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Se i muri potessero parlare…

Da diversi anni nell’opinione pubblica ha iniziato a prendere piede il dibattito inerente le scritte che compaiono sui muri della città di Saronno: graffiti, disegni, murales, tag, slogan, sigle, motti e sentenze iniziano ad essere sempre più diffusi sulle pareti degli edifici saronnesi. Una realtà che ogni giorno si palesa sotto i nostri occhi di passanti e che merita di essere analizzata nella sua complessità.

C’era una volta la scritta
La storia insegna che i primi segni e le prime scritte sui muri e sulle timelinepareti risalgono ad epoche antichissime, addirittura preistoriche.
Escludendo i reperti organici ed i manufatti collezionati dall’archeologia, non saremmo a conoscenza di molte informazioni sulla vita degli uomini preistorici se questi ultimi non avessero tracciato delle incisioni sulle superfici delle caverne nelle quali abitavano: segni che esprimevano ricordi, intenzioni e desideri, come ad esempio quello di effettuare una buona battuta di caccia ai fini della sopravvivenza della propria tribù o del proprio clan.
Le civiltà occidentali, spesso richiamate come fulcro originario della nostra stessa cultura, non erano da meno: vi è una sterminata letteratura che illustra come lo scrivere e l’incidere i muri delle case e degli edifici cittadini fossero pratiche ampiamente diffuse sia nel mondo greco che in quello romano. E, cosa curiosa, i contenuti delle scritte di quei tempi non facevano riferimento a chissà quali profonde ed auliche indicazioni, ma anzi assomigliavano in modo incredibile, forse perfino divertente, a quelle che ritroviamo sulle pareti delle nostre città: c’era l’insulto agli abitanti del quartiere vicino, la sdolcinata dichiarazione d’amore, lo sfottò al commerciante per la merce avariata ed i prezzi troppo alti, la propaganda della propria fede politica o sportiva, la sentenza che sfiduciava l’operato dell’uomo politico o del comandante militare e molte altre ancora.
Le scritte e le incisioni sui muri resistono poi anche in epoca medievale (celebri sono le epigrafie che si ritrovano sulle pareti degli edifici dei Comuni cittadini) e continuano ad accompagnare la storia dell’uomo anche nei periodi storici successivi, attraversando l’epoca moderna sino a giungere al mondo contemporaneo ed ai nostri giorni.
A titolo di esempio, durante l’epoca del risorgimento italiano divenne famosissima la scritta “W Verdi”: essa appariva inizialmente come un semplice apprezzamento del celebre compositore musicale italiano ma in realtà non era nient’altro che l’acronimo della frase “Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia”. Essa veniva pertanto utilizzata dai dimostranti italiani per esprimere il proprio ideale politico senza correre il rischio di essere puniti dalle autorità austriache.
A partire dagli anni ’60 le scritte iniziarono invece a riflettere il clima di contestazione e il desiderio di cambiamento che pervasero quello stesso periodo: cominciarono a comparire slogan inneggianti alla rivalsa degli operai, agli scioperi, alle occupazioni delle fabbriche e delle scuole. A partire dagli anni ’70 e con la nascita del tifo organizzato le scritte di sostentamento alla propria squadra del cuore iniziano a comparire sempre più spesso sui muri delle città. E come non ricordare le scritte a caratteri cubitali tracciate sui muri dai militanti della Lega Nord con la vernice bianca agli inizi degli anni ’90? E la diffusione sempre maggiore delle tag dei writers e dei coloratissimi murales che ricoprivano (e ricoprono) le pareti degli edifici industriali in disuso o sui muri delle piazze e dei parchi di periferia? Il giudizio storico è manifesto ed oggettivo: sin dalla notte dei tempi e per le più disparate esigenze e motivazioni, l’uomo ha sempre scritto sui muri e sulle pareti.

Cogito ergo scribo
Dal punto di vista antropologico, la scritta sui muri pare essere un elemento costitutivo dell’essere umano sin dal periodo infantile: scrivere sui muri per un bambino è un’esperienza eccitante ed estremamente soddisfacente, in quanto essa sfocia nella reale produzione di un segno tangibile della propria esistenza. Lo scarabocchio tracciato con il pastello sulle pareti di casa e la conseguente arrabbiatura dei genitori sono ricordi che appartengono a molti di noi.
Dai muri di casa il bambino, crescendo, passa ai muri esterni, ad esempio quelli della scuola: ecco che ora la scritta diventa un modo per rendere pubbliche tutte quelle cose che non si ha il coraggio di dire ad alta voce o in altro modo. Scrivere “Abbasso la maestra” sulle pareti della classe è un modo per vendicarsi delle umiliazioni subite davanti a tutti da parte di quest’ultima, senza tuttavia rischiare di incorrere in una punizione o in un richiamo, perché la scritta sul muro non denuncia pubblicamente chi la compie. Inoltre, una volta prodotta la scritta, non si può conoscerne l’autore: la scritta non esprime più il pensiero di un singolo bambino, ma al contrario diventa un modo per esprimere la voce di tutti i bambini scontenti.
In età adolescenziale un primo canale di socializzazione è indubbiamente rappresentato dal mondo dello sport: se facciamo il tifo per un nostro amico che gioca a calcio o a basket gridiamo il suo nome per incitarlo e per esprimere il desiderio che vinca o che faccia delle giocate eccezionali. Scrivere su muri effettivamente è un po’ come gridare: la scritta diviene una modalità di espressione di un sentimento, di un desiderio o di un messaggio che si vuol far conoscere a tutti e che si vorrebbe che tutti condividessero.
Pian piano crescendo ci si accorge che si può scrivere su muri anche per ragioni più importanti, ossia per comunicare agli altri la propria visione del mondo. La scritta di protesta è sicuramente una delle categorie più diffuse e conosciute: questo si può notare soprattutto attraversando le periferie industriali ed i quartieri popolari delle grandi città, dove i muri raccolgono le proteste di coloro che nella nostra società non vivono bene e vorrebbero cambiarne determinati aspetti.
Ma a scrivere sui muri sono anche coloro che non vogliono protestare contro nulla, ma che vogliono solamente affermare il proprio pensiero affinché, senza costi eccessivi, lo stesso raggiunga il più ampio numero di persone: l’innamorato che scrive “Giovanna ti amo” sul muro della stazione ferroviaria spera sia che Giovanna passando legga tale dichiarazione sia che quest’ultima venga letta dal maggior numero possibile di individui e che questi vengano a conoscenza del suo sentimento per Giovanna.
In breve, potremmo a questo punto asserire che è la stessa esistenza di un muro pulito, unita alla voglia di manifestare pubblicamente il proprio pensiero, a scatenare nell’essere umano la voglia di scrivere su una superficie parietale. Uno dei principali tratti distintivi dell’uomo è infatti prima di tutto quello inerente la volontà di comunicare agli altri ciò che egli stesso pensa: non importa con quali modalità lo facciamo, il nostro scopo è solamente quello di comunicare il nostro pensiero al maggior numero possibile di persone: la scritta sul muro è stata ideata dall’uomo proprio per rispondere a questa esigenza ed è per tale motivo che essa gli appartiene costitutivamente.

Modalità e legittimità
La scritta sul muro è semplice, veloce ed estremamente efficace: non richiede l’impiego di mezzi costosi e complicati, bastano un pennarello, un pennello e un barattolo di vernice o una bomboletta spray per comunicare a tutti i nostri pensieri.
Utilizzare radio, tv e giornali per diffondere il proprio pensiero e la propria concezione del mondo è una prerogativa di persone facoltose o importanti: alla radio ed alla TV possono parlare un ministro, un industriale, un politico. Le scritte sui muri diventano così i giornali, le televisioni e le radio di chi non è né facoltose né importante.
Tuttavia, la Legge attualmente in vigore nel nostro paese proibisce di scrivere sui muri: chi viene colto nell’atto di tracciare scritte su muri di proprietà di qualcun altro (sia esso un privato o il Comune locale) viene di solito condannato ad una ammenda piuttosto elevata. L’autorità pubblica vieta che i muri della città vengano tappezzati dalle scritte: tuttavia essa consente, dietro l’ottenimento di regolare autorizzazione ed il pagamento dei relativi costi, l’installazione di enormi cartelloni commerciali, pubblicitari ed elettorali. La correlazione tra questi ultimi e le scritte sui muri è immediata: in fin dei conti sono esattamente la stessa cosa, ovvero messaggi e slogan diffusi in forma scritta e visibili a tutti.
Ne consegue, allora, che il fulcro della questione è rappresentato essenzialmente d10672271_10152266546306408_8676135752534250755_nallo statuto di legittimità della scritta e del soggetto che la compie: in effetti, con adeguate spese e regolari permessi ed autorizzazioni, è possibile esporre un cartellone con la nostra faccia e la nostra frase più celebre nel pieno centro cittadino senza incappare in alcun tipo di sanzioni.
Tuttavia, è noto che la forza e la potenza d’impatto di una scritta o di un graffito su un muro stiano in primis anche nell’atto di disobbedienza che ne accompagna l’esecuzione. Al piacere di scrivere su una superficie visibile a tutti si somma il gusto della sfida e della disobbedienza ad un divieto: l’esecuzione di un murales in pieno giorno dietro autorizzazione del Comune o di un privato è cosa ben diversa dal tracciare abusivamente una scritta di protesta sulla recinzione di una casa durante le ore notturne. Questo poiché, nel primo caso, oltre al mancato gusto della disobbedienza, si trova anche un’ovvia limitazione in merito all’espressione dei contenuti: l’autorità pubblica, ad esempio, non ci concederebbe mai il permesso di scrivere “Vogliamo meno tasse” sui muri del palazzo comunale.
Costi e benefici della scritta abusiva sono dunque ben chiari: se da un lato vi è il rischio di essere puniti per la propria condotta illegale e di incorrere nell’ira del proprietario del muro sopra il quale si scrive, è pur vero che dall’altro lato non vi sono limiti ai modi, ai mezzi ed ai luoghi di espressione del proprio pensiero.

E a Saronno?
A Saronno la politica istituzionale non ha dubbi: la scritta sul muro è da condannare senza se e senza ma, in quanto atto illegale e non autorizzato.
Sia da destra che da sinistra, la cronaca quotidiana riporta innumerevoli esempi di tale condanna. Ecco, allora, che troviamo il politico locale che prende l’iniziativa e decide di andare personalmente a cancellare alcune scritte, la critica dell’europarlamentare che chiede a coloro che hanno fatto le scritte di cancellarle, il comunicato del tal partito che condivide determinati contenuti e certe rivendicazioni ma non vuole che essi si trasformino in imbrattamenti degli edifici cittadini e così via. Ovviamente non manca l’impegno dell’Amministrazione Comunale, chiamata a gran voce a porre rimedio al fenomeno delle scritte sui muri e a darsi da fare affinché queste vengano rapidamente eliminate.
Un partito politico cittadino nel giugno del 2013 lancia addirittura una proposta risolutiva all’annoso problema, ovvero l’istituzione di una associazione di volontari che si metta all’opera per ripulire i muri di Saronno dalle numerose scritte che li deturpano.
Secondo gli esponenti del partito in questione “l’imbrattamento crea un impatto negativo sulla qualità della vita in città” ed esso “induce nei cittadini la deprimente sensazione di trascorrere la propria vita in un ambiente degradato”. Secondo costoro, in poche parole, “il degrado fisico di una città produce degrado sociale”.
Quest’ultimo ragionamento crolla non appena venga fatto un piccolo sforzo di riflessione che porti alla famosa immagine del detenuto che abbellisce la propria cella con fiori e disegni: il detenuto vive una condizione di prigionia e di insofferenza e per superarla non tenta di evadere dalla cella, ma semplicemente decide di rendere quest’ultima più piacevole con vari abbellimenti quali fiori e disegni colorati.
Facendo nostra questa immagine e associandola alle dichiarazioni degli esponenti del partito di cui sopra, si scopre che per costoro il degrado della vita di un individuo sarebbe determinato non tanto dalle reali difficoltà e necessità quotidiane (casa e mutuo, lavoro, disoccupazione, tasse, carovita, proibizioni e divieti vari, razzismo, emarginazione, disuguaglianze economiche e sociali, repressione del dissenso e chi più ne ha più ne metta) e cioè dal fatto di essere dentro ad una cella, ma unicamente dal contesto estetico entro il quale l’individuo si trova a vivere, e quindi dal fatto di essere dentro ad una cella brutta. Proviamo altresì ad immaginare un normale lavoratore che, rientrando a casa tra il caos del traffico serale ed essendo in ansia a causa dei numerosi problemi sopra riportati, riuscisse a trovare gioia e sollievo nei muri puliti e nelle aiuole ordinate del proprio quartiere: non è forse questa una scena poco credibile?
Inoltre, per quanto alcuni cittadini considerino la scritta sul muro al pari di uno scempio ambientale, gli stessi cittadini in questione non sembrano tuttavia mostrarsi così attenti e preoccupati per devastazioni e disastri ambientali ben peggiori, come ad esempio lo smog che paralizza il centro della città, la cementificazione sempre più selvaggia delle zone agricole circostanti, le enormi aree industriali inutilizzate e colme di rifiuti tossici ed infine la costruzione e l’ampliamento di arterie stradali già sovraffollate.

Le pagine della città
Riempiti dippi scritte e di disegni, i muri grigi di una città si trasformano in pagine colorate di vita quotidiana, leggendo le quali è possibile capire cosa succede nel nostro territorio e chi sono le persone che stanno intorno a noi. Se la comunicazione è prima di tutto scambio di conoscenze, allora anche una piccola scritta su un muro può trasformarsi in un veicolo di informazioni e contenuti che ci vengono sbattuti di fronte agli occhi in modo immediato e che non possiamo fare a meno di osservare, comprendere e rielaborare. Là dove la voce si perde nei meandri del tempo, la scritta rimane invece salda e ben visibile davanti a noi, come un appunto su un agenda che sta a ricordarci di volta in volta esigenze, presenze, richieste, relazioni, pensieri, ideali, fedi, usi e costumi delle persone che popolano la nostra città.

Inaugurata la prima tratta della Pedemontana Lombarda

Dopo 5 anni di lavori e decenni di chiacchiere il 24 e il 26 Gennaio c’è stata l’inaugurazione dei primi tratti dell’Autostrada Pedemontana Lombarda; il 24 è stata inaugurata la tangenzialina che in 4,5 km parte dall’uscita autostradale di Gazzada Schianno e termina sulla strada provinciale del ponte di Vedano Olona, costata circa 300 milioni di euro.manifestazione
Due giorni dopo è stata la volta del tratto A dell’autostrada, di circa 15 km, che da Cassano Magnago a Lomazzo unisce l’A8 Milano-Varese all’A9 Milano-Como.
Entro l’inizio di EXPO la Società Pedemontana conta di terminare la tratta, in cui fervono i lavori, tra Lomazzo e Lentate sul Seveso.
Come annunciato da Roberto Maroni l’autostrada rimarrà senza pedaggio, ma solo per il 2015.
Molte le critiche portate a questa ennesima grande opera, da quelle economiche, per i costi spropositati (circa 6 miliardi di euro, per ora quasi tutti pubblici quelli utilizzati), per la dubbia utilità dell’opera, e per l’insostenibilità ambientale del progetto che distruggerà una ampia fetta di territorio verde rimasto nelle zone dell’alto-milanese (non solo per il passaggio dell’autostrada ma anche per la costruzione di molte opere accessorie, come ad esempio la Varesina Bis).
Anche all’inaugurazione si è fatta sentire la voce dei contrari all’opera, qualche decina di persone che ha manifestato il proprio NO a questa ennesina autostrada.

Kurdistan

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“Il popolo curdo tra resistenza e rivoluzione”.
Martedì 25 Novembre si è svolto un incontro al Kinesis di Tradate sulla resistenza in Kurdistan, portata avanti dal PKK-PYD: un movimento popolare di uomini e donne, al di là delle barriere nazionali, etniche e religiose.
Proponiamo di seguito un montaggio degli interventi di Daniele Pepino, del MED (centro interculturale curdo) e del Gruppo Femminista ReFE Milano, che cercheranno di spiegare cosa realmente stia accadendo in un paese smembrato da una guerra civile.

Mettiamo a disposizione per chi volesse approfondire la registrazione dell’incontro senza tagli, divisi tra i tre principali interventi avvenuti:

INTRODUZIONE di Daniele Pepino, clicca per scaricare l’audio. (16,1MB)

INTERVENTO RAGAZZO CURDO, clicca per scaricare l’audio.(18.7MB)

INTERVENTO ReFe MILANO, clicca per scaricare l’audio.(16MB)

Calcio popolare

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Il piccolo Lebowsky

Negli ultimi anni si sono moltiplicati casi di società gestite attraverso l’azionariato popolare, ovvero la divisione della proprietà societaria tra più soggetti possibile attraverso il pagamento di una quota stagionale.
Troviamo esempi di questa pratica nei campionati maggiori di tutta Europa, con squadre come il Barcellona, l’Athletic Bilbao, il Bayern Monaco, ma è nel mondo del calcio minore, quello dilettantistico, che questa pratica trova il suo ambiente migliore: togliendo la possibilità a imprenditori di sfruttare una società per la propria scalata nel mondo del business calcistico, come successo a Saronno con Enrico Preziosi, e riconoscendo il valore di chi vive con passione il calcio, rimanendo distanti da logiche di mercato.
Questa forma di gestione societaria riporta il calcio alla sua dimensione popolare originaria, aggiungendo al ruolo del tifoso una partecipazione attiva nelle decisioni che riguardano la società, o, ancora più interessante, la possibilità di creare una società unicamente formata dai tifosi. Emblematica in questo contesto è la storia dell’ F.C. United of Manchester: contemporaneamente all’acquisto della proprietà della società del Manchester United da parte dell’imprenditore americano Malcolm Glazer alcuni tifosi dei Red Devils, una delle squadre più titolate e seguite dell’Inghilterra, decidono di ridare una squadra ai cittadini di Manchester, creando così l’F.C. United, la squadra dei tifosi. Moltissimi sono stati i tifosi che hanno seguito questo progetto, riempiendo in migliaia gli stadi della nuova squadra, partita nella sua prima stagione dall’ultimo livello del campionato inglese.
Anche in Italia ci sono molti esempi di gestione societaria attraverso l’azionariato popolare, principalmente nel calcio dilettantistico, nei quali è riscontrabile un attaccamento alla squadra molto forte e una partecipazione molto numerosa.
Crediamo che quello del Centro Storico Lebowski sia un esempio che valga la pena conoscere.
Nel 2004 un gruppo di amici accomunati dall’amore per il calcio e per lo stadio decidono di lasciare la curva Fiesole (storica curva della Fiorentina, la squadra principale di Firenze) per ricominciare dal calcio minore. Vanno così a pescare una squadra di Terza Categoria che si trovava in ultima posizione con una differenza reti incredibilmente negativa, l’A.C. Lebowski, di cui diventano i tifosi.
Sei anni dopo, nel 2010, gli Ultimi Rimasti Lebowski, questo il nome del gruppo ultras al seguito della squadra, decidono di fare il salto di qualità e di creare una società da loro gestita: nasce così il Centro Storico Lebowski.
Il Lebowski rappresenta l’alternativa a quel calcio che ormai non ha più nulla di popolare e originario, che ha portato centinaia di persone ad agire in prima persona per una semplice squadra di terza categoria, che ad ogni partita creano un clima carico di passione, e che a tutto questo riescono ad unire anche ottimi risultati sportivi. Negli ultimi 2 anni è stato protagonista di 2 promozioni e attualmente il C.S. Lebowski sta disputando il campionato di Prima Categoria.
Col passare degli anni la squadra ha guadagnato popolarità, tanto che molti giocatori, provenienti da categorie superiori, hanno deciso di giocare per i grigioneri rinunciando allo stipendio; è questo uno dei principi fondanti della squadra: nessuno, che sia dirigente, giocatore o allenatore, sarà stipendiato dalla società.
E’ un esempio apprezzabile, che riavvicina al calcio minore, fatto di sudore, campetti disastrati, divertimento e attaccamento, un processo che possa ridare vita allo sport che tante persone ha fatto innamorare da bambini, ma che, crescendo, ha finito per disgustarle.
E’ un calcio che non vuole avvicinarsi al mondo tanto criticato delle categorie professionistiche, che vuole rimanere sano e partecipato, che non vuole essere infangato dalle logiche di mercato, da sponsorizzazioni, da calciatori mercenari strapagati e da imprenditori opportunisti.

La piccola Saronno

Strana sorte quella dell’FBC Saronno: nato tra le prime 50 squadre in Italia ha vissuto il suo apice calcistico negli anni ’90, con una presenza costante nelle allora serie C1 e C2. Nel ’97 disputò i play-off per salire in Serie B, ma qualcosa andò storto. Già, perché in quell’anno il presidente del Saronno era l’imprenditore Enrico Preziosi, il quale dopo la vittoria per 1-0 contro il Carpi nell’andata delle due partite decisive per l’accesso alla serie cadetta annunciò l’intenzione di vendere l’FBC Saronno per acquistare il Como Calcio. La notizia destabilizzò non poco lo spogliatoio, e la gara di ritorno finì con una netta sconfitta: 3-0, con promozione per la squadra di Carpi.
Negli anni successivi il Saronno cercò di rimanere a galla in una situazione difficile dal punto di vista economico e di risultati sul campo, finché nel 2000 arrivò il primo fallimento.
Il primo decennio del 2000 assistette a vari tentativi di rinascita del Saronno calcio, sempre con scarsi risultati.
Chi segue il calcio sa che ora Enrico Preziosi è oggi il presidente del Genoa CFC, da oramai numerose stagioni militante in Serie A.
Nel ’97 Preziosi lascia il Saronno e approda al Como. Qui nel 2001 ottiene la promozione in Serie B, e la stagione seguente addirittura conquista una storica promozione alla Serie A.
L’anno successivo però la squadra non si conferma e retrocede nuovamente in Serie B. Comincia quindi la crisi anche per i lariani, abbandonati dal presidente Preziosi durante la stagione che li vedrà retrocedere in C1. Successivamente arriverà un’altra retrocessione ed infine il fallimento.
Mentre viene emessa contro Preziosi un’ordinanza di custodia cautelare per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio, nel 2003 lo stesso acquista il Genoa CFC.
Questo è solo uno spaccato tipico di quello che viene chiamato calcio moderno.
La storia dell’FBC e del suo fallimento non è un caso isolato nel panorama calcistico e può fornirci una chiave di lettura paradigmatica di come si sia evoluto il fenomeno calcistico negli ultimi 20-30 anni.
Da una parte abbiamo Preziosi come emblema dell’imprenditore che sfrutta le piccole società per arrivare alla grande piazza.
Dall’altra parte abbiamo l’FBC, simbolo della piccola società, ma forse meglio della piccola cittadina che, dopo aver vissuto anni d’oro, si risveglia improvvisamente senza una squadra, per il semplice fatto di essere appunto una realtà di provincia, con scarsi margini di guadagno e di visibilità in confronto a quelli possibili in una grande città, e per questo di non essere all’altezza di avere una squadra competitiva nei massimi campionati nazionali.
È una semplice questione di mercato: se a Saronno guadagni 10 a Como puoi guadagnare 100.
Ma perché accontentarsi di 100 se a Genova puoi guadagnare 1000?
Il caso Preziosi è esemplare: il calcio tutto segue queste logiche, non è più sufficiente riempire gli stadi di tifosi, anzi si assiste ad un progressivo allontanamento, forzato o meno, delle masse dagli stadi, bisogna massimizzare i profitti con pay tv, sponsor, pubblicità, azionisti, eventi mediatici, tutto questo accompagnato dalla repressione verso quel movimento che in Italia ha preso il nome di ultras. Cambia il tipo di tifoso che è possibile incontrare negli stadi. Non più masse di giovani provenienti dai quartieri popolari, ma famiglie dei ceti medi e professionisti danarosi, pronti a spendere molti soldi all’interno dello stadio. Cambia per questo la forma e il senso degli stadi, non più adatti a contenere il numero elevatissimo di persone per cui erano costruiti negli anni ’80 e ’90, ma meno capienti per dare spazio a zone commerciali piene di merchandise della squadra locale.
Il calcio smette così di essere quello sport popolare che avevamo conosciuto e diventa uno strumento di lucro; in una situazione del genere non c’è evidentemente più spazio per la passione, ma solo per il profitto.

BreBeMi: il flop della nuova autostrada è visibile a tutti

Tra gli automobilisti lombardi continua a riscuotere poco successo la scelta di percorrere la nuova autostrada che collega Brescia a Milano, forse anche a causa dei costi troppo elevati: ogni auto o moto che percorre infatti la A35 BreBeMi dalla barriera di Chiari est a Liscate spende all’incirca 15 centesimi a kilometro.

Dopo aver inaugurato la nuova strada il 23 luglio 2014, il piano industriale prevedeva flussi giornalieri iniziali di 40mila veicoli e successivamente il transito di circa 60 mila veicoli una volta a regime: mai come in questo caso le previsioni si sono rivelate errate. Nella prima settimana infatti i mezzi in transito sono stati 16 mila ed ora, dati alla mano, sembra si viaggi attorno ai 20 mila accessi giornalieri. Chiunque, transitando in prossimità della nuova autostrada, può rendersi conto del clamoroso flop osservando la scarsità dei veicoli che la percorrono: i ragazzi del centro sociale bergamasco “Pacì Paciana” hanno addirittura diffuso sul web un video in cui li si vede giocare tranquillamente a calcio lungo il tracciato al fine di testimoniare l’inutilità del progetto.

Se da un lato la società costruttrice di BreBeMi afferma che “è presto per i bilanci”, dall’altro la stessa si trova ora a fare i conti con un tratto di autostrada che, oltre ad aver causato un danno ambientale di notevoli dimensioni (sono centinaia gli ettari agricoli sacrificati all’asfalto) e ad aver riportato dei costi di costruzione sorprendentemente alti (si parla di 2,4 milardi di Euro), rimane ad oggi semi-desterta e largamente inutilizzata.

Ronde elettorali

Dal 21 novembre hanno fatto la loro comparsa sul territorio saronnese le ronde.
Uno sparuto numero di militanti del legnanese di Forza Nuova e di Fiamma Tricolore, partiti di chiara ispirazione neofascista, per una sera alla settimana si è impegnato a passeggiare per la città degli amaretti, con l’intenzione di contribuire in questo modo ad accrescere la sicurezza e combattesicurezza-3re il “degrado”.
Le ronde in questione non paiono essere state autorizzate dal Comune di Saronno, come previsto dal Decreto Maroni del 2009, che ne regolamenta lo svolgimento.
Queste passeggiate serali dei militanti forzanovisti e della fiamma sono partite proprio mentre la campagna elettorale per l’elezione del nuovo sindaco inizia a scaldarsi; il tema della sicurezza e del degrado sarà uno dei cavalli di battaglia delle destre, come anticipato nei mesi passati da numerose uscite dei politici locali.

Milano. Il primo dei 200 sgomberi voluti da Sindaco e Prefettura

Ha inizio il piano-casa del sindaco Pisapia a Milano: 200 sfratti nel minor tempo possibile. Dopo diverse settimane durante le quali, attraverso i media principali, si è cercato di dipingere la situazione delle case occupate come un problema, come un racket in mano a pochi, si passa all’azione: Continua la lettura di Milano. Il primo dei 200 sgomberi voluti da Sindaco e Prefettura

Uva ennesima udienza, ora si va in corte d’assise.

A sei anni dalla morte di Giuseppe Uva comincia finalmente il processo per il suo omicidio. Sul banco degli imputati due carabinieri e sei poliziotti, che dovranno rispondere di accuse gravi: omicidio preterintenzionale, abbandono d’incapace, arresto illegale e abuso d’autorità.
All’udienza di lunedì 20 ottobre in corte d’assise c’e stato l’ennesimo cambio di Pubblico Ministero; sarà infatti chiesto a Maurizio Grigo di prendere in mano il caso, per cercare di mettere chiarezza su quanto accaduto quella notte in cui Uva e Big­gio­gero furono arrestati.
L’attenzione su questo caso rimane alta, tra igiuseppe uva-6l pub­blico si sono visti i militanti di Acad (Asso­cia­zione Con­tro gli Abusi in Divisa), Dome­nica Fer­rulli, Paolo Sca­roni, oltre a Big­gio­gero: tutti lì a soste­nere Lucia Uva e la sua bat­ta­glia. Da segnalare la presenza di Gianni Tonelli, lea­der del SAP (sindacato autonomo di Polizia), sindacato tristemente noto alle cronache per la vicenda degli applausi agli agenti condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi.
Si dovrà aspettare il 14 Novembre per sentire i testimoni; l’avvocato di Lucia commenta positivamente al temine dell’udienza: “A noi baste­rebbe una con­danna in primo grado per poter dimostrare che quella notte ci furono vio­lenze. La Corte ci ha dato l’idea di voler fare in fretta”. I reati però, a parte l’omicidio preterintenzionale, andranno in prescrizione il 15 Dicembre dell’anno prossimo.

“Mos Maiorum”: l’Assemblea Antifascista Saronnese scende in piazza contro il razzismo

A partire dalla data di lunedì 13 e fino a domenica 26 ottobre i paesi dell’area Schengen, tra cui l’Italia, hanno fatto partire l’operazione denominata “Mos Maiorum” e volta a colpire l’immigrazione clandestina. L’operazione, nata con lo scopo di identificare e indebolire le organizzazioni criminali dedite all’immigrazione clandestina, mira a fermare, controllare, espellere ed arrestare i migranti illegali, cioè in sostanza tutti coloro che risultino privi per qualsiasi motivo del permesso di soggiorno per l’anno 2014.
timthumb Contenuti e modalità dell’operazione di cui sopra sono stati illustrati alla cittadinanza locale Sabato 18 ottobre in occasione del presidio contro le derive razziste e securitarie organizzato dall’Assemblea Antifascista saronnese e che ha visto la presenza del cantautore Alessio Lega. La manifestazione, svoltasi dalle ore 15 alle ore 18.30, è stata pensata come risposta al corteo indetto a Milano dalla Lega Nord ed ha voluto rimarcare il rifiuto della propaganda razzista ed al contempo la solidarietà a tutti i migranti sfruttati e perseguitati.