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UN VOLANTINAGGIO A GALLARATE

Nel corso della mattinata di sabato 13 Ottobre, è stato distribuito un volantino al mercato di Gallarate. Il testo trattava la questione del tentativo di sfratto di un uomo, che ha resistito alla brutalità della Polizia Locale, minacciando di darsi fuoco. Qui abbiamo in seguito riportato alcune precisazioni sulla vicenda.

Qui sotto, riportiamo il volantino integrale.

ALCUNE PRECISAZIONI SULLO SFRATTO DI GALLARATE

In merito all’articolo pubblicato alcuni giorni fa e relativo allo sfratto di Gallarate, ci sono alcune precisazioni che meritano di essere riportate.

Abbiamo avuto modo di conoscere personalmente la famiglia protagonista della vicenda: chiacchierando con loro, abbiamo ascoltato una versione dei fatti che parecchio differisce da quelle riportate da stampa locale e voci ascoltate in giro.

Innanzitutto non è vero che l’uomo (di cui non riportiamo il nome per volontà sua) minacciasse di fare saltare il palazzo con il gas. La bombola sequestrata dai carabinieri (semivuota, per altro), veniva utilizzata dalla famiglia per cucinare, dopo il diniego di allaccio da parte dell’azienda fornitrice del metano. Nello specifico, la presa d’aria della cucina non è a norma di legge, ma il proprietario (che tanto si premura nel volerli in mezzo ad una strada) non è mai intervenuto per modificare la situazione. La procedura di sfratto non è stata interrotta, nonostante il proprietario stia comunque percependo il pagamento degli arretrati, prelevando direttamente dal conto corrente della famiglia, attraverso RID bancario.

La mattina del 3 Ottobre, dopo aver chiesto ai suoi vicini di uscire di casa, l’uomo si è rovesciato la benzina addosso, minacciando di uccidere sé stesso, qualora lo sfratto non fosse stato sospeso e rinviato.

La famiglia parteciperà al bando (in programma dal 15 ottobre) per l’assegnazione di una casa popolare. Poiché potrebbero volerci parecchi mesi fino a quando venga loro affidato un alloggio, la loro preoccupazione è quella di non sapere dove andare in quest’attesa, qualora lo sfratto venga reso esecutivo.

Alla famiglia, che ha due figli minori, viene negata dal comune anche la possibilità di avere un alloggio di emergenza temporaneo.

Sfidiamo chiunque a non perdere le staffe davanti ad una situazione simile!

A questo bisogna aggiungere una situazione lavorativa di estrema delicatezza. L’uomo infatti è intenzionato ad avviare una vertenza sindacale, per una errata applicazione del contratto del contratto di categoria. Le stime del sindacato parlano di circa 70.000€ non percepiti a causa di ciò, in quindici anni di lavoro. Dopo una lunga serie di trasferimenti punitivi e demansionamenti saltuari, proprio alcuni giorni fa, l’uomo ha ricevuto una lettera di avvertimento, nella quale viene minacciata la possibilità di licenziamento.
Non è vero quindi, come riportato precedentemente, che il licenziamento fosse già avvenuto.

Un’altra precisazione doverosa è quella relativa ad una voce che circolava tra vicini di casa e giornalisti presenti il 3 ottobre: ossia che l’uomo fosse stato accompagnato in ospedale e sottoposto a Trattamento Sanitario Obbligatorio. Non è vero, e al termine della mattinata l’uomo è stato accompagnato presso la caserma dei carabinieri dove è stato denunciato per procurato allarme.

C’è un’ultima cosa, molto grave, da riportare. Il quotidiano locale “La Prealpina”, oltre alla deplorevole spettacolarizzazione di una vicenda così delicata, ha pesantemente violato la privacy di questa famiglia. In un articolo, infatti, il trattamento riservato all’uomo era proprio quello di un mostro da sbattere in prima pagina, con tanto di nome, cognome ed indirizzo. Ma questo non era sufficiente, probabilmente. E così gli arguti redattori hanno pensato bene di aggiungere una foto dell’uomo in visibile difficoltà, scattata dalla strada con un teleobiettivo, approfittando di uno spiraglio della tapparella. Non solo, anche alla figlia adolescente, accorsa sul luogo per stare vicina al padre, è stato riservato lo stesso trattamento.

Questo articolo ha contribuito ad aumentare ancor più la situazione di estrema difficoltà e fragilità di una famiglia che rischia di perdere tutto. Tant’è vero,  che l’intenzione della famiglia è quella di avviare una causa per diffamazione, ai danni del quotidiano locale.

In conclusione, lo sfratto è stato rinviato al 6 Novembre (e non come erroneamente riportato, al 6 Ottobre) e fino a tale data sarà molto importante costruire una forte solidarietà umana intorno a questa famiglia. Per evitare che vengano sbattuti in mezzo alla strada, e per ribadire che quello degli sfratti non è un problema individuale delle singole famiglie, ma un problema sociale collettivo, determinato dalle condizioni economiche a cui tutti siamo sottoposti.

SFRATTATO E LICENZIATO

È successo la mattina del 3 Ottobre 2018 a Gallarate.

Alla porta di un uomo di 57 anni, fresco di licenziamento, hanno bussato dei loschi figuri, da tutti conosciuti quali esseri spregevoli e ripugnanti. Erano agenti della Polizia Locale, intenzionati a rendere esecutivo lo sfratto della sua famiglia. Alla loro vista, l’uomo si è cosparso di benzina e ha minacciato di fare saltare tutto per aria con il gas, se non se ne fossero andati.

L’intero edificio è stato evacuato e, dopo alcune ore di trattativa, con Carabinieri e Vigili del Fuoco, l’uomo ha deciso di mollare il colpo ed è stato accompagnato in ospedale. Secondo alcune voci, potrebbe essere stato sottoposto a Trattamento Sanitario Obbligatorio. Lo sfratto, comunque, è stato rimandato al 6 Ottobre.

In questa vicenda, che avrebbe potuto avere conseguenze tragiche, non si può omettere la responsabilità diretta del sindaco Andrea Cassani.  Uno che a parole dichiara di essere un uomo vicino ai cittadini e ai loro problemi, mentre nei fatti ordina ai suoi sgherri di eseguire con la forza lo sfratto di un lavoratore appena licenziato. Inoltre, secondo molte testimonianze dei presenti, durante la procedura non era presente alcun assistente sociale a monitorare quello che succedeva.

Fa abbastanza rabbia sapere che quest’uomo potrebbe essere stato sottoposto a TSO. E non tanto per la brutalità del trattamento (che già sarebbe una ragione sufficiente), quanto per l’umiliazione di dover essere patologizzato e curato, per non essere riuscito a mantenere la calma davanti alla possibilità di vedere la propria vita crollare. Ma quest’uomo è stato condotto alla disperazione dalle condizioni economiche insopportabili di cui non è responsabile, ma vittima, come milioni di altre persone. Il suo è un gesto estremo e disperato di resistenza, messo in atto per non rassegnarsi all’idea di perdere tutto.

Questo gesto dovrebbe insegnarci molto: rimanendo soli ed isolati davanti alla brutalità dell’economia capitalista, non ci rimarrà nient’altro se non la rassegnazione o gesti disperati.

Per questo è necessario rompere il muro dell’indifferenza ed impegnarci a costruire una solidarietà umana forte e concreta, per resistere collettivamente davanti alle ingiustizie e alle sopraffazioni messe in atto da chi si arricchisce sulle nostre vite.

UNO SFRATTO. ANZI NO.

Oggi sotto un debole nevischio pareva essere una normale mattinata, anche a Saronno, anche nel quartiere Matteotti.
Eppure un ingranaggio si è inceppato.
Infatti attorno alle 10 un Ufficiale Giudiziario, accompagnato da un avvocato dell’Aler e da due fabbri, si è presentato in uno dei tanti palazzi di edilizia popolare per eseguire uno sfratto, buttando fuori di casa una famiglia con tre minori.
La presenza di qualche solidale ha, per una volta, invertito il normale iter: l’avvocato dell’Aler e la sua spocchia si sono presi e portati a casa insulti e la consapevolezza di fare un lavoro da stronzi; l’Ufficiale Giudiziario non ha potuto che dare un rinvio a metà gennaio; i due fabbri sono stati in disparte e hanno, per quanto potuto, solidarizzato con il picchetto anti-sfratto.
Una nota di colore: la famiglia sotto sfratto, di origine tunisina, ci ha raccontato di aver provato a dialogare con l’assistente sociale assegnato dal Comune, la risposta? Eccola: “Ma perché non ve ne tornate al vostro paese, in Tunisia? Ai vostri figli ci pensiamo noi”.

SARONNO, SFRATTATA FAMIGLIA CON NEONATO

Una coppia con una figlia di dieci giorni è stata cacciata da un appartamento ALER occupato qualche tempo fa dai due. I burocrati dell’azienda che gestisce gli alloggi di edilizia residenziale non si sono fatti impietosire dalle condizioni economiche disperate in cui versa la famiglia e, nonostante la presenza della neonata, non hanno rinunciato a sbatterli fuori di casa e sigillare l’appartamento. Per questi loschi figuri e coloro che li dirigono è meglio un appartamento vuoto che un tetto per tre persone.

Eseguito sfratto a Caronno Pertusella

29 maggio 2014, Caronno Pertusella
Eseguito lo sfratto dell’artigiano di 60 anni in via Pio XI a Caronno Pertusella.
A differenza dello scorso tentativo di sfratto, quando un gruppo di solidali aveva impedito l’accesso all’appartamento a polizia, ufficiale giudiziario e fabbri, quest’oggi le forze dell’ordine si sono presentate in forze all’alba29maggiocaronno (quattro volanti di carabinieri della Compagnia di Saronno sotto i comandi del capitano Regina, una camionetta di celere e diversi agenti in borghese della DIGOS di Varese), per impedire ai solidali di portare il proprio supporto. Qualche ora dopo è arrivato l’ufficiale giudiziario che ha notificato ed eseguito lo sfratto in concorso col sindaco di Caronno Pertusella, Loris Bonfanti; i fabbri hanno cambiato la serratura e il signor Melis ha raccolto in una valigia i suoi oggetti ed è uscito disperato e avvilito dalla propria abitazione, insieme al fratello, che lo ospiterà nei prossimi giorni.
La legge è stata fatta rispettare.