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INTERVISTA A FRANCO PIPERNO - 31 AGOSTO 2000 |
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Io fra l'altro sono stato cacciato dal partito per antisovietismo. Sono andato per la prima volta in Unione Sovietica, sono stato ad Odessa. Alcune cose onestamente mi sono piaciute e le difendo ancora. C'è una polemica con i miei amici polacchi, che invece erano veramente anticomunisti, erano i tempi di Solidarnosc. Fra l'altro il primo numero di Metropoli esce anche con una lunga cosa sui polacchi che noi siamo andati a fare a Varsavia mentre loro avevano delle difficoltà. Per esempio rispetto ad Adam Michnik, che ora ha preso una deriva, ma che veniva dalla Gioventù Comunista, anche a Kuron, anche a Macieziewcz che erano tutti stati quadri, seppure molto giovani, nel Partito Comunista, quello che in loro mi meravigliava era una certa ingenuità rispetto all'Occidente: alla fine quello che loro si ripromettevano era di instaurare delle condizioni come quelle occidentali. Noi venivamo dall'Occidente e non è che ci sembrasse sbagliata l'esigenza di libertà, e neanche la critica evidente a un sistema burocratico; però, il fatto che l'alternativa fosse fare come in Occidente ci sembrava un'ingenuità che avrebbe portato, nel caso in cui loro avessero vinto, a un appiattimento poi di fatto sugli Stati Uniti, anche se non c'era da parte loro un'adesione al modello americano, però è quello che poi è successo concretamente. Bisognerà pure dire che loro oggi vivono in condizioni peggiori di prima perché se no non si capisce niente, non si capisce neanche com'è che in tutti questi paesi i partiti più forti sono gli ex partiti comunisti; anche in Polonia il presidente viene dall'ex partito comunista che ora si chiama in un altro modo, e così nei Lander dell'est della Germania e nella Russia stessa prevalgono gli ex partiti comunisti. Dico questo per dire che a mio pare settant'anni di quella esperienza ha degli elementi forti, soprattutto in Unione Sovietica dove, pur con tutti i suoi limiti, è stata però un'esperienza vera; perché in Cecoslovacchia, anche in Polonia o nella DDR si può dire che in parte è stata portata dai carri armati sovietici, ma in Russia non è così. Io peraltro sono convinto che questa esperienza continui ad avere un suo mito nella sentimentalità dei russi. Io ritengo impossibile che la Russia venga semplicemente integrata nel mercato capitalistico, credo che ci siano degli elementi forti di quell'esperienza, con tutti gli orribili limiti e con la consapevolezza da parte nostra che se fossimo vissuti in Unione Sovietica ci avrebbero arrestati e se non uccisi certamente non ci avrebbero fatto i ponti d'oro. Quindi, sapendo bene i limiti di quella cosa tuttavia c'era un certo atteggiamento conseguente alla rivoluzione verso il lavoro, si pensi a tutto il ritmo delle fabbriche sovietiche; senza quel basso ritmo non si sarebbe mai capita l'adesione di fatto, perché a scappare non erano mica gli operai, neanche nella DDR, semmai erano i professionisti, i tecnici, cosa che potevi anche capire ovviamente, però ci sono certi elementi che non si possono trascurare di quella che era l'esperienza operaia e anche contadina, tant'è vero che ancora oggi il loro serbatoio è su quello.
L'esperienza di Potere Operaio nasce anche attraverso compagni che vengono dalle federazioni giovanili dei partiti, in parte anche dal PCI, almeno una parte significativa; i romani per esempio vengono quasi tutti dalla FGCI o quelli più anziani magari dal partito, anche in Toscana, lo stesso Greppi viene dal partito. In Veneto è diverso, Toni è stato segretario della federazione socialista di Padova, infatti conosceva Panzieri quando questi era vicesegretario del PSI sotto Morandi; successivamente invece c'è la generazione di Despali che non aveva fatto niente nei partiti. Poi, ad esempio, anche Alberto Magnaghi viene dal PCI, Sergio Bologna no, ha un giro suo, i napoletani vengono in parte anche dal PCI. Comunque, in Potere Operaio la critica al socialismo reale è già fin dall'inizio, non è che noi abbiamo aspettato la caduta del blocco; fin dall'inizio non ha funzionato come elemento di riferimento, ma neanche i cinesi lo sono stati. Era diverso ovviamente l'atteggiamento di solidarietà che si aveva verso il Vietnam perché era in lotta con gli americani, ma non c'era nessuna illusione sullo Stato socialista del Vietnam o su quello cinese. Salvo le cose di Tronti (che a noi erano rimaste) che, con una certa genialità, aveva capito che la funzione vera della Cina era stata quella di impedire la chiusura del mercato mondiale; questo costituiva di per sé un elemento di sovversione, ma non nel senso che i cinesi confermavano il potere operaio, ma nel senso che l'essere a parte di quella cosa enorme che era la Cina introduceva di per sé una zeppa nel mercato.
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