|
INTERVISTA A FRANCO PIPERNO - 31 AGOSTO 2000 |
|
E' una delle differenze grosse rispetto a quelle che erano le lotte che venivano costruite da altri ambiti, ma non solo il sindacato, il Partito Comunista ecc., ma anche da altri gruppi. In Lotta Continua c'era una differenza abissale tra come veniva intesa la lotta, le forme di liberazione all'interno del conflitto e quindi di quel tipo di soggettività che aveva dato vita a LC, rispetto a quella che era rappresentata da Potere Operaio e poi, sotto un cero aspetto e in maniera diversa, dall'Autonomia. Ciò era poi una cosa differente da quella che è stata l'esperienza delle Brigate Rosse, ma non sul discorso dell'uso della violenza. In un editoriale di Linea di Condotta tu avevi fatto una differenziazione estremamente chiara tra il processo di organizzazione della forza-lavoro (che tu riconducevi al Partito Comunista e al sindacato) e il processo di liberazione della forza-lavoro.
Per me era quella la cosa da guerra civile che c'era.
Dicevi che c'è uno scontro all'interno della lotta di classe tra questa dimensione qui, che è profondamente diversa in termini di ricchezza e di proposta, da quella che invece comunque poi riconduce all'altra dimensione. Dunque, uno degli interrogativi che io volevo sottoporti è la forma dell'organizzazione della cooperazione, in particolare rispetto all'esperienza politica. Per esempio, secondo me Potere Operaio andrebbe in qualche modo rivisto non tanto in termini di storia, perché ormai questa è stata fatta, si sa; ma quanto di quali sono stati i limiti e le ricchezze di quell'esperienza, di come per esempio era stratificata questo tipo di cooperazione politica. Perché Potere Operaio da una parte si poneva nei termini di una proposta organizzativa, per esempio Negri in "Intervista sull'operaismo" aveva dato una definizione di cosa era stato PO; allo stesso tempo Potere Operaio era fortemente stratificato, nel senso che c'era una dimensione che era di proposizione e in qualche modo di direzione di questa cooperazione politica, poi sotto uno strato intermedio di quadro politico (per esempio avevate il problema della sua formazione), e sotto ancora quanto questo tipo di organizzazione influiva sulle dimensioni sociali del conflitto di allora. Dunque, erano almeno tre livelli: un livello di direzione, un livello di estensione dell'elaborazione di questa direzione, un livello di azione su un corpo sociale che era ovviamente disponibile, magari in termini diversi rispetto ad adesso. Oggi probabilmente bisognerebbe reinventarsi delle forme di cooperazione e di agire sociale che sappiano muoversi all'interno di questa nuova realtà, di una costruzione dei desideri e di una loro riproposizione politica e sociale all'interno della società. Tu sei stato forse la persona che più ha influito in un determinato periodo di Potere Operaio, che è il primo, non tanto in termini di forma leaderistica ma proprio di capacità.
Per me è più difficile dirlo per il fatto che sono stato talmente interno alla cosa che non ho mai avuto e non ho come limite mio la capacità di capire questo. Nel ricostruire le cose sento sempre come se non fossi stato neanche messo davanti a delle vere scelte; era talmente collettiva la tensione (poi, ben inteso, ognuno lavorava anche per i fatti suoi, studiava) che l'ho vissuta troppo nell'interno per riuscire a fare differenze. Il problema che poni mi sembra ovviamente di grande interesse; l'aspetto che a me sembra importante in quello che dici è come avere e rendere la cooperazione politica (o se si vuole la forma-partito, per metterla nei termini tradizionali, dove non si parla più del partito ma solo della forma-partito come problema dell'organizzazione) adeguata a questo grado raggiunto dalla cooperazione sociale. Questo è il vero problema, io su questo un poco ci lavoro, anche proprio nello scegliermi certe cose di studio anziché certe altre. Ho una fiducia forse immotivata nel fatto che l'autorganizzazione sia la via maestra, però dicendo autorganizzazione ancora non si è detto niente, perché poi questa autorganizzazione è completamente fatta dalle proposte, non è una cosa metafisica. E soprattutto c'è un elemento di errore, io ero sperimentalista prima che mi succedessero i guai, sono profondamente legato all'idea che non si possa conseguire niente se non si sbaglia: quindi, quando mi dicono "avete sbagliato questo, avete sbagliato quello", sono completamente d'accordo e dico che abbiamo sbagliato ancora molto di più, ma che non c'è una via per arrivare alle cose se non facendo errori. Secondo me il vero punto è esattamente questo qua, come la cooperazione politica, quindi l'elemento cosciente, possa essere adeguata. Prima ho parlato della rete, ma la rete in una città può arrivare per decisione amministrativa, come è arrivata in grandissime parti delle città, come arriva con l'economia; oppure, come decisione viceversa cosciente, il che non vuole dire che preveda tutto, perché non è possibile, però si mette nelle condizioni di interagire con il processo, di fare scelte. Allora, questo è un aspetto interessante ed è il modo come si pone il problema del partito nella nostra epoca, anche se la parola partito naturalmente richiama una forma talmente angusta della cooperazione che uno inorridisce; però uso la parola partito per aprire quel tipo di problema.
|
1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6
- 7 - 8 - 9 - 10 - 11
- 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27
|
|