MA CHE FREDDO FA

Mercoledì mattina, 18 gennaio, i ragazzi degli istituti superiori don Milani ed Eugenio Montale di Tradate hanno trovato la scuola al freddo. All’inizio i ragazzi sono regolarmente entrati, ma non nelle aule, in attesa che la situazione fosse riportata alla normalità. Dopo circa mezz’ora gran parte degli alunni dei due plessi scolastici in massa hanno abbandonato le strutture.
Non l’ha presa bene il preside dell’istituto Montale, Calogero Montagno, che considera l’assenza non giustificata.

CIE O NON CIE?

I sindaci dei Comuni intorno a Malpensa hanno preparato una lettera che invieranno al ministro dell’interno Minniti sulla questione CIE. Temono infatti, essendo l’aeroporto internazionale un punto sensibile per quanto riguarda le migrazioni e soprattutto le deportazioni, si possa proporre la costruzione di un centro di identificazione ed espulsione nella zona. Tutto questo a causa del vociferare da parte del nuovo (?) governo sulla proposta di costruire almeno un CIE in ogni regione. Una lettera è poca cosa, ma è degna di nota la CIE-fobia che i politicanti in cerca di consenso trasmettono tramite gli istinti più bassi alla popolazione varesotta.

LA QUIETE PRIMA DELLA TEMPESTA

È rimandata al 20 di questo mese l’esecuzione dello sfratto della clinica la Quiete di Varese, nella maroniana Lombardia. I lavoratori, che hanno occupato l’edificio, promettono battaglia per i prossimi giorni e hanno indetto un’assemblea permanente. Le aste andate a vuoto fanno presupporre un futuro segnato, ma è di questi giorni la notizia che un possibile compratore è alle porte. Al di là di questo è da segnalare la disponibilià alla lotta e la generosità in questo senso dimostrata fino ad ora da parte dei lavoratori della clinica in una città totalmente pacificata come Varese.

SCONTO MANCATO

Notizia di questi giorni è il ritrovamento in un fosso in provincia di Milano di 40 (quaranta!) kg di lettere cartacee indirizzate a centinaia di automobilisti che hanno utilizzato Pedemontana senza adempiere al pagamento del pedaggio. Il suggerimento che diamo al Robin Hood del caso, per la prossima volta, è di utilizzare la raccolta differenziata, per non nuocere all’ambiente ed essere più discreto nel far sparire i solleciti di pagamento. O tuttalpiù un tritacarte.

QUEL RAMO DEL LAGER DI COMO

Dopo le recenti direttive riguardo l’apertura di nuovi Centri per l’Identificazione e l’Espulsione sembra farsi strada l’ipotesi dell’apertura di un CIE a Como. L’assessore regionale alla Sicurezza, Protezione civile e Immigrazione Simona Bordonali (Lega Nord), dopo aver detto che «i Cie sono luoghi necessari da istituire per procedere con le espulsioni » ha osservato che Como «è fra le realtà più problematiche». E conclude chiedendo al ministero di avere più di un CIE in Lombardia, dando per verosimile la riapertura di un CIE a Milano.

IL PRIMO DELL’ANNO

Sarebbe potuto iniziare con un buon bottino l’anno di un giovane tunisino che attorno alla mezzanotte, puntando sul rumore dello scoccare dell’anno nuovo, ha ottenuto – mazza alla mano – un’apertura straordinaria di un nuovo negozio all’ultimo grido nel centro di Saronno. I Carabinieri di Saronno lo hanno acciuffato ancora dentro al negozio e lo hanno arrestato per furto aggravato e condotto al carcere di Busto Arsizio.

Di sbirri, provocazioni leghiste e altre quisquilie

A distanza di 15 giorni proponiamo qualche riflessione sul dispositivo repressivo, sia forze dell’ordine sia forze politiche, durante la tre giorni contro le frontiere a Saronno, focalizzando l’attenzione sui momenti di continuità e su quelli di discontinuità con il passato.

La solita canea mediatica, tipica di ogni momento di piazza nella città degli amaretti, ha seguito anche in questo caso la tre giorni contro le frontiere a Saronno.
Una tre giorni che oltre a favorire lo scambio, il confronto e la critica su idee e pratiche contro le frontiere, ha anche lasciato intravedere, volta più volta meno, alcune criticità riguardo la gestione dell’ordine pubblico e il dispositivo repressivo in generale, intendendo con questa espressione generica le forze politiche, le forze reazionarie, le forze dell’ordine e i mass media.
Partiamo dai fatti, conditi da qualche considerazione a margine.
Mercoledì 14 dicembre nel primo pomeriggio viene occupata la vecchia sede della Mutua in via Stampa Soncino 6. Uno stabile piuttosto grande e abbandonato dai primi anni duemila a ridosso del centro storico e a pochi passi dal Municipio e dalla Caserma dei Carabinieri.
Le iniziative della tre giorni iniziano il venerdì, con alcune iniziative di piazza pubbliche, alcune non pubbliche, e due momenti di discussione molto partecipati: uno riguardo le deportazioni e uno riguardo la seconda accoglienza.
Il venerdì due presidi alle due sedi di Poste Italiane a Saronno, uno mattutino improvvisato, e l’altro serale invece pubblico, informano decine di passanti del ruolo di Mistral Air e di Poste Italiane nella gestione delle deportazioni. Nel frattempo una quindicina di agenti in borghese presidia la stazione di Saronno armati di videocamere, pronti a riprendere da capo a piedi ogni persona considerata sospetta e/o giunta in città per prendere parte alla tre giorni.
Il presidio serale è costretto tra le forze dell’ordine, che però vengono eluse sia con blocchi a singhiozzo, sia in seguito sparpagliandosi tra il traffico serale, ricompattandosi poco dopo per un corteo in centro con cori e fumogeni.
La mattina seguente è la volta di un presidio a Fino Mornasco davanti alla sede della Rampinini, azienda privata di viaggi e trasporti che si presta, come Mistral Air (e quindi Poste Italiane), alla deportazione di migranti. Fuori dalla stazione un nutrito dispiegamento di celere e digos attende i manifestanti, che li aggirano e si piazzano davanti alla sede per il presidio.
La mattina del corteo il centro storico si sveglia con diversi occhi elettronici non funzionanti e ricoperto di scritte contro la sorveglianza, contro le deportazioni, contro le forze dell’ordine, contro Unicredit collusa con Erdogan, e in generale contro la gentrificazione lenta ma perpetua del centro storico, che con le nuove ordinanze e l’installazione di decine di nuove telecamere è sempre più un centro commerciale a cielo aperto, simbolo della Saronno che vorrebbe chi detiene, a vario titolo, il potere in città.
Nel pomeriggio il concentramento per il corteo è come al solito nei pressi della stazione, in piazza San Francesco, che però viene occupata un’oretta prima del ritrovo da un gazebo della Lega Nord, partito di maggioranza dell’amministrazione comunale. I compagni che provano a raggiungerla in corteo dallo spazio occupato vengono impacchettati, scortati e poi spostati a poche decine di metri dal gazebo leghista, in direzione della stazione ferroviaria, divisi da un nutrito cordone di celere. Un altro cordone blocca la via nell’altro senso, bloccando e impedendo quindi ogni possibilità di movimento. Il corteo si trasforma quindi in presidio, che dura un paio d’ore prima di sciogliersi dopo qualche coro e qualche intervento al megafono.
Nei giorni seguenti la solita pioggia di polemiche e condanne unisce i diversi schieramenti politici, lamentandosi del traffico e delle scritte, oltre che della presunta impunità (?!) di questi refrattari all’ordine costituito.

Dai fatti di questi giorni constatiamo come la Questura di Varese, oltre all’ormai consueto lavoro di schedatura e videoripresa, abbia predisposto un pacchetto sicurezza da grandi occasioni. La scelta è ovviamente politica e concerne tanto il Questore quanto Sindaco e Prefetto. Il cambio di passo consiste proprio nell’alzare il livello della repressione di piazza: da un lato con la forza poliziesca e di Stato, dall’altro – non meno subdolo e rilevante, con una strategia politica infima – con il posizionarsidei leghisti,con tanto di bandiere, a poche decine di metri dal punto di partenza di un corteo antirazzista e contro le frontiere (ovviamentescortati da un dispositivo di un centinaio di forze dell’ordine),mettendo in atto una chiara provocazione. Non è un caso inoltre, che a poche centinaia di metri dal gazebo leghista ci fosse un altro gazebo, presidiato dai militanti del partito di maggioranza più spostato a destra.
Nelle dichiarazioni postume del sindaco-sceriffo emerge il vanto riguardo i provvedimenti repressivi e polizieschi presi in questi primi mesi di governo della città: militarizzazione della Polizia Locale, aumento del controllo e della repressione verso venditori di strada e poveri in generale, raddoppio del sistema di videosorveglianza cittadino.
Riguardo la presenza conflittuale in città la nuova politica repressiva consiste quindi, come anche dichiarato dal sindaco stesso, nel pugno di ferro: pioggia di fogli di via ad hoc, pretestuose multe per volantinaggi o attacchinaggi, per arrivare infine alla provocazionedi piazza.
Nient’altro che cose di cui prendere atto.
Al pari di come c’è da prendere atto che la scelta di impedire con il dispositivo repressivo il corteo di domenica non sia stata una scelta di ordine pubblico o di gestione della viabilità, tant’è che rimanendo costretti in presidio in stazione il centro è rimasto sia blindato sia off limits alla viabilità, non risolvendo nessuna delle due questioni di cui sopra.
Al contrario le ragioni di questa scelta sono ben diverse da quelle decantate dalla canea mediatica che ha fedelmente riportato le parole dei partiti di maggioranza. Si è palesato invece l’intento repressivo di contenere una presenza indesiderata in quanto non dialogante con l’autorità, ma così facendo è stata impedita soltanto la comunicatività del corteo, non la presenza in piazza o le code alle porte della città.
E proprio questo è stato nei fatti l’intento poliziesco: dividere il corteo/presidio dai saronnesi, creare e blindare una sorta di “zona rossa”, impacchettare i manifestanti e quindi creare un clima di tensione che ha poi impedito ogni possibilità di comunicazione con la città.
Ogni momento, ogni situazione potenzialmente conflittuale si inseriscono nel più ampio rapporto con le forze dell’ordine, che in questi ultimi anni hanno provato in ogni modo (denunce a raffica, avvisi orali, fogli di via, goffi tentativi di reati associativi e sorveglianza speciale) a limitare e ridurre la presenza conflittuale sul territorio. Anche in quest’ottica può essere letta, secondo noi, la provocazione poliziesca e il dispositivo messo in piedi.
Di tutto questo c’è da prendere atto, consapevoli di come la comunicazione sia praticabile sotto diverse forme, e la fantasia in questo è una buona compagna di avventura, ma ben consapevoli di come l’agibilità politica si conquisti e si difenda metro per metro, colpo su colpo.

E che la presenza in città di chi degrada le nostre vite con la miseria della guerra tra poveri, con la silenziosa violenza di chi ha dalla sua la Legge, di chi specula – da sciacallo – sulla vita e sulla morte di migliaia di persone continui a necessitare della protezione dei servi in divisa, perché le parole hanno un peso. E le azioni anche.

Saronno, 3 gennaio 2017