Kurdistan

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“Il popolo curdo tra resistenza e rivoluzione”.
Martedì 25 Novembre si è svolto un incontro al Kinesis di Tradate sulla resistenza in Kurdistan, portata avanti dal PKK-PYD: un movimento popolare di uomini e donne, al di là delle barriere nazionali, etniche e religiose.
Proponiamo di seguito un montaggio degli interventi di Daniele Pepino, del MED (centro interculturale curdo) e del Gruppo Femminista ReFE Milano, che cercheranno di spiegare cosa realmente stia accadendo in un paese smembrato da una guerra civile.

Mettiamo a disposizione per chi volesse approfondire la registrazione dell’incontro senza tagli, divisi tra i tre principali interventi avvenuti:

INTRODUZIONE di Daniele Pepino, clicca per scaricare l’audio. (16,1MB)

INTERVENTO RAGAZZO CURDO, clicca per scaricare l’audio.(18.7MB)

INTERVENTO ReFe MILANO, clicca per scaricare l’audio.(16MB)

Calcio popolare

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Il piccolo Lebowsky

Negli ultimi anni si sono moltiplicati casi di società gestite attraverso l’azionariato popolare, ovvero la divisione della proprietà societaria tra più soggetti possibile attraverso il pagamento di una quota stagionale.
Troviamo esempi di questa pratica nei campionati maggiori di tutta Europa, con squadre come il Barcellona, l’Athletic Bilbao, il Bayern Monaco, ma è nel mondo del calcio minore, quello dilettantistico, che questa pratica trova il suo ambiente migliore: togliendo la possibilità a imprenditori di sfruttare una società per la propria scalata nel mondo del business calcistico, come successo a Saronno con Enrico Preziosi, e riconoscendo il valore di chi vive con passione il calcio, rimanendo distanti da logiche di mercato.
Questa forma di gestione societaria riporta il calcio alla sua dimensione popolare originaria, aggiungendo al ruolo del tifoso una partecipazione attiva nelle decisioni che riguardano la società, o, ancora più interessante, la possibilità di creare una società unicamente formata dai tifosi. Emblematica in questo contesto è la storia dell’ F.C. United of Manchester: contemporaneamente all’acquisto della proprietà della società del Manchester United da parte dell’imprenditore americano Malcolm Glazer alcuni tifosi dei Red Devils, una delle squadre più titolate e seguite dell’Inghilterra, decidono di ridare una squadra ai cittadini di Manchester, creando così l’F.C. United, la squadra dei tifosi. Moltissimi sono stati i tifosi che hanno seguito questo progetto, riempiendo in migliaia gli stadi della nuova squadra, partita nella sua prima stagione dall’ultimo livello del campionato inglese.
Anche in Italia ci sono molti esempi di gestione societaria attraverso l’azionariato popolare, principalmente nel calcio dilettantistico, nei quali è riscontrabile un attaccamento alla squadra molto forte e una partecipazione molto numerosa.
Crediamo che quello del Centro Storico Lebowski sia un esempio che valga la pena conoscere.
Nel 2004 un gruppo di amici accomunati dall’amore per il calcio e per lo stadio decidono di lasciare la curva Fiesole (storica curva della Fiorentina, la squadra principale di Firenze) per ricominciare dal calcio minore. Vanno così a pescare una squadra di Terza Categoria che si trovava in ultima posizione con una differenza reti incredibilmente negativa, l’A.C. Lebowski, di cui diventano i tifosi.
Sei anni dopo, nel 2010, gli Ultimi Rimasti Lebowski, questo il nome del gruppo ultras al seguito della squadra, decidono di fare il salto di qualità e di creare una società da loro gestita: nasce così il Centro Storico Lebowski.
Il Lebowski rappresenta l’alternativa a quel calcio che ormai non ha più nulla di popolare e originario, che ha portato centinaia di persone ad agire in prima persona per una semplice squadra di terza categoria, che ad ogni partita creano un clima carico di passione, e che a tutto questo riescono ad unire anche ottimi risultati sportivi. Negli ultimi 2 anni è stato protagonista di 2 promozioni e attualmente il C.S. Lebowski sta disputando il campionato di Prima Categoria.
Col passare degli anni la squadra ha guadagnato popolarità, tanto che molti giocatori, provenienti da categorie superiori, hanno deciso di giocare per i grigioneri rinunciando allo stipendio; è questo uno dei principi fondanti della squadra: nessuno, che sia dirigente, giocatore o allenatore, sarà stipendiato dalla società.
E’ un esempio apprezzabile, che riavvicina al calcio minore, fatto di sudore, campetti disastrati, divertimento e attaccamento, un processo che possa ridare vita allo sport che tante persone ha fatto innamorare da bambini, ma che, crescendo, ha finito per disgustarle.
E’ un calcio che non vuole avvicinarsi al mondo tanto criticato delle categorie professionistiche, che vuole rimanere sano e partecipato, che non vuole essere infangato dalle logiche di mercato, da sponsorizzazioni, da calciatori mercenari strapagati e da imprenditori opportunisti.

La piccola Saronno

Strana sorte quella dell’FBC Saronno: nato tra le prime 50 squadre in Italia ha vissuto il suo apice calcistico negli anni ’90, con una presenza costante nelle allora serie C1 e C2. Nel ’97 disputò i play-off per salire in Serie B, ma qualcosa andò storto. Già, perché in quell’anno il presidente del Saronno era l’imprenditore Enrico Preziosi, il quale dopo la vittoria per 1-0 contro il Carpi nell’andata delle due partite decisive per l’accesso alla serie cadetta annunciò l’intenzione di vendere l’FBC Saronno per acquistare il Como Calcio. La notizia destabilizzò non poco lo spogliatoio, e la gara di ritorno finì con una netta sconfitta: 3-0, con promozione per la squadra di Carpi.
Negli anni successivi il Saronno cercò di rimanere a galla in una situazione difficile dal punto di vista economico e di risultati sul campo, finché nel 2000 arrivò il primo fallimento.
Il primo decennio del 2000 assistette a vari tentativi di rinascita del Saronno calcio, sempre con scarsi risultati.
Chi segue il calcio sa che ora Enrico Preziosi è oggi il presidente del Genoa CFC, da oramai numerose stagioni militante in Serie A.
Nel ’97 Preziosi lascia il Saronno e approda al Como. Qui nel 2001 ottiene la promozione in Serie B, e la stagione seguente addirittura conquista una storica promozione alla Serie A.
L’anno successivo però la squadra non si conferma e retrocede nuovamente in Serie B. Comincia quindi la crisi anche per i lariani, abbandonati dal presidente Preziosi durante la stagione che li vedrà retrocedere in C1. Successivamente arriverà un’altra retrocessione ed infine il fallimento.
Mentre viene emessa contro Preziosi un’ordinanza di custodia cautelare per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio, nel 2003 lo stesso acquista il Genoa CFC.
Questo è solo uno spaccato tipico di quello che viene chiamato calcio moderno.
La storia dell’FBC e del suo fallimento non è un caso isolato nel panorama calcistico e può fornirci una chiave di lettura paradigmatica di come si sia evoluto il fenomeno calcistico negli ultimi 20-30 anni.
Da una parte abbiamo Preziosi come emblema dell’imprenditore che sfrutta le piccole società per arrivare alla grande piazza.
Dall’altra parte abbiamo l’FBC, simbolo della piccola società, ma forse meglio della piccola cittadina che, dopo aver vissuto anni d’oro, si risveglia improvvisamente senza una squadra, per il semplice fatto di essere appunto una realtà di provincia, con scarsi margini di guadagno e di visibilità in confronto a quelli possibili in una grande città, e per questo di non essere all’altezza di avere una squadra competitiva nei massimi campionati nazionali.
È una semplice questione di mercato: se a Saronno guadagni 10 a Como puoi guadagnare 100.
Ma perché accontentarsi di 100 se a Genova puoi guadagnare 1000?
Il caso Preziosi è esemplare: il calcio tutto segue queste logiche, non è più sufficiente riempire gli stadi di tifosi, anzi si assiste ad un progressivo allontanamento, forzato o meno, delle masse dagli stadi, bisogna massimizzare i profitti con pay tv, sponsor, pubblicità, azionisti, eventi mediatici, tutto questo accompagnato dalla repressione verso quel movimento che in Italia ha preso il nome di ultras. Cambia il tipo di tifoso che è possibile incontrare negli stadi. Non più masse di giovani provenienti dai quartieri popolari, ma famiglie dei ceti medi e professionisti danarosi, pronti a spendere molti soldi all’interno dello stadio. Cambia per questo la forma e il senso degli stadi, non più adatti a contenere il numero elevatissimo di persone per cui erano costruiti negli anni ’80 e ’90, ma meno capienti per dare spazio a zone commerciali piene di merchandise della squadra locale.
Il calcio smette così di essere quello sport popolare che avevamo conosciuto e diventa uno strumento di lucro; in una situazione del genere non c’è evidentemente più spazio per la passione, ma solo per il profitto.

BreBeMi: il flop della nuova autostrada è visibile a tutti

Tra gli automobilisti lombardi continua a riscuotere poco successo la scelta di percorrere la nuova autostrada che collega Brescia a Milano, forse anche a causa dei costi troppo elevati: ogni auto o moto che percorre infatti la A35 BreBeMi dalla barriera di Chiari est a Liscate spende all’incirca 15 centesimi a kilometro.

Dopo aver inaugurato la nuova strada il 23 luglio 2014, il piano industriale prevedeva flussi giornalieri iniziali di 40mila veicoli e successivamente il transito di circa 60 mila veicoli una volta a regime: mai come in questo caso le previsioni si sono rivelate errate. Nella prima settimana infatti i mezzi in transito sono stati 16 mila ed ora, dati alla mano, sembra si viaggi attorno ai 20 mila accessi giornalieri. Chiunque, transitando in prossimità della nuova autostrada, può rendersi conto del clamoroso flop osservando la scarsità dei veicoli che la percorrono: i ragazzi del centro sociale bergamasco “Pacì Paciana” hanno addirittura diffuso sul web un video in cui li si vede giocare tranquillamente a calcio lungo il tracciato al fine di testimoniare l’inutilità del progetto.

Se da un lato la società costruttrice di BreBeMi afferma che “è presto per i bilanci”, dall’altro la stessa si trova ora a fare i conti con un tratto di autostrada che, oltre ad aver causato un danno ambientale di notevoli dimensioni (sono centinaia gli ettari agricoli sacrificati all’asfalto) e ad aver riportato dei costi di costruzione sorprendentemente alti (si parla di 2,4 milardi di Euro), rimane ad oggi semi-desterta e largamente inutilizzata.

Ronde elettorali

Dal 21 novembre hanno fatto la loro comparsa sul territorio saronnese le ronde.
Uno sparuto numero di militanti del legnanese di Forza Nuova e di Fiamma Tricolore, partiti di chiara ispirazione neofascista, per una sera alla settimana si è impegnato a passeggiare per la città degli amaretti, con l’intenzione di contribuire in questo modo ad accrescere la sicurezza e combattesicurezza-3re il “degrado”.
Le ronde in questione non paiono essere state autorizzate dal Comune di Saronno, come previsto dal Decreto Maroni del 2009, che ne regolamenta lo svolgimento.
Queste passeggiate serali dei militanti forzanovisti e della fiamma sono partite proprio mentre la campagna elettorale per l’elezione del nuovo sindaco inizia a scaldarsi; il tema della sicurezza e del degrado sarà uno dei cavalli di battaglia delle destre, come anticipato nei mesi passati da numerose uscite dei politici locali.