Se i muri potessero parlare…

Da diversi anni nell’opinione pubblica ha iniziato a prendere piede il dibattito inerente le scritte che compaiono sui muri della città di Saronno: graffiti, disegni, murales, tag, slogan, sigle, motti e sentenze iniziano ad essere sempre più diffusi sulle pareti degli edifici saronnesi. Una realtà che ogni giorno si palesa sotto i nostri occhi di passanti e che merita di essere analizzata nella sua complessità.

C’era una volta la scritta
La storia insegna che i primi segni e le prime scritte sui muri e sulle timelinepareti risalgono ad epoche antichissime, addirittura preistoriche.
Escludendo i reperti organici ed i manufatti collezionati dall’archeologia, non saremmo a conoscenza di molte informazioni sulla vita degli uomini preistorici se questi ultimi non avessero tracciato delle incisioni sulle superfici delle caverne nelle quali abitavano: segni che esprimevano ricordi, intenzioni e desideri, come ad esempio quello di effettuare una buona battuta di caccia ai fini della sopravvivenza della propria tribù o del proprio clan.
Le civiltà occidentali, spesso richiamate come fulcro originario della nostra stessa cultura, non erano da meno: vi è una sterminata letteratura che illustra come lo scrivere e l’incidere i muri delle case e degli edifici cittadini fossero pratiche ampiamente diffuse sia nel mondo greco che in quello romano. E, cosa curiosa, i contenuti delle scritte di quei tempi non facevano riferimento a chissà quali profonde ed auliche indicazioni, ma anzi assomigliavano in modo incredibile, forse perfino divertente, a quelle che ritroviamo sulle pareti delle nostre città: c’era l’insulto agli abitanti del quartiere vicino, la sdolcinata dichiarazione d’amore, lo sfottò al commerciante per la merce avariata ed i prezzi troppo alti, la propaganda della propria fede politica o sportiva, la sentenza che sfiduciava l’operato dell’uomo politico o del comandante militare e molte altre ancora.
Le scritte e le incisioni sui muri resistono poi anche in epoca medievale (celebri sono le epigrafie che si ritrovano sulle pareti degli edifici dei Comuni cittadini) e continuano ad accompagnare la storia dell’uomo anche nei periodi storici successivi, attraversando l’epoca moderna sino a giungere al mondo contemporaneo ed ai nostri giorni.
A titolo di esempio, durante l’epoca del risorgimento italiano divenne famosissima la scritta “W Verdi”: essa appariva inizialmente come un semplice apprezzamento del celebre compositore musicale italiano ma in realtà non era nient’altro che l’acronimo della frase “Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia”. Essa veniva pertanto utilizzata dai dimostranti italiani per esprimere il proprio ideale politico senza correre il rischio di essere puniti dalle autorità austriache.
A partire dagli anni ’60 le scritte iniziarono invece a riflettere il clima di contestazione e il desiderio di cambiamento che pervasero quello stesso periodo: cominciarono a comparire slogan inneggianti alla rivalsa degli operai, agli scioperi, alle occupazioni delle fabbriche e delle scuole. A partire dagli anni ’70 e con la nascita del tifo organizzato le scritte di sostentamento alla propria squadra del cuore iniziano a comparire sempre più spesso sui muri delle città. E come non ricordare le scritte a caratteri cubitali tracciate sui muri dai militanti della Lega Nord con la vernice bianca agli inizi degli anni ’90? E la diffusione sempre maggiore delle tag dei writers e dei coloratissimi murales che ricoprivano (e ricoprono) le pareti degli edifici industriali in disuso o sui muri delle piazze e dei parchi di periferia? Il giudizio storico è manifesto ed oggettivo: sin dalla notte dei tempi e per le più disparate esigenze e motivazioni, l’uomo ha sempre scritto sui muri e sulle pareti.

Cogito ergo scribo
Dal punto di vista antropologico, la scritta sui muri pare essere un elemento costitutivo dell’essere umano sin dal periodo infantile: scrivere sui muri per un bambino è un’esperienza eccitante ed estremamente soddisfacente, in quanto essa sfocia nella reale produzione di un segno tangibile della propria esistenza. Lo scarabocchio tracciato con il pastello sulle pareti di casa e la conseguente arrabbiatura dei genitori sono ricordi che appartengono a molti di noi.
Dai muri di casa il bambino, crescendo, passa ai muri esterni, ad esempio quelli della scuola: ecco che ora la scritta diventa un modo per rendere pubbliche tutte quelle cose che non si ha il coraggio di dire ad alta voce o in altro modo. Scrivere “Abbasso la maestra” sulle pareti della classe è un modo per vendicarsi delle umiliazioni subite davanti a tutti da parte di quest’ultima, senza tuttavia rischiare di incorrere in una punizione o in un richiamo, perché la scritta sul muro non denuncia pubblicamente chi la compie. Inoltre, una volta prodotta la scritta, non si può conoscerne l’autore: la scritta non esprime più il pensiero di un singolo bambino, ma al contrario diventa un modo per esprimere la voce di tutti i bambini scontenti.
In età adolescenziale un primo canale di socializzazione è indubbiamente rappresentato dal mondo dello sport: se facciamo il tifo per un nostro amico che gioca a calcio o a basket gridiamo il suo nome per incitarlo e per esprimere il desiderio che vinca o che faccia delle giocate eccezionali. Scrivere su muri effettivamente è un po’ come gridare: la scritta diviene una modalità di espressione di un sentimento, di un desiderio o di un messaggio che si vuol far conoscere a tutti e che si vorrebbe che tutti condividessero.
Pian piano crescendo ci si accorge che si può scrivere su muri anche per ragioni più importanti, ossia per comunicare agli altri la propria visione del mondo. La scritta di protesta è sicuramente una delle categorie più diffuse e conosciute: questo si può notare soprattutto attraversando le periferie industriali ed i quartieri popolari delle grandi città, dove i muri raccolgono le proteste di coloro che nella nostra società non vivono bene e vorrebbero cambiarne determinati aspetti.
Ma a scrivere sui muri sono anche coloro che non vogliono protestare contro nulla, ma che vogliono solamente affermare il proprio pensiero affinché, senza costi eccessivi, lo stesso raggiunga il più ampio numero di persone: l’innamorato che scrive “Giovanna ti amo” sul muro della stazione ferroviaria spera sia che Giovanna passando legga tale dichiarazione sia che quest’ultima venga letta dal maggior numero possibile di individui e che questi vengano a conoscenza del suo sentimento per Giovanna.
In breve, potremmo a questo punto asserire che è la stessa esistenza di un muro pulito, unita alla voglia di manifestare pubblicamente il proprio pensiero, a scatenare nell’essere umano la voglia di scrivere su una superficie parietale. Uno dei principali tratti distintivi dell’uomo è infatti prima di tutto quello inerente la volontà di comunicare agli altri ciò che egli stesso pensa: non importa con quali modalità lo facciamo, il nostro scopo è solamente quello di comunicare il nostro pensiero al maggior numero possibile di persone: la scritta sul muro è stata ideata dall’uomo proprio per rispondere a questa esigenza ed è per tale motivo che essa gli appartiene costitutivamente.

Modalità e legittimità
La scritta sul muro è semplice, veloce ed estremamente efficace: non richiede l’impiego di mezzi costosi e complicati, bastano un pennarello, un pennello e un barattolo di vernice o una bomboletta spray per comunicare a tutti i nostri pensieri.
Utilizzare radio, tv e giornali per diffondere il proprio pensiero e la propria concezione del mondo è una prerogativa di persone facoltose o importanti: alla radio ed alla TV possono parlare un ministro, un industriale, un politico. Le scritte sui muri diventano così i giornali, le televisioni e le radio di chi non è né facoltose né importante.
Tuttavia, la Legge attualmente in vigore nel nostro paese proibisce di scrivere sui muri: chi viene colto nell’atto di tracciare scritte su muri di proprietà di qualcun altro (sia esso un privato o il Comune locale) viene di solito condannato ad una ammenda piuttosto elevata. L’autorità pubblica vieta che i muri della città vengano tappezzati dalle scritte: tuttavia essa consente, dietro l’ottenimento di regolare autorizzazione ed il pagamento dei relativi costi, l’installazione di enormi cartelloni commerciali, pubblicitari ed elettorali. La correlazione tra questi ultimi e le scritte sui muri è immediata: in fin dei conti sono esattamente la stessa cosa, ovvero messaggi e slogan diffusi in forma scritta e visibili a tutti.
Ne consegue, allora, che il fulcro della questione è rappresentato essenzialmente d10672271_10152266546306408_8676135752534250755_nallo statuto di legittimità della scritta e del soggetto che la compie: in effetti, con adeguate spese e regolari permessi ed autorizzazioni, è possibile esporre un cartellone con la nostra faccia e la nostra frase più celebre nel pieno centro cittadino senza incappare in alcun tipo di sanzioni.
Tuttavia, è noto che la forza e la potenza d’impatto di una scritta o di un graffito su un muro stiano in primis anche nell’atto di disobbedienza che ne accompagna l’esecuzione. Al piacere di scrivere su una superficie visibile a tutti si somma il gusto della sfida e della disobbedienza ad un divieto: l’esecuzione di un murales in pieno giorno dietro autorizzazione del Comune o di un privato è cosa ben diversa dal tracciare abusivamente una scritta di protesta sulla recinzione di una casa durante le ore notturne. Questo poiché, nel primo caso, oltre al mancato gusto della disobbedienza, si trova anche un’ovvia limitazione in merito all’espressione dei contenuti: l’autorità pubblica, ad esempio, non ci concederebbe mai il permesso di scrivere “Vogliamo meno tasse” sui muri del palazzo comunale.
Costi e benefici della scritta abusiva sono dunque ben chiari: se da un lato vi è il rischio di essere puniti per la propria condotta illegale e di incorrere nell’ira del proprietario del muro sopra il quale si scrive, è pur vero che dall’altro lato non vi sono limiti ai modi, ai mezzi ed ai luoghi di espressione del proprio pensiero.

E a Saronno?
A Saronno la politica istituzionale non ha dubbi: la scritta sul muro è da condannare senza se e senza ma, in quanto atto illegale e non autorizzato.
Sia da destra che da sinistra, la cronaca quotidiana riporta innumerevoli esempi di tale condanna. Ecco, allora, che troviamo il politico locale che prende l’iniziativa e decide di andare personalmente a cancellare alcune scritte, la critica dell’europarlamentare che chiede a coloro che hanno fatto le scritte di cancellarle, il comunicato del tal partito che condivide determinati contenuti e certe rivendicazioni ma non vuole che essi si trasformino in imbrattamenti degli edifici cittadini e così via. Ovviamente non manca l’impegno dell’Amministrazione Comunale, chiamata a gran voce a porre rimedio al fenomeno delle scritte sui muri e a darsi da fare affinché queste vengano rapidamente eliminate.
Un partito politico cittadino nel giugno del 2013 lancia addirittura una proposta risolutiva all’annoso problema, ovvero l’istituzione di una associazione di volontari che si metta all’opera per ripulire i muri di Saronno dalle numerose scritte che li deturpano.
Secondo gli esponenti del partito in questione “l’imbrattamento crea un impatto negativo sulla qualità della vita in città” ed esso “induce nei cittadini la deprimente sensazione di trascorrere la propria vita in un ambiente degradato”. Secondo costoro, in poche parole, “il degrado fisico di una città produce degrado sociale”.
Quest’ultimo ragionamento crolla non appena venga fatto un piccolo sforzo di riflessione che porti alla famosa immagine del detenuto che abbellisce la propria cella con fiori e disegni: il detenuto vive una condizione di prigionia e di insofferenza e per superarla non tenta di evadere dalla cella, ma semplicemente decide di rendere quest’ultima più piacevole con vari abbellimenti quali fiori e disegni colorati.
Facendo nostra questa immagine e associandola alle dichiarazioni degli esponenti del partito di cui sopra, si scopre che per costoro il degrado della vita di un individuo sarebbe determinato non tanto dalle reali difficoltà e necessità quotidiane (casa e mutuo, lavoro, disoccupazione, tasse, carovita, proibizioni e divieti vari, razzismo, emarginazione, disuguaglianze economiche e sociali, repressione del dissenso e chi più ne ha più ne metta) e cioè dal fatto di essere dentro ad una cella, ma unicamente dal contesto estetico entro il quale l’individuo si trova a vivere, e quindi dal fatto di essere dentro ad una cella brutta. Proviamo altresì ad immaginare un normale lavoratore che, rientrando a casa tra il caos del traffico serale ed essendo in ansia a causa dei numerosi problemi sopra riportati, riuscisse a trovare gioia e sollievo nei muri puliti e nelle aiuole ordinate del proprio quartiere: non è forse questa una scena poco credibile?
Inoltre, per quanto alcuni cittadini considerino la scritta sul muro al pari di uno scempio ambientale, gli stessi cittadini in questione non sembrano tuttavia mostrarsi così attenti e preoccupati per devastazioni e disastri ambientali ben peggiori, come ad esempio lo smog che paralizza il centro della città, la cementificazione sempre più selvaggia delle zone agricole circostanti, le enormi aree industriali inutilizzate e colme di rifiuti tossici ed infine la costruzione e l’ampliamento di arterie stradali già sovraffollate.

Le pagine della città
Riempiti dippi scritte e di disegni, i muri grigi di una città si trasformano in pagine colorate di vita quotidiana, leggendo le quali è possibile capire cosa succede nel nostro territorio e chi sono le persone che stanno intorno a noi. Se la comunicazione è prima di tutto scambio di conoscenze, allora anche una piccola scritta su un muro può trasformarsi in un veicolo di informazioni e contenuti che ci vengono sbattuti di fronte agli occhi in modo immediato e che non possiamo fare a meno di osservare, comprendere e rielaborare. Là dove la voce si perde nei meandri del tempo, la scritta rimane invece salda e ben visibile davanti a noi, come un appunto su un agenda che sta a ricordarci di volta in volta esigenze, presenze, richieste, relazioni, pensieri, ideali, fedi, usi e costumi delle persone che popolano la nostra città.

Inaugurata la prima tratta della Pedemontana Lombarda

Dopo 5 anni di lavori e decenni di chiacchiere il 24 e il 26 Gennaio c’è stata l’inaugurazione dei primi tratti dell’Autostrada Pedemontana Lombarda; il 24 è stata inaugurata la tangenzialina che in 4,5 km parte dall’uscita autostradale di Gazzada Schianno e termina sulla strada provinciale del ponte di Vedano Olona, costata circa 300 milioni di euro.manifestazione
Due giorni dopo è stata la volta del tratto A dell’autostrada, di circa 15 km, che da Cassano Magnago a Lomazzo unisce l’A8 Milano-Varese all’A9 Milano-Como.
Entro l’inizio di EXPO la Società Pedemontana conta di terminare la tratta, in cui fervono i lavori, tra Lomazzo e Lentate sul Seveso.
Come annunciato da Roberto Maroni l’autostrada rimarrà senza pedaggio, ma solo per il 2015.
Molte le critiche portate a questa ennesima grande opera, da quelle economiche, per i costi spropositati (circa 6 miliardi di euro, per ora quasi tutti pubblici quelli utilizzati), per la dubbia utilità dell’opera, e per l’insostenibilità ambientale del progetto che distruggerà una ampia fetta di territorio verde rimasto nelle zone dell’alto-milanese (non solo per il passaggio dell’autostrada ma anche per la costruzione di molte opere accessorie, come ad esempio la Varesina Bis).
Anche all’inaugurazione si è fatta sentire la voce dei contrari all’opera, qualche decina di persone che ha manifestato il proprio NO a questa ennesina autostrada.