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INTERVISTA A FRANCO PIPERNO - 31 AGOSTO 2000

Allora, tutti questi aspetti qua per me sono intellettualmente enormemente interessanti. Non credo in conseguenza che ci sia una specie di soggettività unica possibile; per me ovviamente non c'era neanche prima, neppure nel Medioevo c'è stata, però il ruolo centrale che giocava la soggettività operaia nell'Italia degli anni '60 (per dare un riferimento concreto) era legato a questo fatto che la poneva in qualche maniera al centro del processo di innovazione, il quale aveva delle forti conseguenze anche sull'immaginario. Cioè, se si vuole, quell'idea (che del resto c'è anche in Marx) del fattore modernizzante della condizione di classe era poi diventato come il punto di approdo di questo sottrarsi alla fatica. E' come se consegnando la catena di montaggio al computer ci si fosse nello stesso tempo definitivamente scrollati di dosso la necessità della fatica. Quindi, questo è come se aprisse delle nuove libertà, delle nuove possibilità che naturalmente a mio parere non c'è un modo di conoscere se non sperimentandole. Dunque, è come se ci fosse da attendersi una moltiplicazione di soggettività. Perché poi le soggettività sono come dei protagonisti collettivi, in cui anche il singolo si identifica e attraverso questa identificazione si spiega il mondo e si sottrae anche alle paturnie del non-senso della sua vita, tutte le cose di solitudine e di sofferenza che dipendono dal fatto che la tua vita manca di senso: tu in genere questa cosa la colmi identificandoti in un qualche protagonista collettivo, per solidarietà, appartenenza o altro non importa, perché spesso la scelta può essere puramente ideale, tu puoi essere un questurino e parteggiare per i ribelli. Per me la soggettività è importante perché sono queste forme collettive che entrano nel simbolico e permettono al singolo di inserirsi in una cosa che lo renda organico a qualche altra cosa; perché il dolore più forte non è quello della fatica e della disoccupazione ma è quello del non-senso, cioè è quello di essere indotto in una condizione in cui il tempo ti scorre sotto il culo senza senso. Allora, queste sono ovviamente anche tutte le angosce dell'individuo moderno ed è come se le cose di Freud che prima erano state destinate agli alti borghesi di Vienna (ora lo dico in modo supersemplificato) sono per me illustrative di un tipo di interiorità a cui si aprono milioni di persone che prima erano in qualche maniera interdette, non perché ci fosse la repressione, se si vuole c'era una repressione interna data dalle condizioni di produzione. Quindi, da questo punto di vista io credo che la situazione sia anche più interessante di quella che c'era quando io ero giovane, quando tutti questi movimenti sono cominciati: allora c'era inevitabilmente anche un sacco di paccottiglia attorno a queste cose, per esempio c'era anche il marxismo-leninismo, che aveva assolutamente e purtroppo uguale cittadinanza lì dentro; naturalmente io non mi nascondo che il marxismo-leninismo, come in tutte le cose, è anche servito ad aggregare persone da questo punto di vista.
Per cercare di rendere il dialogo fra di noi più rapido possibile ho fatto un quadro ovviamente schematico e qualche volta anche rozzo, però questo per dire il tipo di cosa dentro cui io mi sento inserito, che ha anche delle analogie con le cose che fanno i miei amici, come Toni oppure Alberto Magnaghi, sono molto interessato alle sue cose sulle piccole città della Toscana. Io, per esempio, dentro a ciò reputo assai importante il potenziamento o la costruzione di forme di democrazia, quindi sono interessato e vedo con simpatia qualsiasi cosa federale anche che venga da Previti; naturalmente so che non verranno con le leggi queste cose, prima di tutto devono passare attraverso le esperienze, le esperienze molecolari per così dire. Sono molto interessato per esempio alle forme di democrazia municipale, di città proprio, e anche a tutto ciò che questo ha riguardo al tentativo di vivere una vita degna di essere vissuta. Il fatto di fare esperienza di democrazia per me non è tanto una cosa importante perché la città funziona meglio: è importante per il fatto che la gente si abitua a parlare in pubblico, ad avere una relazione in cui gli elementi e le proprietà comuni che hanno, quando sono messe all'opera, rendono anche il singolo enormemente più sicuro di sé, in qualche maniera più potente. Allora, a questo tipo di esperienze io sono fortemente interessato.
Credo invece che dal lato economico per così dire, compresa la critica all'economia politica, non possa venire più niente (ora ovviamente esagero). Quindi, per esempio ho un po' di diffidenza verso il concepire un qualche ritorno ciclico della soggettività operaia, il che è naturalmente diverso dal discorso più generale sulle soggettività collettive. Una soggettività operaia in quanto tale a mio parere era profondamente legata a quel ruolo che il lavoro ha avuto dentro la forma della fabbrica, cioè a quella sua collocazione di cui parlavo prima sull'innovazione, e ciò a mio parere è fortemente saltato. Per esemplificare, si pensi al tipo di tecnologie che vengono usate in conseguenza a quali sono gli ambiti produttivi che presentano tassi di sviluppo più alti: si vede che sono tutte del tipo nanotecnologie, biotecnologie, sono tutte cose in cui l'elemento del sapere umano accumulato è di gran lunga predominante, e i tempi di queste innovazioni sono tutti quanti legati a questo processo di ricerca e di rapporto (che naturalmente per alcuni versi è anche deplorevole) rispetto alla natura. Voglio dire che nelle biotecnologie e in queste cose il vero valore non è mica dato dal tempo di lavoro che ci hanno messo i ricercatori a trovare il batterio tal dei tali oppure a trovare com'era la catena del Dna: il vero valore è la sua capacità di riprodurre i comportamenti naturali e quindi di affidare l'automatico direttamente alla natura. Si tenga presente che nello sviluppo delle tecnologie c'è sempre stata questa idea per la quale il significato vero della tecnica è che ha un suo certo automatismo, così come succede nelle cose naturali: una cosa è veramente tecnica quando tu al limite gli puoi dire "parti" e quella parte, frena, si ferma. E' anche questo un elemento interessante, si noti, perché la tecnica propriamente detta non ha bisogno per il suo fruitore della conoscenza, anzi è proprio per questo che la tecnica si diffonde: tu per guidare la macchina puoi in realtà non sapere un accidenti sul motore a scoppio, oppure sul modo come funziona l'alternatore per l'elettricità. O meglio, prendiamo il computer: la grande maggioranza dei miei amici non ha la minima idea di come esso funzioni, né sarebbe in grado di fare il più piccolo programma. La grande maggioranza dei miei amici usa in realtà il computer come una macchina da scrivere con una memoria molto ricca, per cui tu la puoi interrogare; ma di tutto quell'altro aspetto che fa la potenza del computer loro in realtà non ne sanno assolutamente niente, ma non è importante che ne sappiano, così come uno può mangiarsi una mela che l'albero ha prodotto senza sapere niente di come funziona biologicamente quello che è un frutto che è legato in un certo modo al terreno e alle radici. Allora, dico tutto questo per dire che l'effetto nella vita quotidiana di queste nuove tecnologie, le quali derivano direttamente dalla ricerca scientifica, è di introduzione anche di bisogni completamente nuovi, che prima senza questi oggetti non avresti potuto avere. Da questo punto di vista secondo me è come se l'iniziativa politica sovversiva si spostasse direttamente sul terreno della produzione: si tratterà cioè di vedere, dentro una cosa di questo genere, che tipo di bisogni tu ti puoi collettivamente inventare. Ma mi rendo conto che è complicato e naturalmente il problema per molti aspetti è irresolubile, è un modo per introdurre il discorso.

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