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LA GUERRA IN CASA

Apprendiamo dalla stampa locale che al tribunale di Varese il 9 maggio, il gip dovrà discutere una richiesta di opposizione all’archiviazione proposta dalla Procura di Varese sull’indagine a carico di ignoti nata dalla denuncia contro Leonardo spa, la ex Finmeccanica, azienda italiana leader nel settore difesa e sicurezza: terra, mare, cielo, spazio e cyberspazio, proprietaria anche della Aermacchi di Venegono Inferiore.
La puntigliosa pm Sara Arduini aveva aperto un fascicolo contro ignoti nel 2014 ma alla fine concluse che la vendita di armi, ovvero gli addestratori (aerei da guerra) M346 della Aermacchi, a Israele, non vìola alcuna legge: “E’ tutelato il diritto di autotutela dello stato di Israele, e di conseguenza i rapporti commerciali in tema di armamenti con gli altri paesi non sono vietati in via generale”.
L’archiviazione sarà però impugnata dall’avvocato Marco Lacchin, che agisce in nome di cinque privati cittadini aderenti al comitato “No M346 a Israele”: il gruppo che negli anni scorsi ha organizzato manifestazioni a Venegono, nei pressi di Aermacchi, per contestare la vendita.
Non ci interessa entrare neanche mentalmente nelle aule di tribunale, non ci appartiene il pensiero indirizzato e limitato dal Codice Penale.
Ci interessa invece il fatto che Israele, impegnata negli anni in diverse operazioni militari e in una quotidiana guerra a bassa intensità contro la popolazione palestinese, riceva parte delle sue armi proprio dalla provincia di Varese.
La guerra è possibile anche grazie all’indignazione inoffensiva dei più. 

Segnaliamo l’iniziativa dell’Assemblea Antifascista Saronnese che ha organizzato una cena con dibattito sulla Palestina. Si terrà venerdì 12 maggio alla Casa del Partigiano a Saronno (via Maestri del lavoro 6). Questa la locandina:

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Gallarate: parola al Podestà

“Tanto sangue per far tornare il popolo ad essere sovrano, per respingere i popoli invasori, difendendo i sacri confini e ora davanti alla cessione della sovranità e alla profanazione dei nostri confini, non battiamo ciglio”. Questa è solo una parte dell’intervento vomitevole del podestà – pardon! –  del sindaco di Gallarate, il quale considera il 25 aprile la liberazione dai tedeschi, ma non dal fascismo, e mette sullo stesso piano un esercito di occupazione con chi scappa da guerre e povertà. Ha avuto anche il coraggio di paragonare i caduti partigiani e i deportati nei campi con i caduti della RSI, cosa prevedibile visto che il mese scorso ha partecipato alla commemorazione per questi ultimi a Somma Lombardo, con tanto di fasci(a) tricolore. Dare le spalle al palco quando qualcuno ha intonato Bella Ciao, sfilarsi dal corteo quando la banda ha osato fare la stessa cosa (in compagnia della prediletta del fascista La Russa, l’assessore Francesca Caruso) sono state alcune delle provocazioni messe in campo durante tutta la mattinata. Naturalmente l’atteggiamento e le parole di Cassani sono state legittimate dalla paraculaggine dell’ANPI gallaratese, che con il discorso del suo presidente ha ribadito la retorica democristiana della libertà di pensiero, di espressione e minchiate simili. Fischi ed insulti? Il minimo sindacale messo sul piatto dagli astanti.

CHI HA PAURA? DI CHI?

I dirigenti dell’Electrolux di Solaro hanno emesso 26 provvedimenti disciplinari nei confronti di lavoratrici e lavoratori che hanno aderito allo sciopero dell’8 marzo scorso, poiché, secondo la fantasiosa spiegazione fornita a riguardo, nessuna delle sigle sindacali presenti all’interno della stabilimento aveva dato adesione formale alla serrata. Ciò che si nasconde dietro questa mossa è probabilmente da trovarsi nel tentativo di rendere ricattabili i lavoratori, in vista del rinnovo dell’accordo interno che avverrà nel prossimo periodo. Gli operai e le operaie non si sono però fatti intimidire dalle logiche repressive padronali e hanno risposto con l’astensione parziale dal lavoro per domani (13 aprile), rivendicando l’indispensabilità dello sciopero all’interno della fabbrica. E non solo, aggiungiamo noi.

GIOCO D’AZZARDO

«Cascina Alberto rappresenta un’importante parte della strategia della compagnia per creare tre o quattro aziende che cambieranno gli eventi nel corso dei prossimi anni, qualcosa che aumenterà il valore della produzione sostenibile cresciuta in Canada»

Northern Petroleum sul suo programma in Italia

Il 15 febbraio i vertici della Provincia si sono incontrati con i rappresentanti del colosso petrolifero Shell. In questa occasione è stato illustrato il percorso che porterà la società petrolifera ad effettuare un’indagine geofisica del sottosuolo, col fine di estrarre petrolio.

Cascina Alberto” è il permesso di ricerca in questione, gestito per l’80% da Shell Italia e per il 20% da Northern Petroleum. È dal 2012 che si parla della possibilità di estrarre petrolio nel territorio novarese, esteso fino all’area di Malpensa. Le aree interessate dall’attuale permesso di ricerca, che scadrà nel 2020, sono le seguenti: per il Piemonte 454,49 km2 nelle province di Novara, Biella e Vercelli, mentre per la Lombardia 7,65 km2 nella provincia di Varese.

Shell e North Petroleum stanno lavorando da qualche anno su questo progetto, la stessa North Petroleum alla quale, nel decreto sblocca Italia, era stata concessa la compatibilità ambientale per le trivellazioni sulle coste pugliesi.

In base ai dati ministeriali (UNMIG) il petrolio italiano è ben poco, ma nonostante ciò molte compagnie petrolifere straniere puntano sull’Italia per l’estrazione di combustibili fossili; questo è dovuto al fatto che le royalties richieste dalla legge italiana (10% quando l’estrazione avviene su terra ferma e 7% quando avviene in mare) sono molto inferiori a quelle richieste dalle leggi di altre nazioni: in Indonesia 85%, in Russia 80%, in Danimarca 70%, in Alaska 60%, poi ci sono il Canada e gli Usa rispettivamente al 40% e al 30% per cento. Questo vuol dire che in Italia, ogni 100 euro di valore commerciale del petrolio estratto, l’azienda appaltatrice versa allo stato 10 o 7 euro, mentre in Russia per lo stesso valore estratto versa 80 euro. Quando invece noi compriamo un paio di mutande – per chi ancora può permettersele – lo Stato si prende il 22% del valore del prodotto e lo stesso vale per acqua minerale, vino e migliaia di altri prodotti. Tanto per fare degli esempi.

Per comprendere ancora meglio perché l’Italia sia uno degli obiettivi di queste aziende, è interessante leggere l’opuscolo ministeriale riguardante l’argomento, il quale dice testualmente : “Quello che si propone è quindi molto simile ad un gioco d’azzardo: la compagnia petrolifera fa ricerche spendendo grossi capitali ma, se trova petrolio o gas, li recupera ampiamente (compensando i casi in cui non trova niente), versando allo Stato solo una parte dei ricavi provenienti dalla vendita del petrolio.” E poi ancora “le royalties richieste dalla legge non sono molto alte e così vari operatori trovano interessante fare le ricerche in Italia.”

Tana libera per ENI, Shell e tutte le controllate di North Petroleum.

«Ma le cose stanno rapidamente cambiando e il futuro della ricerca petrolifera si profila sempre più “non convenzionale”»

Eni scuola sulle risorse “non convenzionali”

Il piano di ricerca per la trivellazione di cui abbiamo parlato fin’ora non è l’unico che coinvolge questa zona. Un altro Permesso di Ricerca denominato Cascina Graziosa per la ricerca di idrocarburi “non convenzionali” (ossia più viscosi, che necessitano di lavorazioni più complesse), comprende un’area 379,2 km2 per il Piemonte (provincia di Novara) e 213,3 km2 per la Lombardia (province di Milano, Varese e Pavia).

Osservando questi due progetti emerge un’immagine della Lombardia come di una zona franca in cui è permessa la manbassa di qualsiasi risorsa naturale, oltre che qualsiasi “scorribanda” ambientale. Come non citare Pedemontana, bretella SS341 – SS336, ampliamento Malpensa e costruzione di nuove infrastrutture di collegamento ferroviarie? Tutte opere che contribuiscono, in maniera evidente, alla devastazione di un territorio esageratamente antropizzato non sui bisogni reali dell’uomo, ma su bisogni indotti finalizzati al profitto.

Tra il 2012 e 2014 comitati per la difesa del territorio si erano mobilitati, manifestando la contrarietà a queste decisioni piovute dall’alto. Ma si sa, il potere delle lobbies non si ferma davanti alle scartoffie, avanza come un rullo compressore. Soltanto la determinazione di chi questi territori li vive, di chi si mobilita per difendere un territorio ridotto ormai all’agonia, può fermare lo strapotere di queste multinazionali per le quali conta soltanto il profitto, con la messa in valore del n’importe quoi.

Riteniamo importante – Salento docet – prima ancora che arrivino le trivelle, non stare a guardare gli studi preliminari (che poi consisterebbero nel far esplodere delle cariche di esplosivo, provocando onde sismiche riflesse dagli strati sotterranei, che verranno poi analizzate per tracciare una mappa del sottosuolo), ma muoverci per evitare qualsiasi tipo di speculazione.Cartina_trivellazioni

FINANZIAMENTO REGIONALE PER LA SICUREZZA

Finanziamento complessivo di 7,6 milioni di euro a 476 comuni lombardi. Il bando prevede un lotto A (5 milioni di euro) per impianti di videosorveglianza e un lotto B (2,6 milioni di euro) per dotazioni alle polizie locali.
624 mila euro per progetti legati alla sicurezza. Sono i fondi sbloccati da Regione Lombardia ed elargiti a 37 Comuni della provincia di Varese, nel quadro di un finanziamento complessivo di 7,6 milioni di euro a 476 comuni lombardi.
Non sono riusciti ad ottenere il finanziamento i comuni di Saronno, Gallarate, Tradate,
E’ riuscita invece a ottenere entrambi i finanziamenti la città di Busto Arsizio: 50mila euro per il lotto A e 30mila euro per il lotto B.
I dati completi sono pubblicati sul Bollettino Ufficiale di Regione Lombardia, data 16 marzo.

ENNESIMO INCIDENTE SUL LAVORO

Ieri a Busto Arsizio un operaio è precipitato dal tetto in eternit che stava bonificando. L’incidente, avvenuto intorno alle ore 9, ha visto l’uomo cadere da un’altezza di 9 metri ed è stato immediatamento trasportato al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Legnano, nel quale è entrato in codice giallo. Altra vittima di un incidente sul lavoro nel varesotto, dove troppo spesso avvengono fatti di questo genere.

I BUONI E I CATTIVI

Abbiamo appreso la notizia che un detenuto ha aggredito due agenti della polizia penitenziaria, ed ecco che da subito si distinguono i buoni dai cattivi: cattivo il detenuto che ha cercato di aggredire gli agenti, buoni gli agenti che hanno rischiato di essere feriti. Non sappiamo cosa sia accaduto al detenuto ma possiamo immaginarlo.
Le istituzioni che orbitano intorno al sistema carcerario si sono da subito indignate, chiedendo più carceri per sopperire alla continua crescita della popolazione penitenziaria, ma senza proferire nessuna parola sui motivi reali per cui un detenuto arriva a ribellarsi.
Le condizioni dei detenuti in carcere sono pessime, già nel 2013 la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia per le condizioni inumane che si vivevano nel carcere di Busto Arsizio (vedi sentenza Torreggiani).
Nel 2016 si sono suicidati, nelle carceri italiane, 45 persone e 115 sono morte.

INCIDENTE SUL LAVORO A MALPENSA

In settimana si è verificato l’ennesimo grave incidente ai danni di un lavoratore della logistica a Cargo City, parte dello scalo internazionale di Malpensa. Il ragazzo di 38 anni è rimasto schiacciato da un carrello e versa in gravi condizioni all’ospedale di Circolo di Varese, dove è stato trasportato in elisoccorso. Questo incidente sottolinea una volta di troppo la situazione insostenibile dello scalo, i cui traffici merci crescono (+7,4% nel 2016), ma la sicurezza non accenna a farlo.

LE FRONTIERE UCCIDONO

Lunedì 27 febbraio, nei pressi della stazione di Balerna (in Svizzera, a pochi chilometri dal confine con l’Italia), un uomo è morto folgorato dai cavi della linea ferroviaria. L’uomo si era appostato sul tetto del treno, un “Tilo” proveniente dall’Italia, nel tentativo di oltrepassare la frontiera italo-svizzera, probabilmente salendo sul tetto tra la stazione di Como San Giovanni e Monte Olimpino, dove i passeggeri riportano di aver sentito un tonfo proveniente dal soffitto della carrozza. Resta complessa l’identificazione, in quanto l’uomo risulta senza documenti e lo stato del corpo (l’uomo è letteralmente bruciato vivo) non ne consente il riconoscimento.
L’ennesimo caso di morte senza nome, che evidenzia quanto siano violenti i limiti delle frontiere di Stato e di quanto possa rischiare un individuo non considerato utile al cosiddetto benessere sociale, nel tentativo di trovare una vita migliore.
Per giovedì 2 marzo è stato indetto un presidio, contro le frontiere e in solidarietà a chi rischia la vita per attraversarle. Ore 17.30 piazzale indipendenza, Chiasso.

PRESIDI CONTRO I CPR

Dieci giorni fa una ventina di persone ha percorso il centro e il mercato di Como, distribuendo volantini e parlando al megafono, per contrastare la possibile apertura di un CIE (o CPR) in città. Sabato scorso un altro presidio ha ricordato, questa volta alla città di Monza, l’avversione ai proclami del governo in tema di gestione dei flussi migratori. Ultimo di questo ciclo di presidi sarà domenica 5 marzo alle ore 15 in stazione centrale, piazza Duca d’Aosta, Milano.