Digressioni

SOLIDARIETÀ CON SILVIA E ANNA IN SCIOPERO DELLA FAME

Ieri sera, 14 Giugno 2019, a Varese era in programma la proiezione del film “Esilio”. Il film, diretto dal regista varesino Maurizio Fantoni Minnella, e presentato presso la sala Montanari, narra l’esilio del sindaco Mimmo Lucano dal suo paese, Riace.

Alcune persone, hanno aperto uno striscione e distribuito volantini in solidarietà con lo sciopero della fame di Silvia e Anna, due compagne anarchiche detenute nel carcere speciale dell’Aquila. Protestano per il trattamento subito, che molto somiglia a quello del 41 bis. Il loro obiettivo: il loro trasferimento immediato e la chiusura della sezione AS2 del carcere aquilano.

Qui sotto il volantino completo:

Qui la locandina dell’evento:

 

 

 

LEGHISTI TERRORISTI

Riceviamo e diffondiamo un testo affisso a Saronno:

LEGHISTI TERRORISTI
Ha destato molto scalpore la mozione con cui la Lega Nord di Saronno ha invocato l’intervento di Salvini e della magistratura per proteggere la città dal terrorismo.
Una richiesta sui generis che ha suscitato reazioni scomposte che vanno dalla pernacchia allo scherno. I più si sono soffermati sulla evidente sproporzione tra i fatti che la Lega ha preso come base della propria mozione (danneggiamenti e pochissimo altro) e le parole usate. Quel richiamo al terrorismo che lascia prefigurare ben altri scenari e un uso indiscriminato della violenza.

Solo Alfonso Indelicato, indefesso fascista saronnese, ha rincarato la dose, aggiungendo che tutti i fatti contestati hanno una matrice anarcoide.
Di questa mozione hanno riso tutti, o quasi.
A noi verrebbe da ridere principalmente per la sproporzione tra fatti e parole, tipica di quest’epoca.

Eppure il terrorismo non è la prima volta che viene tirato fuori in maniera strumentale e funzionale a un certo tipo di narrazione tossica. In tempi recentissimi abbiamo notato come la costruzione di un nuovo tipo di nemico interno, il terrorista appunto (da affiancarsi allo straniero tout court come nemico esterno), riguardi molto poco le azioni compiute, ma riguardi molto di più il connubio tra la necessità di una figura creata ad hoc da dare in pasto al popolo reso affamato di slogan e nemici immaginari e la necessità di isolare, controllare, reprimere ogni tentativo che metta in discussione radicalmente lo status quo che viviamo.

In anni recenti il costrutto reazionario del terrorismo lo abbiamo visto introdotto contro i No Tav che furono accusati di aver partecipato all’attacco notturno al cantiere di Chiomonte. Anche in quel caso la sproporzione pareva evidente: un compressore un po’ abbrustolito a fronte di una intera valle, e annessa popolazione, devastata e militarizzata.

Anche l’ultima ondata di repressione riprova la sconnessione tra l’accusa di terrorismo e i fatti contestati, tacciando la rabbia e la violenza contro questo mondo di morte e sfruttamento di essere spietate e incondizionate.
Le ultime operazioni repressive contro gli anarchici (Scripta Manent, Panico e le più recenti a Torino e a Trento) dimostrano, però, che viene colpita un’idea e non tanto le azioni contestate: non è importante cosa fai, ma cosa pensi e chi sei.

Infatti l’essenza di questo nuovo uso dell’accusa di terrorismo (o di finalità di terrorismo) va ricercata nella descrizione che ne viene data, e cioè la volontà di impedire la realizzazione della tal opera, di convincere un ente o un’organizzazione a desistere dal tal progetto (e ci viene in mente per esempio l’esistenza dei CPR contro cui hanno lottato a Torino e principale motivo di accusa nei confronti degli anarchici nell’ultima operazione repressiva).
Argomento dell’utilizzo del costrutto ideologico del terrorismo appare quindi ogni forma di lotta che aspiri ad andare oltre la mera rappresentanza per andare a modificare realmente il mondo in cui viviamo. La finalità è dunque evidentemente controrivoluzionaria.

Se ne parla dai tempi dell’Urban Operation 2020: la crescente disparità sociale a firma neoliberismo avrebbe portato anche nel benestante occidente una crescente ondata di malcontento. E allora ecco l’urgenza per i difensori dell’ordine costituito basato sullo sfruttamento di dotarsi di nuove misure per contrastare ogni forma di ribellione. Lo si riscontra nell’urbanistica, in una gestione e costruzione di nuove fette di città date in pasto alla speculazione edilizia e umana (si veda il quartiere Isola a Milano, o quanto sta avvendendo al quartiere Aurora a Torino). Urbanistica figlia del capitale, che disincentiva lo scambio e le relazioni, e che favorisce unicamente il controllo e la produttività. Ma questo grande mutamento reazionario che stiamo vivendo lo si nota anche negli strumenti che l’apparato poliziesco e la magistratura si danno per controllare e reprimere. Lo stiamo notando in questi ultimi anni in cui tra Minniti e Salvini stiamo assistendo a un raggio di azione sempre di ampio e senza vincoli da parte della polizia: digos che sospende una professoressa rea di aver discusso con i propri studenti di leggi razziali attualizzandole, vigili del fuoco che su ordine del Questore rimuovono dai balconi striscioni di non benvenuto al ministro dell’interno Salvini. Ma si nota anche dall’uso del concetto di terrorismo per isolare e condannare chi, in questo mare di merda in cui ci troviamo tutti quanti, prova a tenere botta e indirizzare la giusta violenza contro chi è artefice di miseria e sfruttamento.

In questo quadro la mozione della Lega Nord saronnese è in linea coi tempi, a condizioni di vita sempre più esclusive ed escludenti si accompagna un’inasprimento della repressione e del controllo.
Vorrebbero far credere che anarchico o sovversivo sia sinonimo di terrorista. Ma la paura e la violenza non hanno valore di per sé. È solo con gli occhi offuscati dall’ideologia neoliberista che non si riesce a vedere l’evidente violenza su cui si fonda il nostro occidente: l’Africa come terra di conquista del capitale, il cimitero del Mediterraneo, la schiavitù moderna delle piantagioni, i lager di Stato.

Che rapporto pensate ci sia tra l’assenza di conflittualità di classe e l’innalzamento dello sfruttamento sul lavoro?

Che la paura cambi di campo, tutt’altro che vano slogan.

Malfattori del saronnese

LA COSTITUZIONE È UNA CAGATA PAZZESCA

Riceviamo e diffondiamo un volantino distribuito lo scorso 25 aprile a Saronno, giornata sulla quale ci soffermeremo prossimamente

LA COSTITUZIONE
 È UNA CAGATA PAZZESCA

Su democrazia parlamentare, mobilitazione reazionaria, sovranismo, Stato, umore dei tempi e nuovi e vecchi miti

Non è certo una novità di questi anni il tentativo delle organizzazioni fasciste di darsi l’aspetto ribellistico di coloro che combattono contro il sistema.
Certo in questi ultimissimi anni certe analogie sembrano più calzanti, e se è vero che sarebbe inappropriato parlare di un fascismo in atto è altrettanto vero che segnali chiari e manifesti di una mobilitazione reazionaria in corso. Sia per quanto riguarda l’immaginario che le forze reazionarie (dalla Lega ai gruppetti fascisti) vogliono trasmettere, sia per quanto riguarda una sorta di umore dei tempi che sembra andare esattamente nella direzione sperata dai primi.

Nella nebbia creata da un sentire che potrebbe essere rappresentato dall’accanimento verso gli esclusi (specialmente i carcerati, verso cui la vox populi arriva a pretendere persino “che lavorino gratis, cosa vogliono, vitto e alloggio senza fare nulla?”) e dal preteso ruolo delle forze reazionarie che attraverso il sovranismo riuscirebbero ad opporsi ai mali della globalizzazione sentiamo l’urgenza di un forte colpo di vento che diradi la nebbia e resituisca alle parole il loro significato.

Non ci stupisce il fatto che in una società sempre più complessa e apparentemente interclassista gli sfruttati non trovino con facilità gli strumenti per capire il motivo della propria condizione, così come non ci stupisce il proliferare di teorie complottistiche che non fanno altro che aumentare la nebbia.

Viviamo un’epoca dominata dal capitale, dallo sfruttamento e dall’alta finanza. Per sorreggere questi tre pilastri del nostro mondo nascono guerre in territori da saccheggiare e depredare.
L’Africa, grande e storica terra di colonialismo e distruzione, è nuovamente sotto attacco. Le grandi potenze mondiali, Cina su tutte, si sono accaparrate grosse fette di terra e di mare. Una porzione di mare al largo del Senegal è stata dichiarata praticamente svuotata di fauna ittica.

Questo è il capitalismo, che ha portato alla situazione in cui siamo ora. Anche l’Italia ha il suo ruolo, in Libia.
L’Eni saccheggia petrolio e gas da una parte, il governo (prima con Minniti ora con Salvini) crea lager per migranti per limitare il numero di sbarchi.
E’ questo il sistema marcio e malato che sostiene il mondo per come lo conosciamo, un pianeta sempre più affollato in cui anche l’essere umano è, ahinoi, una essenziale fonte di valore.
Città sempre più affollate, un pianeta sempre più affollato. Sia le megalopoli del lusso sia le bidonville degli esclusi, facce diverse di una stessa medaglia, necessiteranno di un sistema di gestione da parte di Stato e Capitale capillare e concentrazionario.

Da una parte l’uso delle recenti zone rosse, porzioni di città dalle quali viene escluso chi non considerato conforme al cosiddetto decoro sociale, insieme all’espansione dell’uso del Daspo Urbano, vanno esattamente in questa direzione.
Dall’altra l’aver tirato giù la maschera con gli esclusi modificando l’approccio al welfare, indirizzandosi verso una gestione dei servizi (sanità su tutti) privatizzata, riducendo i servizi ma aumentando i costi. Chi potrà permetterselo sarà curato. Non a caso per la prima volta nella storia l’aspettativa di vita è calata. Una fascia di popolazione, quella inclusa nella società, avrà agi e benessere, la restante enorme fetta di esclusi garantirà benessere alla prima.

In questo quadro evidentemente catastrofico il ruolo delle forze reazionarie è cavalcare il conseguente malcontento e la legittima rabbia indirizzandola in una guerra tra poveri. Indirizzare i propri attacchi, alla maniera della classe politica tout court, verso chi fugge in barcone dalla Libia anziché attaccare qui e ora gli interessi dell’Eni e dello Stato italiano significa essere vigliacchi e voler fare speculazione politica sulla pelle degli ultimi.
Rinnovare un nostalgico spirito di identità nazionale significa nuovamente annebbiare occhi e spirito, mettendo insieme capra e cavoli.
Ma urge ricordarsi che è sotto la tanto osannata democrazia che si sono mantenute le condizioni in cui queste forze si sono rafforzate, è sotto democrazia a tinte PD che Minniti ha creato i lager in Libia e ha dato un significativo giro di vite in ambito di sicurezza, mettendo un imprescibile mattoncino a ciò che – senza soluzione di continuità – sta proseguendo Salvini.

Ma oggi che è il 25 aprile sentiremo ancora le solite litanie socialdemocratiche sul ruolo della Costituzione, vero e proprio mito fondante dello Stato italiano. Una retorica nefasta sia per chi ha combattuto a suo tempo – anche contro i comandi del PCI – sia per chi combatte oggi. Soprattutto per chi, avendo osato combattere i CPR – nuovi lager del III millennio – si trova oggi in una sorta di 41 bis, con un accanimento dello Stato che è frutto sia della mobilitazione reazionaria in atto sia dell’umore dei tempi.

Ecco cosa ci offre la democrazia, l’astratta possibilità di criticare un mondo di sfruttamento e devastazione.
Ma, come diceva Malatesta: «La libertà che vogliamo noi non è il diritto astratto di fare il proprio volere, ma il potere di farlo».
Di fronte a questo grande fratello sociale onnipresente che è lo Stato l’unica possibilità rimane quella di combattere le condizioni che ci opprimono, rifiutando di partecipare allo spettacolo della politica che immiserisce spiriti e sogni.

Per un mondo
senza galere
e senza sfruttamento.

Saronno, 25 aprile 2019

Una libera aggregazione
per l’autogestione generalizzata

A SARONNO OGNI 25 APRILE

Saronno
Ogni 25 aprile il sindaco deve svegliarsi e correre a sbrigare le ritualità schivando contestazioni gavettoni e insulti.
Saronno.
Ogni 25 aprile qualche antifascista si sveglia prima del sindaco e gli rovina la festa.

Nella foto striscione affisso di prima mattina sul Municipio di Saronno

Appuntamento alle 10 in p.zza Libertà per il consueto corteo antifascista.

MINACCIA DI SGOMBERO

Nella mattinata di lunedì 25 marzo, un folto numero di sbirraglia di vario genere ha fatto capolino al campo sinti occupato qualche settimana fa, dopo la cacciata da via Lazzaretto. Poco prima di mezzogiorno le forze dell’ordine hanno desistito dallo sgomberare il campo con la forza nella mattinata stessa, avvisando che passeranno nei prossimi giorni. Il tutto con un malore di mezzo e l’intervento di ambulanza al fine di soccorrere una anziana della comunità. I sinti sono decisi a non andarsene e faranno tutto il possibile per rimanere nel campo che ad oggi è senza acqua, luce e gas. La sera di lunedì, durante un consiglio comunale blindato come va di moda ultimamente, una famiglia ha presenziato dando le spalle al sindaco una volta che questi ha preso la parola. Degno di nota anche il fatto che chiunque volesse assistere alla seduta fosse obbligato a consegnare il documento e farsi identificare dalla Polizia di Stato, segno evidente dell’aria che tira.

Di seguito pubblichiamo la testimonianza di chi ha seguito da vicino i fatti

Tira brutta aria a Gallarate.

Il vento di ieri, 25 marzo, ha sollevato molta rabbia, dubbi e incertezze.

Facciamo un passo indietro: a fine novembre 2018 i sinti dopo lo sgombero in Via del Lazzaretto vengono trasferiti temporaneamente presso un Hotel nel comune di Somma Lombardo, ma a fine dicembre, per festeggiare l’anno nuovo, alcuni di loro vengono rimessi in strada senza che gli venga data alcuna soluzione abitativa. Il 20 febbraio, stanchi di aspettare e di girare continuamente, hanno deciso di prendersi un altro terreno in via Aleardi, vicino alla discarica di Gallarate. Il terreno è privato e non è passato molto tempo perché partisse una denuncia (il terreno appartiene alla curia e a quanto pare gli è stato intimato di sporgere denuncia).

Domenica scorsa alcuni agenti della digos e soggetti vari hanno avvisato che a partire da lunedì avrebbero potuto sgomberarli. Non si sono fatti attendere poi tanto perché già lunedì 25 una trentina di sbirri si sono presentati al campo intimando ai sinti di lasciare il terreno, cosa che tanti non hanno intenzione di fare. Gli stessi sbirri hanno anche fatto capire che il 27 sarebbero tornati per effettuare lo sgombero ufficiale.

Parlando con alcune famiglie abbiamo saputo che l’avvocato ha suggerito loro di uscire dal campo volontariamente una volta avuto l’ordine di lasciare il terreno, per poi occuparne subito dopo un altro così da non rischiare una denuncia per resistenza. Ma a tutti pare una bella cazzata.

Altri soggetti (Acli) stanno cercando di organizzare un incontro tra Consiglio pastorale, affittuario del terreno e sinti. L’obiettivo è non solo di sospendere momentaneamente lo sgombero di mercoledì 27 per “trattative in corso”, ma anche di trovare una soluzione definitiva che consenta ai sinti di rimanere su quel terreno agricolo – per esempio che l’affittuario rinunci al terreno e che i sinti possano pagare un affitto al proprietario o, addirittura, comprare il terreno.

La situazione è estremamente precaria e grave: le persone sono senza acqua e senza corrente, non riescono a dormire e a riposare perché vivono costantemente con la paura che possano, di nuovo, essere sbattute fuori.

Molta è la rabbia e l’incertezza, anche se l’ipotesi di un incontro con la curia ha di nuovo abbassato i toni.

La sera del 25 marzo era indetto il consiglio comunale di Gallarate: quattro sbirri bloccavano l’ingresso e chiedevano i documenti. Per loro era del tutto normale che si venisse identificati. Talmente normale da alzare subito i toni, per poi iniziare a filmare.

Solo uno di noi è entrato, ma anche dentro la situazione era poco simpatica. La famiglia sinti che era dentro ci ha detto che, come segno di protesta, avrebbe voluto  mostrare la schiena ogniqualvolta avesse aperto bocca Cassani.

Attualmente le famiglie presenti al campo in via Aleardi sono 6/7 (circa una trentina di persone).

 

PRIMAVERA LEGNANESE

Nella serata di sabato 23 marzo un folto gruppo di ragazzi di Legnano e dintorni si sono ritrovati davanti al Parco Castello portando musica, banchetti e spettacoli di giocoleria col fuoco.
Il “Collettivo cani sciolti” in un volantino distribuito durante l’iniziativa spiega le motivazioni che hanno spinto il gruppo ad organizzarsi: “Qualcuno ha deciso che la normalità è questa: telecamere ad ogni angolo, l’insicurezza sociale ed economica, la paura dell’altro, gli spazi privati e inutilizzabili, vuoti, spenti, morti come loro vogliono morta la nostra rabbia e la nostra voglia di restare vivi e pulsanti […] Il nostro desiderio, quello che ci sta cuore e chi ci anima, è che i luoghi che ci circondano tornino a vivere. Tornino a pulsare di amore e di ogni forte emozione”.
Sono stati realizzati anche dei graffiti, in particolare due di notevole grandezza che recitano: AZIONE ANTIFA e UNITED AGAINST RACISM.
In una città che ha visto in un solo mese l’apertura di due sedi fasciste, La Gorgone di CasaPound e Avalon di Lealtà Azione, c’è chi ha deciso di non rimanere indifferente e di contrastare i loro messaggi di discriminazione e oppressione, portando messaggi di libertà e eguaglianza organizzandosi lontani da logiche di profitto e autorità.

CONDANNA PROCESSO EX-CUEM BIS

Mercoledì scorso (27 febbraio) è stata comunicata la sentenza della cassazione riguardante il processo “Ex-Cuem bis”. La sentenza ha confermato la condanna per tutti gli imputati a quattro mesi (considerato lo sconto di un terzo della pena per rito abbreviato). Data l’aria che si respira in questo Paese dopo le ultime elezioni politiche, questa sentenza non giunge inaspettata. La criminalizzazione di ogni tipo di tentativo di rispondere ai bisogni più comuni in maniera collettiva senza passare attraverso canali istituzionali non è, senza dubbio, una novità degli ultimi anni, ma è una lezione che il governo attuale ha imparato benissimo dai suoi predecessori.

Basti guardare le operazioni repressive di Milano, di Torino e di Trento: proprio in questo quadro di repressione sistematica l’esperienza dell’Ex-Cuem, come tentativo di costruire una risposta collettiva ai nostri bisogni, diventa un bagaglio della nostra storia recente che non possiamo permetterci di dimenticare.
Non vogliamo parlare di quanto o come questo processo sia stato una farsa. Di come quel giorno noi imputati assieme all’altra cinquantina di studenti presenti avessimo deciso di rimanere dentro l’Università, e di difendere ciò che ci era stato tolto con la forza. Non eravamo certo disposti a rinunciare: tanto basta per essere considerati “colpevoli” di resistenza.

A ben vedere, ciò che più fa specie, è che i nuovi studenti dell’Università in via Festa del Perdono, che passano per i corridoi tra una lezione e l’altra, non sappiano nulla di cosa sia stata l’Ex-Cuem. Nella loro narrazione avvelenata professori, rettore e vari media hanno fatto passare la libreria Ex-Cuem come il punto di raccolta di una pericolosa banda di scappati di casa, senza voglia di studiare, e chiaramente senza mai approfondire quel che succedeva effettivamente dentro (e fuori) quelle quattro mura.

La nostra voglia di studiare è dovuta alla nostra voglia di costruire, di cambiare, di distruggere, di ribaltare lo stato di cose attuali, uno stato di cose che ci sta portando all’autodistruzione come genere umano e di cui voi Professori spesso ne insegnate le basi e ne difendete i confini. Questa è una voglia che non si può liquidare con dei commenti di poco spessore sul chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Abbiamo affinato il nostro occhio critico, sviluppando uno sguardo che ormai è lontano da quello di chi vive nelle “torri d’avorio”, torri nelle quali si lavora alimentando il distacco tra il mondo Accademico e Scientifico e il resto della società civile; le Università, ormai aziende a tutti gli effetti, si sentono deresponsabilizzate da tutto ciò che accade al di fuori di loro.

Al contrario, un’esperienza come quella della libreria Ex-Cuem non traeva forza solo dalla risposta autorganizzata che forniva a tutte le mancanze dell’università (come ad esempio l’aula studio serale, le fotocopie ad offerta libera e la circolazione libera e gratuita del materiale universitario), ma anche dal tentativo di far da ponte tra l’università e il resto della città. A tal proposito sono stati condotti diversi laboratori, conferenze ed eventi culturali a vario titolo (come presentazioni di libri e performance artistiche) in grado di rivolgersi anche al resto della cittadinanza. Ebbene, la potenza dell’Ex-cuem non si esaurisce qui. È stato un enorme banco di prova per diversi individui, che si sono sperimentati nel costruire un percorso politico e sociale assieme.

Siamo stati condannati a quattro mesi di reclusione per aver preso chiaramente una parte, indipendentemente da questa o quella condotta tenuta il giorno dello sgombero. Il processo in questo senso è stato illuminante. Pochissime prove, tutt’al più testimonianze della Digos che ha visto tizio e caio fare le sentinelle, poi gli altri resistere come meglio abbiamo potuto alla carica. Resisteremmo ancora, e se possibile resisteremmo di più, per tutto quello che l’Ex-Cuem per noi rappresentava.
Ma i desideri e le passioni che hanno costruito l’Ex-Cuem pulsano ancora, resistono agli sfratti, si organizzano contro il sempre più pervasivo attacco ai poveri e agli sfruttati, si incendiano giocando nelle vie di Parigi, provano a tessere trame di solidarietà, studiano, approfondiscono.
Perchè, come scrivemmo sui muri di quella che fu l’Ex-Cuem, “non serve andare lontano, perché sotto ogni asfalto c’è il mare e dietro ogni angolo la luna”.

Gli Amputati

OSCURANTISMO SULLA PELLE DEI PIÙ DEBOLI

L’orologio della storia sta tornando indietro e l’oscurantismo è ormai nella pratica quotidiana di chi gestisce il potere.
Giovedì sera, nel Consiglio Comunale di Ceriano Laghetto, è stata approvata una mozione anti-abortista in cui si proclama Ceriano “Comune Pro Vita”.
La “meccanica grottesca del potere”, giorno dopo giorno, si palesa su vari fronti lasciando senza parole chi ha un minimo di razionalità e di buon senso.
Ormai nessuno è più libero delle proprie scelte; scelte, come quella dell’aborto, molto sofferte e difficoltose, che riguardano un’intimità e sentimenti che uomini grotteschi (ma rispecchianti la miseria del nostro tempo), come il sindaco Cattaneo, molto probabilmente non hanno mai provato.
Questi figuranti stanno cavalcando oggi questo ritorno al passato.
Non avere il ben che minimo rispetto nei confronti di donne che si ritrovano in situazioni di dover abortire è veramente troppo e non capiamo le stesse donne che fanno parte della maggioranza fascio leghista come non possano sentire qualche sussulto nell’approvare una mozione del genere.
Tanti auguri macchiette del potere, fate il pieno adesso che potete, ma gli esseri umani non si lasciano abbindolare a lungo e in quel momento la vostra popolarità sarà il vostro castigo.