cioè aveva sfondato realmente in senso orizzontale tra gli operai. Quando scoppiano gli scioperi a Stettino non si chiamava ancora Solidarnosc. All'inizio inoltre non risente di questo peso che poi avranno su di essa la Chiesa e gli americani, quando parte non è per niente così, c'è anche una forma, ancorché minoritaria, di dissidenza comunista in Solidarnosc, e sono spesso quadri notevoli, anche anarchici. Inoltre avevamo un rapporto con gli anarchici spagnoli che poi Toni ha personalmente conservato; bisogna tenere conto che quando parliamo di queste cose lì c'era ancora Franco, il quale è morto nel '76.
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