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INTERVISTA A FRANCO PIPERNO - 31 AGOSTO 2000 |
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Lì a mio parere abbiamo fatto il grande errore di settarismo e radicalismo studentesco. Quando Trentin e la FIOM hanno giocato la carta di superare la Commissione Interna e di andare ai Consigli, secondo me noi avremmo dovuto stare là dentro, invece abbiamo tentato la carta della separazione perché eravamo un po' inebriati da un successo che effettivamente c'era. A Roma do la mia parola d'onore che il sindacato (la CGIL, degli altri non dico nemmeno) per vedere gli operai veniva alle nostre riunioni. Mi ricordo che una domenica avevamo riunito un centinaio di operai e a noi sembrava poco perché saranno stati 6000-7000 gli operai di quella zona; ma in realtà, da quello che ci dicevano i sindacalisti, era dal dopoguerra che non si vedeva più una riunione di operai, che poi fra l'altro non era una riunione determinata su una piattaforma rivendicativa, era proprio una riunione degli operai di Roma con un senso come di egemonia di classe. In queste riunioni si facevano discorsi in cui si poneva il problema di come gli operai potevano esercitare un'influenza sul quartiere, quindi erano tematiche assai diverse, che poi in parte il PCI ha ripreso negli anni successivi, ma allora erano completamente nuove e dirompenti. Quindi, la partecipazione operaia a Potere Operaio non è mai stata enorme però non è mai stata irrilevante, nel senso che il tipo di operaio che stava in PO era in generale un quadro notevole, qualche volta era molto giovane, tipo Alfonso, qualche altra volta era come Italo Sbrogiò, quindi più anziano, disilluso dalle cose, che vedeva un'opportunità di ricominciare.
Dunque, secondo me la stagione di grazia arriva fino all'arresto di Tolin, perché il primo arrestato per cose davvero puramente di parola è il direttore responsabile di Potere Operaio; incarcerato nel novembre, in realtà poi si fa poco di galera, però è stato un segno di come questi menavano. A mio parere l'organizzazione di Potere Operaio nasce, come Minerva, già armata allora e va avanti così fino alla crisi del petrolio, naturalmente con alti e bassi, con qualche cosa fatta bene e qualche altra un poco smandrappata. Io naturalmente indico nella crisi del petrolio una serie di nodi che con quella crisi vengono al pettine. Da quella crisi a mio parere Potere Operaio non si riprende più e la scelta di sciogliersi è buona, salvo le furbizie, perché parzialmente per esempio Toni e una parte dei veneti premono per lo scioglimento in quanto già puntano a un rapporto più stretto con le BR, ad avere Controinformazione come nuovo organo e così via. Per altro devo dire per onestà che Toni aveva resistito moltissimo in un primo tempo alla radicalizzazione che veniva piuttosto da esperienze non significative dal punto di vista operaio come erano queste di Roma; loro, che per via di Marghera avevano un rapporto migliore con gli operai, giustamente a mio parere erano più cauti. Successivamente però Toni quando radicalizza, come spesso lui fa, scavalca addirittura questa posizione a cui lui si contrapponeva e riemerge come portatore di questa alleanza strategica con le Brigate Rosse che, da un punto di vista di teoria, non avevano assolutamente niente da dire, un po' come Che Guevara o Garibaldi. Io ho stima per Curcio, anche una specie di affetto malgrado non l'abbia mai troppo frequentato, però nello stesso tempo non ho mai trovato una cosa interessante; umanamente e anche qualche volta letterariamente è sicuro, però dal punto di vista della teoria proprio non c'è niente neanche se capovolgi, mescoli. Quindi, la cosa di Toni aveva chiaramente un elemento di furbizia tattica.
Secondo me la cosa che è stata molto significativa e ha portato quella componente a leggere male una serie di cose è stata la lotta contrattuale dell'aprile del '73 con l'occupazione della Fiat e i fazzoletti rossi. Questa era una forma di organizzazione e di violenza interna operaia ma non era assolutamente una forma di lotta armata, anche se da allora o poco prima le Brigate Rosse hanno incominciato a intervenire con un tipo di presenza. Quella è stata una lettura che in realtà era sbagliata, nel senso che nell'aprile del '73 ci fu alla Fiat la grossa lotta interna per il contratto, diede una spallata al sindacato e lo portò a firmare in breve tempo, prima di quanto volesse, però come tutte le lotte alla Fiat era profondamente interna. La lettura politica che probabilmente andava fatta era che è stata l'ultima lotta prima della crisi del petrolio, quindi subiva già le conseguenze di questa cosa ma non aveva ancora quel peso lì. Dopo di che la Fiat fece tre grandi cose: bloccò le assunzioni per tre anni, quindi bloccò l'entrata di operai all'interno, incominciò il processo di ristrutturazione e fece anche una grande espulsione di avanguardie di lotta.
Il processo di espulsione poi culmina nell'ottobre del '79 con l'espulsione dei 61.
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