LEGHISTI TERRORISTI

Riceviamo e diffondiamo un testo affisso a Saronno:

LEGHISTI TERRORISTI
Ha destato molto scalpore la mozione con cui la Lega Nord di Saronno ha invocato l’intervento di Salvini e della magistratura per proteggere la città dal terrorismo.
Una richiesta sui generis che ha suscitato reazioni scomposte che vanno dalla pernacchia allo scherno. I più si sono soffermati sulla evidente sproporzione tra i fatti che la Lega ha preso come base della propria mozione (danneggiamenti e pochissimo altro) e le parole usate. Quel richiamo al terrorismo che lascia prefigurare ben altri scenari e un uso indiscriminato della violenza.

Solo Alfonso Indelicato, indefesso fascista saronnese, ha rincarato la dose, aggiungendo che tutti i fatti contestati hanno una matrice anarcoide.
Di questa mozione hanno riso tutti, o quasi.
A noi verrebbe da ridere principalmente per la sproporzione tra fatti e parole, tipica di quest’epoca.

Eppure il terrorismo non è la prima volta che viene tirato fuori in maniera strumentale e funzionale a un certo tipo di narrazione tossica. In tempi recentissimi abbiamo notato come la costruzione di un nuovo tipo di nemico interno, il terrorista appunto (da affiancarsi allo straniero tout court come nemico esterno), riguardi molto poco le azioni compiute, ma riguardi molto di più il connubio tra la necessità di una figura creata ad hoc da dare in pasto al popolo reso affamato di slogan e nemici immaginari e la necessità di isolare, controllare, reprimere ogni tentativo che metta in discussione radicalmente lo status quo che viviamo.

In anni recenti il costrutto reazionario del terrorismo lo abbiamo visto introdotto contro i No Tav che furono accusati di aver partecipato all’attacco notturno al cantiere di Chiomonte. Anche in quel caso la sproporzione pareva evidente: un compressore un po’ abbrustolito a fronte di una intera valle, e annessa popolazione, devastata e militarizzata.

Anche l’ultima ondata di repressione riprova la sconnessione tra l’accusa di terrorismo e i fatti contestati, tacciando la rabbia e la violenza contro questo mondo di morte e sfruttamento di essere spietate e incondizionate.
Le ultime operazioni repressive contro gli anarchici (Scripta Manent, Panico e le più recenti a Torino e a Trento) dimostrano, però, che viene colpita un’idea e non tanto le azioni contestate: non è importante cosa fai, ma cosa pensi e chi sei.

Infatti l’essenza di questo nuovo uso dell’accusa di terrorismo (o di finalità di terrorismo) va ricercata nella descrizione che ne viene data, e cioè la volontà di impedire la realizzazione della tal opera, di convincere un ente o un’organizzazione a desistere dal tal progetto (e ci viene in mente per esempio l’esistenza dei CPR contro cui hanno lottato a Torino e principale motivo di accusa nei confronti degli anarchici nell’ultima operazione repressiva).
Argomento dell’utilizzo del costrutto ideologico del terrorismo appare quindi ogni forma di lotta che aspiri ad andare oltre la mera rappresentanza per andare a modificare realmente il mondo in cui viviamo. La finalità è dunque evidentemente controrivoluzionaria.

Se ne parla dai tempi dell’Urban Operation 2020: la crescente disparità sociale a firma neoliberismo avrebbe portato anche nel benestante occidente una crescente ondata di malcontento. E allora ecco l’urgenza per i difensori dell’ordine costituito basato sullo sfruttamento di dotarsi di nuove misure per contrastare ogni forma di ribellione. Lo si riscontra nell’urbanistica, in una gestione e costruzione di nuove fette di città date in pasto alla speculazione edilizia e umana (si veda il quartiere Isola a Milano, o quanto sta avvendendo al quartiere Aurora a Torino). Urbanistica figlia del capitale, che disincentiva lo scambio e le relazioni, e che favorisce unicamente il controllo e la produttività. Ma questo grande mutamento reazionario che stiamo vivendo lo si nota anche negli strumenti che l’apparato poliziesco e la magistratura si danno per controllare e reprimere. Lo stiamo notando in questi ultimi anni in cui tra Minniti e Salvini stiamo assistendo a un raggio di azione sempre di ampio e senza vincoli da parte della polizia: digos che sospende una professoressa rea di aver discusso con i propri studenti di leggi razziali attualizzandole, vigili del fuoco che su ordine del Questore rimuovono dai balconi striscioni di non benvenuto al ministro dell’interno Salvini. Ma si nota anche dall’uso del concetto di terrorismo per isolare e condannare chi, in questo mare di merda in cui ci troviamo tutti quanti, prova a tenere botta e indirizzare la giusta violenza contro chi è artefice di miseria e sfruttamento.

In questo quadro la mozione della Lega Nord saronnese è in linea coi tempi, a condizioni di vita sempre più esclusive ed escludenti si accompagna un’inasprimento della repressione e del controllo.
Vorrebbero far credere che anarchico o sovversivo sia sinonimo di terrorista. Ma la paura e la violenza non hanno valore di per sé. È solo con gli occhi offuscati dall’ideologia neoliberista che non si riesce a vedere l’evidente violenza su cui si fonda il nostro occidente: l’Africa come terra di conquista del capitale, il cimitero del Mediterraneo, la schiavitù moderna delle piantagioni, i lager di Stato.

Che rapporto pensate ci sia tra l’assenza di conflittualità di classe e l’innalzamento dello sfruttamento sul lavoro?

Che la paura cambi di campo, tutt’altro che vano slogan.

Malfattori del saronnese