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INTERVISTA A FRANCO PIPERNO - 31 AGOSTO 2000 |
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Quale fu il rapporto con Il Manifesto? Ci fu il famoso convegno, che poi portò a spostare grossa parte de Il Manifesto veneto in Potere Operaio.
A mio parere quello fu originato dal fatto che noi avevamo stranamente delle cose gergali in comune con Il Manifesto e meno in comune con Lotta Continua, non con tutta LC, per esempio non con Adriano. Però, c'era una parte di Lotta Continua, che forse veniva dall'esperienza cattolica o da nessuna esperienza, con cui noi avevamo una vera difficoltà anche terminologica; invece, con questi de Il Manifesto era diverso, soprattutto per alcuni operai un po' conservatori ma bravi che loro avevano, onestamente anche il giro della Rossanda era una cosa dignitosa. Anzi, mi ricordo che nelle discussioni preliminari del convegno di Milano c'era stato come un accordo in cui loro rappresentavano per noi il meglio della tradizione comunista e noi, che ci sentivamo in parte legati a questa tradizione ma in parte un'altra cosa, avevamo in questo rapporto con loro una sorta di complementarità. Contavamo anche su una crisi dei quadri comunisti maggiore di quanto sia avvenuta. Quindi, per noi il rapporto con Il Manifesto era anche un modo di far fronte a una difficoltà che avevamo esperita per il fatto che alcuni dei giovani operai, che eravamo stati noi a portare all'azione politica, dopo qualche tempo che erano stati con noi erano passati con il sindacato. Sto parlano dal nostro punto di vista, non sto dicendo il perché Il Manifesto abbia fatto quella cosa con noi. Quelli erano parecchi, saranno stati centinaia di quadri, qualche volta notevoli, con una forte motivazione, giovani, disponibili, senza famiglia quindi più disposti a rischiare, perché nella lotta politica è una di quelle cose che contano il fatto che tu sia disposto a rischiare, appena hai quattro figli è invece difficilissimo, salvo che non si tratti di una cosa vitale tipo una catastrofe, altrimenti sei meno disponibile. Invece, questi giovani operai avevano le caratteristiche degli studenti fuoricorso; il vantaggio di questi è infatti l'enorme disponibilità di tempo che hanno per quel periodo che stanno in università. Quindi, il rapporto con Il Manifesto era anche volto a tentare di recuperare, magari su posizioni più moderate, il rapporto con questa generazione di quadri che avevamo contribuito a far crescere. Poi alla fine la cosa non ebbe fiato, ma, come dici tu, per noi comportò il fatto che in gran parte il Veneto si rinnovò come quadri, nel senso che accanto a quelli vecchi storici, i quali venivano dai tempi di Classe Operaia e del lavoro di Toni, ne entrarono di nuovi. Negli incontri di Venezia di cui parlavamo prima, la situazione era che Toni e i suoi amici (all'inizio c'era anche Cacciari) avevano un intervento in fabbrica significativo e rapporti con i quadri; però, dal punto di vista invece degli studenti non avevano assolutamente niente. Noi invece a Roma avevamo moltissimi studenti. Quella situazione veneta in parte poi l'hanno ereditata i compagni dei centri sociali; ad esempio, a Chioggia continua ad esserci un collettivo di compagni che viene da quel periodo ed è gente uscita da Il Manifesto che poi è rimasta con noi. Il Manifesto aveva per noi un vantaggio iniziale, nel senso che il riferimento alla letteratura marxista era forte per entrambi e questo naturalmente costituiva un vantaggio iniziale nella discussione. Poi Il Manifesto aveva fatto una sua svolta, là c'era ancora Magri, con quel libro sui fatti di maggio pubblicato da De Donato, poi erano stati espulsi, il che per noi era una testimonianza di valore.
Invece, con Lotta Continua qualche volta ci furono localmente degli accordi, però non si tentò mai più di fare delle cose coordinate insieme. Facevamo delle cose in Soccorso Rosso quando c'erano tragedie o qualcosa del genere.
Una cosa che secondo me Lotta Continua ha avuto di positivo è il discorso dell'uscita sulla città, il "riprendiamoci la città".
Sicuramente, è infatti oggi una cosa che sento di riferimento continuo in quello che faccio nel Sud con altri compagni. Noi abbiamo una rivista che si chiama Ora Locale che riprende in grandissima parte questi discorsi sul rapporto con la città, anche se ovviamente non sono le stesse cose.
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