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INTERVISTA A FRANCO PIPERNO - 31 AGOSTO 2000 |
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Nelle interviste fino a qui fatte è emerso in maniera rilevante che le persone che hanno partecipato a determinate esperienze di esse ora non buttano via niente, anzi hanno utilizzato ed utilizzano nei percorsi e nelle collocazioni successive quel bagaglio anche formativo che lì si sono costruiti.
Un caso secondo me eclatante è Piro, che a un certo punto è stato presidente della Commissione Finanza della Camera; essendo calabrese ogni tanto lo rivedo, e quello che mi raccontava è che le cose che aveva appreso e aveva contribuito a fare in Potere Operaio erano più che sufficienti per reggere la conversazione con chiunque. Il presidente della Commissione Finanza si incontra con industriali, finanzieri, banchieri, e lui diceva che era straordinario come riuscisse a reggere come impianto e possibilità di interlocuzione (poi naturalmente doveva studiarsi le cose specifiche) con quegli strumenti là. Molti dei compagni, anche quelli che poi hanno tralignato, magari hanno fatto altre cose o addirittura sono dall'altra parte, per percorrere quel loro cammino più o meno disdicevole che sia tuttavia hanno continuato ad usare questi strumenti proprio come strumenti intellettuali, e in questo secondo me c'è un grande riconoscimento di fatto alla potenza di questi strumenti. E' come la battuta di Gramsci che dice che spesso i capitalisti hanno appreso più della tradizione operaia dai libri di Marx.
Nel mio caso naturalmente sono anche vittima degli occhiali che adopero, io non riesco neanche a trovare tante rotture, che ci saranno ovviamente, fra l'altro mi trovo a fare l'assessore e una rottura in qualche maniera c'è. Però, dal mio punto di vista assicuro che non ne vedo moltissime di rotture, nel rapporto che ho con la fisica, con i ragazzi che si laureano con me, con il mio gruppo di ricerca, nel tipo di cose su cui lavoro, dunque sia nel rapporto scienza-politica sia nelle cose di cui mi occupo in politica. Naturalmente mi rendo conto che le cose sono cambiate, non fingo di essere uno studente, non faccio le manifestazioni, non do il volantino, questa è sicuramente un cambiamento che in parte dipende anche da un fatto di età. Già non ero capace a vent'anni di alzarmi presto la mattina perché sono un tipo depressivo e quindi io mi alzo il pomeriggio: ho fatto fisica nucleare che non mi piaceva anziché un'altra perché era l'unica in cui le lezioni erano al pomeriggio! Ci sono cose che con l'età, per egoismo dei vecchi, non faccio più, quindi ciò è mutato. Però, nell'impostazione delle cose io l'unico magazzino che ho è quell'esperienza là, e se si vuole ci metto dentro anche il periodo prima di Potere Operaio, ma poi Potere Operaio è come se mi avesse sistemato queste categorie che mi hanno dato abbastanza fiato da continuare. Con questo non dico che faccio cose giuste, dico semplicemente che ho abbastanza combustibile che mi viene da quel periodo. E naturalmente mi viene da quel periodo non tanto perché ho particolarmente studiato (onestamente ho studiato più prima e dopo che in quel periodo), quanto perché in quel periodo questi strumenti sono stati messi all'uso. Quindi, anche se non saprei ricostruire bene verbalmente le cose, quegli strumenti li ho visti e li ho adoperati in una maniera che hanno funzionato e questo costituisce un'esperienza assai più preziosa della mera argomentazione. E' cioè frutto del fatto che di mezzo ci sono stati delle cose che hanno ridimensionato in una maniera che è difficile da descrivere, ma che costituisce per me ormai frutto di esperienza che capitalizzo e che adopero. Anche per quanto riguarda Lanfranco Pace che scrive su Il Foglio, se tu leggi le sue cose, nell'analisi ad esempio del cinema, vedi che c'è sempre un occhio che gli viene da quel modo di guardare le cose. Anche quando queste persone hanno introdotto nel loro lavoro delle innovazioni, delle rotture epistemologiche (ad esempio Christian rispetto alle cose che scriveva all'inizio questa cosa sicuramente l'ha fatta, a mio parere in positivo), tuttavia queste stesse rotture e questi stessi salti si iscrivono sempre in una continuità e in un permanere del soggetto e dell'esperienza che rende possibile l'accrescimento, cosa che non è possibile se tu invece ogni volta ricominci da zero.
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