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Puntata del 22/11/2019 L’operazione “Scintilla”

“Scintilla” è il nome di un’operazione repressiva creata dalla Questura di Torino per arginare le iniziative di solidarietà verso chi è rinchiuso in carceri e CPR, per colpire un movimento di lotta contro queste strutture repressive e culminata con lo sgombero di uno spazio torinese autogestito da più di vent’anni (l’Asilo Occupato). Sono stati arrestati all’inizio di febbraio 2019 sei militanti anarchici (l’ultimo e settimo il 26 novembre 2019 a Cerro Veronese) accusati di “Aver promosso, costituito, organizzato e partecipato a un’associazione sovversiva (ex art. 270 c.p.) diretta e idonea a influire sulle politiche nazionali in materia di immigrazione mediante la ripetuta distruzione dei CIE/CPR e con sistematici atti di violenza e intimidazione nei confronti delle imprese impegnate nella gestione delle sopra indicate strutture di accoglienza” sono le frasi nell’ordinanza del Gruppo Antiterrorismo della Procura di Torino. Tra gli episodi sotto la lente della Procura vi sono anche due attacchi ad uffici postali torinesi. Ricordiamo che la compagnia aerea Mistral Air di Poste Italiane è responsabile dei rimpatri di detenuti all’interno dei CPR in Italia e quindi complice delle deportazioni per mano delle questure soprattutto con l’ultimo “decreto sicurezza bis”. Analizziamo questa operazione repressiva con le parole dell’avvocato Notaro del Foro di Torino.

Puntata del 2/11/2019 Operazione Renata

L’Operazione Renata, è una vasta operazione montata dai ROS a metà di febbraio 2019 contro una cinquantina di anarchici trentini indagati per alcuni danneggiamenti dal 2017. Sette di loro sono stati arrestati. Gli episodi contestati sono il danneggiamento del laboratorio di matematica industriale e crittografica del dipartimento di matematica e fisica dell’ateneo a Povo con l’uso di un ordigno che ha causato la distruzione dei sistemi informatici; il danneggiamento di un traliccio della società Spa Towers di cinque ponti radio televisivi e delle apparecchiature a questi collegati sul monte Finonchio sopra Rovereto (il 7 giugno 2017); il tentato danneggiamento di nove automobili della polizia locale con delle molotov (il 3 dicembre dello stesso anno). Sarebbero anche responsabili dell’esplosione alla filiale Unicredit avvenuta lo scorso 25 luglio a Rovereto e di quella ai danni dell’agenzia di lavoro interinale Randstad il 1° settembre. Infine l’episodio ai danni della Lega che secondo l’accusa avrebbero collocato due ordigni nella sede della Lega di Ala, il 13 ottobre dove era atteso Salvini. Sei di loro sono, ad oggi, ancora in carcere ed uno ai domiciliari.
Si vuole colpire chi da anni lotta contro il razzismo istituzionale, lo sfruttamento dei lavoratori e dell’ambiente, tutti temi noti al pensiero anarchico, non sussurrati ma manifestati a voce alta e visibile a tutti con presidi, iniziative e cortei.
Vogliamo esprimere tutta la nostra solidarietà a tutti coloro che sono stati colpiti da questa operazione repressiva.

4/11/2019, Mattia

Inasprito il reato di oltraggio a pubblico ufficiale

Il decreto sicurezza bis entrato in vigore il 10 di agosto contiene l’inasprimento delle pene per diversi reati tra cui l’oltraggio a pubblico ufficiale. il primo comma dell’art. 339 del codice penale nei reati di violenza o minaccia a pubblico ufficiale, resistenza a pubblico ufficiale e violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti, prevede l’aggravante qualora si commettano durante manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Inasprito il reato di oltraggio a pubblico ufficiale: ora, chi in luogo pubblico o aperto al pubblico, e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni rischia la reclusione da 6 mesi a 3 anni.
E’ stata inoltre resa inapplicabile la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto.
Inoltre la generalizzazione su quella che è la figura del funzionario nell’atto di svolgere pubbliche funzioni non è riferita solo agli appartenenti alle forze armate e dell’ordine, ma inserisce un’enorme quantità di persone che vanno dal vigile urbano al docente, dall’impiegato dell’agenzia delle entrate al controllore dei biglietti nelle aziende di trasporto comunali, dagli ufficiali giudiziari ai parlamentari, e così via, rischiando così di creare un caos infinito nei tribunali italiani.

Lo sciopero della fame in cella è sanzionato

Si è pronunciata la Cassazione in merito a chi fa sciopero della fame all’interno del carcere. La vicenda riguarda una protesta avvenuta in un carcere calabrese nel 2015 quando alcuni prigionieri avevano manifestato pacificamente contro la cattiva qualità del vitto fornito da una ditta esterna e per ottenere almeno l’acqua calda per lavarsi. Da qui la decisione di intraprendere uno sciopero della fame. La risposta del tribunale di sorveglianza di Catanzaro fu dura contro due di loro che vennero individuati come i fomentatori: 9 giorni di carcere duro. I due detenuti non si sono arresi e hanno impugnato il provvedimento di fronte alla Cassazione, che ora ha confermato la linea del magistrato di sorveglianza: lo sciopero della fame era un’azione dimostrativa di scontro e di ostilità verso le istituzioni e, dunque, pericolosa e sediziosa, perché idonea in concreto a scuotere e porre in pericolo l’ordine interno all’istituto, a turbare il normale svolgimento della vita carceraria, con il pericolo concreto di degenerare anche in un ingestibile allarme sanitario per il numero delle persone coinvolte nello sciopero della fame.

Aggiornamento dei morti in carcere

In cella si continua a morire. Troppo lunga la lista dei decessi e dei suicidi avvenuti questa estate negli istituti di pena italiani.
17 suicidi da metà giugno a fine settembre, 6 morti per malattia e un caso ancora da accertare. Siamo a Bologna. Il 19 giugno si impicca in cella un detenuto di 59 anni accusato di aver commesso un omicidio nel 1999, delitto per molto tempo rimasto irrisolto seguito da indagini complesse ancora da definire. L’11 di luglio: stavolta è un detenuto del carcere di Ferrara a togliersi la vita impiccandosi. Il 16 settembre un detenuto di 20’anni si toglie la vita nell’ex ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Grotto. Il 14 muore annodandosi un lenzuolo al collo un detenuto 29’enne, nonostante i tentativi di rianimazione fatti dai suoi compagni di cella. Era da un mese in carcere per rapina impropria e stalking. I prigionieri dell’istituto ravennate decidono uno sciopero della fame in rispetto del ragazzo deceduto. Mistero invece sulla morte di un ragazzo iracheno di 21 anni il 15 sempre di settembre, trovato esanime da altri detenuti nel carcere del Coroneo a Trieste. Il ragazzo era in isolamento. I risultati delle prime indagini escludono una morte violenta. Si ipotizza un’overdose di farmaci, forse tranquillanti. A fine agosto un altro detenuto in isolamento si toglie la vita stavolta nel carcere di Perugia. Si tratta di un tunisino di 37 anni arrestato per tentata rapina, avrebbe visto la fine della pena nel 2020. In seguito a questo tragico fatto inizia la protesta di alcuni prigionieri che hanno appiccato il fuoco ai materassi e hanno fatto la battitura.

Torture nel carcere di San Gimignano (SI)

15 agenti di custodia indagati con l’accusa di tortura, è il primo caso in Italia contestato a personale in divisa dall’entrata in vigore nel 2017 della nuova legge. Siamo nel carcere senese di massima sicurezza di San Gimignano. I fatti risalgono all’11 ottobre 2018 quando un detenuto viene prelevato dalle guardie e, credendo di andare a fare la doccia, prende con sé accappatoio e ciabatte. La realtà è ahimè diversa. Una volta lì viene accerchiato da 15 agenti e pestato fino a perdere conoscenza. Il fatto è stato ripreso anche dalle telecamere dell’istituto, in parte schermate volutamente dai corpi degli stessi agenti. L’accaduto è emerso solo ora dopo che le varie testimonianze degli altri prigionieri sono arrivate alle orecchie, troppo frequentemente con gravi problemi di udito, della magistratura. Nessun arresto: in 4 sono sospesi dal servizio e in tutto 15 sono gli indagati per lesioni e minacce, falso ideologico e, appunto, tortura.

Ma-la sanità nel Carcere di Monza?

Il passaggio dalla gestione della Medicina Penitenziaria al Servizio
Sanitario Nazionale, venduto come miglioramento per i detenuti e per la
loro salute, si è rivelato fallimentare oltre che creatore di divari tra
le differenti regioni, province e comuni, aumentando gli squilibri tra
territori.
Il numero dei problemi sanitari è aumentato e i medici sono diminuiti,
si parla di presenze di poche ore al giorno da parte di specialisti.
La privatizzazione della sanità colpisce sia dentro che fuori le mura.
Se già per un “libero” cittadino i tempi di attesa sono lunghissimi,
figuriamoci per una persona reclusa, e questo quando c’è un medico che
possa seguirti, dato che uno dei problemi maggiori è anche la carenza di
personale specializzato all’interno delle sezioni.
Attese estenuanti per patologie sia gravi che non, si traducono in un
aumento di disagi fisici e psicologici che rischiano di protrarsi anche
quando il detenuto viene liberato, oltre che i casi delle cosiddette
“morti da accertare” della quale le responsabilità maggiori sono da
attribuire alla malasanità penitenziaria.
I media locali danno solo spazio ai piagnistei delle guardie e dei loro
sindacati mentre il detenuto non ha voce in capitolo, se si eccettuano
rari tentativi malriusciti.

25 aprile contro i CPR corteo a Modena

BASTA LAGER DI STATO

25 APRILE CONTRO IL RAZZISMO E CONTRO I FASCISTI

Se lo Stato avanza la libertà recede.

Lo Stato avanza chiudendo i porti, respingendo alla frontiera chi emigra e finanziando i lager libici, aumentando la ricattabilità degli sfruttati (stranieri o italiani che siano), inasprendo la repressione verso marginali e ribelli, rafforzando i poteri di polizia, allargando e diffondendo sul territorio galere e zone detentive d’eccezione. Lo Stato costruisce consenso intorno a un clima di rancore e paura, garantendo lauti profitti a chi finanzia e gestisce le strutture di controllo.

I CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio), campi detentivi per emigranti, sono l’espressione più brutale di questo avanzamento: migliaia di persone considerate irregolari saranno internate nei lager di Stato in attesa della deportazione nei presunti luoghi d’origine. L’Europa li ha chiesti, il PD li ha creati e la Lega li riempirà: non c’è governo che si salvi.

Il CPR così come le deportazioni rimangono gli strumenti centrali di deterrenza per le persone emigranti. È l’ultimo anello di un sistema di controllo, sfruttamento e messa a valore degli individui che passa attraverso il costante ricatto dei documenti, le forme di disciplinamento del sistema d’accoglienza e le forme di lavoro gratuito, propagandato dietro false promesse.

A Modena l’ex CIE diverrà il CPR per l’Emilia-Romagna, una struttura già nota per la durezza dei trattamenti riservata agli internati, da questi ultimi definita “peggio della galera” e da essi stessi chiusa a suon di rivolte nel 2013.

È necessario contrastare questa ennesima espressione del razzismo di Stato e ricordare a chi governa che ancora una volta simili strutture troveranno opposizione. Se le nostre condizioni sono miserabili e le nostre libertà sempre più limitate è perché c’è chi, sotto di noi, subisce sfruttamento e privazione della libertà in modo ancora peggiore.

Ci opponiamo ai CPR perché:

SONO ESPRESSIONE DELLA SVOLTA AUTORITARIA

attuata dagli ultimi governi e tesa a colpire chi sta ai margini, chi non si adegua o chi si ribella, avvisaglie di un vero e proprio Stato di polizia.

RENDONO CHIUNQUE PIÙ RICATTABILE

La minaccia dell’espulsione porta ad accettare anche le peggiori condizioni pur di mantenere il lavoro necessario per il rilascio dei documenti, producendo un generale peggioramento delle condizioni lavorative e di vita di tutti.

DIFFONDONO XENOFOBIA E RAZZISMO

Se chi emigra è trattato da nemico, la solidarietà fra sfruttati va in pezzi a tutto vantaggio di chi ci sfrutta e su ciò l’attuale governo continuerà a guadagnare consensi.

E se paura e rancore dilagano il neofascismo prolifera.

A Modena esso gode di luoghi sicuri, come “Terra dei Padri”, dove i fascisti in camicia nera, l’altra faccia del razzismo di Stato, si preparano a venir fuori appena padroni e governanti lasceranno le briglie. Scendere in strada contro lo Stato di polizia significa scendere in strada anche contro i suoi fiancheggiatori.

Scendiamo in strada il 25 aprile contro tutto ciò.

Solidali con chi è prigioniero perché ha lottato e si è ribellato contro tutto ciò.

OPPORSI AI LAGER DI STATO!

OPPORSI AL RAZZISMO E ALLO STATO DI POLIZIA!

OPPORSI AI FASCISTI!

CONTINUARE A LOTTARE!

PIAZZA DELLA POMPOSA – MODENA – H. 15:00

Risarcimento ai familiari del detenuto suicida

La Corte di Cassazione con sentenza n.30985 del 30/11/2018, ha stabilito che ai familiari del detenuto suicida che aveva manifestato il proprio intento, qualora l’amministrazione penitenziaria non abbia posto in essere tutte le misure idonee a prevenire l’evento, spetta un risarcimento. E’ il caso di un uomo detenuto per presunta violenza sessuale che si è tolto la vita impiccandosi quando già aveva palesato l’intenzione del suo gesto e che, nonostante questo, non era stato sottoposto a regime di vigilanza più stretto. Ai suoi familiari, che si sono rivolti al Tribunale di Catanzaro, spetterebbero quasi 200.000 euro. La Corte di Cassazione, ribaltando l’esito dell’udienza d’appello, ha riconosciuto la responsabilità dell’amministrazione penitenziaria dal momento che non si era mossa per stabilire lo stato psichico del detenuto dal momento che, all’ingresso in carcere, non erano presenti né l’educatore, né lo psicologo. Inoltre l’isolamento in cella, contrario alle disposizioni del PM, ne avrebbe favorito il suicidio. La presenza di altri detenuti avrebbe certamente impedito o almeno reso più arduo il compimento di tale gesto.

Il nuovo ordinamento penitenziario

Ecco a seguire il testo dei tre decreti legislativi che portano dei cambiamenti, alcuni sostanziali, all’attuale ordinamento penitenziario.

DECRETO LEGISLATIVO 2 ottobre 2018, n. 121

DECRETO LEGISLATIVO 2 ottobre 2018, n. 123

DECRETO LEGISLATIVO 2 ottobre 2018, n. 124

 

 

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