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INTERVISTA A FRANCO PIPERNO - 31 AGOSTO 2000

Potere Operaio, insieme a Lotta Continua, è il primo giornale settimanale distribuito nelle edicole. Come lo facevate? Allora forse Potere Operaio ebbe una diffusione molto più grande di Lotta Continua, se si eccettua la campagna che Lotta Continua poi fece su Calabresi e che ebbe un grosso risalto, mentre Potere Operaio non ne parlò proprio.

Non eravamo neanche entusiasti della campagna anche se riconoscevamo un effetto buono di mobilitazione. Però, diciamo che le nostre cose della violenza almeno allora non si sarebbero esercitate su un funzionario di Stato per come li concepivamo noi; semmai avrebbero approfondito il solco dentro la fabbrica, ma non avremmo scelto la via di un commissario di polizia. Magari era per pochezza nostra, però la nostra focalizzazione era fortemente legata alla classe operaia. Le stesse occupazioni delle case che abbiamo fatto in certi posti, compresa Roma, erano sempre molto legate a dove abitavano gli operai, e secondo me quella come scelta strategica non era male. Ovviamente a un certo punto si sarebbe dovuta sviluppare, però questa idea di crescere comunque attorno al corpo della classe operaia era una scelta buona, perché limitava anche le iniziative, però le focalizzava di più. Per quanto riguarda il giornale, cominciamo intanto dal basso che come sempre contiene più verità delle cose che stanno in alto. Noi là abbiamo realizzato un'operazione editoriale che aveva la garanzia di fatto dalle librerie Feltrinelli, per cui potevamo andare in edicola. Questo grazie a Giangiacomo, e il nostro accordo con lui era stato questo, cosa che a me fra l'altro non sembra neanche oggi disonorevole: le librerie Feltrinelli ci compravano mi pare 1000 (però potevano essere 1500, ora non ricordo esattamente), comunque un certo numero di copie loro ce le compravano prima. Dunque, ogni volta che noi uscivamo c'erano 1000 copie (per tenermi al basso, ma magari erano un po' di più) che ci compravano le librerie Feltrinelli, le quali avevano una rete maggiore di quella che hanno ora, anche se adesso si sono parzialmente riprese precedentemente erano un po' cadute giù. Negli anni '70 le librerie Feltrinelli erano praticamente i punti di vendita in tutta Italia, ci compravano questi giornali indipendentemente dal fatto che riuscissero a venderli oppure no. Noi avevamo fatto questo accordo che corrispondeva al fatto che con quello che ci compravano le librerie Feltrinelli, dato che non pagavamo ovviamente i giornalisti, affrontavamo il problema della stampa e dei costi di distribuzione. Noi realizzavamo con le librerie Feltrinelli di pagare tutto il costo editoriale, poi con la distribuzione militante riuscivamo a raggranellare anche i soldi per i singoli luoghi. Finché è durata, era stata un'operazione secondo me non male, che aveva sfruttato i legami sociali, il rapporto con Feltrinelli, per però conchiudere in una cosa che era assolutamente interna alle possibilità di movimento; perché l'andare in edicola corrispondeva ad una capacità di penetrazione che non avresti avuto in altro modo. Avevamo già pensato in quegli anni alla radio, noi abbiamo fatto qualche trasmissione pirata. Feltrinelli ci aveva dato alcune apparecchiature di Radio Gap; temo di aver capito in questi mesi che, per via delle cose con i sovietici, in realtà (anche se non ne sono sicuro) queste cose siano venute da quel giro là, anche se magari non direttamente dalla Russia, perché ho appreso dai giornali che i sovietici erano interessati a dare delle ipotesi di colpi di Stato. Queste radio non le avevamo costruite noi, poi abbiamo imparato a costruirle, ma allora Giangiacomo ci ha dato una volta due apparecchiature che venivano da Genova, un'altra volta cinque apparecchiature: quindi, noi avevamo sette punti di trasmissione, poi tre si sono scassati subito. Per esempio, nel quartiere di San Lorenzo qui a Roma facevamo le trasmissioni quando c'era il giornale radio più seguito; la nostra trasmittente non aveva potenza tale da coprire Roma perché si doveva fare clandestina, quindi bisognava contare sul periodo prima che la parabola della polizia postale ci individuasse. Allora andavamo su dei tetti tranquilli, sempre tramite giri di compagni, là montavamo l'antenna, aspettavamo le otto, quando tutta la gente era davanti alla televisione e la cosa là si interrompeva, restava l'immagine ma invece il sonoro era nostro. Ciò aveva avuto un effetto straordinario sui quartieri romani. Una volta c'era anche Bifo in una di queste trasmissioni; poi facevamo anche cose divertenti, nel senso che alternavamo voce maschile, femminile, gente più giovane. Quindi, la cosa aveva un aspetto di organizzazione che era assai maggiore della realtà, perché poi facevamo le cose con le nostre macchine. Dico questo perché è da lì che è cominciata l'idea della radio libera, che poi in realtà esploderà nel periodo '76-'77 soprattutto con Bologna e Radio Alice.



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