UOMO DI MERDA

Il sindaco di Uboldo, Lorenzo Guzzetti, ci ha abituato alla sua linea politica e alle sue dichiarazioni al passo coi tempi di merda in cui viviamo. Si è sempre posto con la verità in tasca, tra un’approssimazione e un po’ di sano realismo. Insomma, se i negri rubano cosa ci possiamo fare noi? Hanno ragione i Traini di turno a sparare. Il problema? Quei monellacci degli antifascisti, che provano a limitare lo spargersi a macchia d’olio del cancro razzista.
In fondo che si sia giunti a centinaia di aggressioni fasciste, con diversi omicidi, poco importa al nostro benemerito. E poco importa pure farne una questione di colore della pelle, come dire:
a Milano, in via Brioschi, il 7 febbraio di quest’anno, una settimana dopo la morte di Pamela, viene uccisa con 40 coltellate, Jessica, una ragazza di 19 anni, da un tranviere milanese? Allora è comprensibile se domani mi metto a uccidere il primo tranviere milanese. Questo non è accaduto e a nessun giornalista o politico di turno è venuto in mente di paragonare queste due atrocità.
Ma la stiamo già tirando troppo per le lunghe, ecco le sue parole, affinché rimangano ben scolpite nella testa di ogni persona:

“Io in 36 anni che vivo a Varese, patria della Lega, non è mai accaduto. Ho amici e nemici leghisti, chi più e chi meno “estremo” ma mai nessuno di loro ha forse pensato di sparare. In 36 anni che vivo a Varese ho vissuto e vivo una settimana si è l’altra pure l’odioso terrorismo di piazza dei centri sociali in nome dell’antifascismo.
Dopo tutto questo il matto era e resta un matto invasato in galera. E non sarò fascista se constato che sono stati fermati dei nigeriani perché presumibilmente hanno violentato una ragazza, l’hanno uccisa e poi l’hanno macellata e scarnificata come voi fate col pollo del supermercato.
Perché non sono fascista a dirlo neanche razzista. Constato la realtà.
Perché se mi chiedete se i nigeriani hanno la pelle scura vi dirò che non è un problema di pelle ma si, hanno la pelle scura. E non sono razzista nè fascista nel dirlo.
Sono semplicemente uno che vede.
A farne le spese sono sempre gli uomini in divisa che devono star dietro a questa massa che in nome “dell’antifa” ne combinano di ogni invece di essere presi rigorosamente a calci in culo. E sinceramente temo di più loro che un invasato come Traini.
Il vero fascismo oggi in Italia è l’antifascismo.
La mia solidarietà massima e sincera a tutte le nostre forze dell’ordine ormai da anni abbandonati da una politica incapace.
Di destra e di sinistra”

CANE E PADRONE

Non parliamo di Thomas Mann, ma di Polizia al servizio dello Stato.
Questa notte è stato arrestato un compagno di Saronno per fatti accaduti il 31 dicembre sotto il carcere di Torino, durante un saluto ai detenuti. I capi di imputazione attribuitigli sono così irrilevanti che rarissimamente si è verificato che venisse richiesta la custodia cautelare in carcere. Per l’ennesima volta la Procura di Torino ha dimostrato la sua arroganza nei confronti di chi combatte ogni giorno contro ogni forma di ingiustizia ed oppressione, anche con chi porta solidarietà da fuori .

A Saronno, nel pomeriggio di oggi, un discreto numero di solidali si è mosso per le vie della città, intonando cori e dimostrando attivamente la propria vicinanza a Cello. Per chi volesse scrivergli, l’indirizzo è

MARCELLO RUVIDOTTI
Casa Circondariale Lorusso e Cutugno
Via Maria Adelaide Aglietta 35, 10149
TORINO

CHI BEN COMINCIA…

Un inizio di 2018 frizzante nel nord-milanese. Proviamo a dare notizia di quanto avvenuto contro fascisti e nazisti qua e là a nord di Milano:

QUARTO OGGIARO

Lo scorso 9 gennaio qualche decina di antifascisti ha passeggiato per Quarto Oggiaro scrivendo e appiccicando manifesti contro la presenza fascista. A Quarto Oggiaro infatti è presente una sede di CasaPound.

BUSTO ARSIZIO

Lo scorso 17 gennaio sui muri della biblioteca comunale è apparsa la scritta “questa biblioteca è antifascista”.

RHO

Sabato 20 un presidio antifascista ha accompagnato la presenza in strada di CasaPound. Numerosa la presenza delle forze dell’ordine.

MONZA

Settimane movimentate in quel di Monza.

Rimandiamo alla accurata cronaca scritta dai compagni monzesi:

https://boccaccio.noblogs.org/post/2018/01/22/cronache-di-resistenza-due-giorni-di-lotta-antifascista-a-monza/

SARONNO

Venerdì 26 gennaio a Saronno visita della sezione varesina di Casa Pound per raccogliere firme in vista delle prossime elezioni del 4 marzo. Sperando di passare in sordina hanno organizzato la raccolta firme in un bar, il bar Mai di via Varese. A proteggere i camerati il solito dispiegamento di forze dell’ordine con due camionette e diverse volanti e macchine della Digos.

Nonostante ciò attorno alle 18.30 una trentina di antifascisti si sono avvicinati lanciando fumogeni e uova contro i camerati. La raccolta firme sarebbe dovuta durare dalle 18 alle 21. Alle 19 il bar aveva le serrande chiuse.

MONZA

Nella notte tra il 26 e il 27 gennaio due soggetti appartenenti a Lealtà Azione si sono presentati a volto coperto a casa di un compagno minacciandolo tramite un familiare in quel momento presente in casa.

LECCO

Sabato 27 era previsto un banchetto di CasaPound a Lecco.

Un’ottantina di antifascista ha presidiato per tutto il giorno la città, impedendo di fatto che il banchette avesse luogo. Prima è stata presidiata piazza Garibaldi, luogo in cui avrebbe dovuto svolgersi il banchetto fascista, poi un rumoroso corteo ha percorso le vie del centro aggregando nel passaggio diversi giovani.

MONZA
Domenica 28 un centinaio di antifascisti sono nuovamente scesi in piazza contro la presenza di fascisti e nazisti.

 

Battiture

Ciò che ha fatto partire la battitura al Carcere dei Miogni di Varese, questa volta, è stata la rottura dell’asciugatrice e l’impossibilità di stendere le lenzuola e le coperte. Queste ultime nella sezione nuovi giunti vengono lavate una volta all’anno e passate di detenuto in detenuto, con le conseguenze igieniche di facile intuizione. La soluzione della direzione per poter stendere ad asciugare lenzuola e federe di un carcere con più di 70 detenuti? Una stanza di 12 metri quadrati senza finestre e riscaldamento; non serve commentare.

Alternanza scuola-lavoro

Tagli all’istruzione. Legami sempre più asfissianti tra istruzione e sfruttamento (ehm.. lavoro). Flessibilità: disponibilità a lavorare ogni giorno, a qualunque ora. Dopo anni di colpi a suon di scalpello al mondo dell’istruzione ecco finalmente i primi frutti.
Domenica scorsa a Saronno in orario pomeridiano due 16enni sono stati beccati da Carabinieri, allertati da un cittadino, all’interno dell’istituto scolastico Pizzigoni, mentre stavano uscendo con un portatile e cavistica annessa.
In fondo lo abbiamo letto e sentito da tutte le parti in questi anni, il lavoro ce lo si deve inventare.

EPPUR SI MUOVE

Altre mobilitazioni studentesche date dalle temperature basse, altri casi di insubordinazione. Oggi è toccato a Saronno, all’Istituto Tecnico G. Zappa.
Nel mattino del 13/12 – il caso ha voluto proprio in questo giorno – una folla di studenti si è riunita chiudendo il cancelletto con catenacci e incordonandosi davanti al cancellone più grande. Un dispiegamento di energia e organizzazione notevole, soprattutto a fronte della motivazione, la stessa che in questo freddo autunno ha dato un pretesto agli studenti un po’ ovunque nel varesotto: il freddo nelle aule. A monitorare la situazione da distanza i Carabinieri, a passare per i ridicoli di turno i localotti di Saronno. Ma solamente di fronte all’arrivo di qualche professore e della vicepreside, percepiti come più autoritari e “importanti”, alcuni cedono ed entrano. Molti altri invece rimangono fuori ancora per qualche tempo, fino a rimanere circa un centinaio: qui si disperdono, c’è chi va a casa e chi ha intenzione di non terminare qua una mattinata diversa dal solito. Così i “pochi” rimasti vanno sotto l’Ipsia, lì vicino, a provare ad aizzare gli studenti allo sciopero.
Succede poco altro, ma su una popolazione studentesca di circa mille studenti sono entrati solo in un centinaio. Mica male.
In un autunno avaro di slanci e mobilitazioni ci pensano gli studenti stessi a trovare il pretesto necessario a passare una mattinata fuori dalle aule. Per molti la prima esperienza di picchetto, la prima volta in cui si tenta di prendersi la strada, la prima volta in cui ci si percepisce come una forza che dà forma al mondo per come è.
Mica male, no?

UNO SFRATTO. ANZI NO.

Oggi sotto un debole nevischio pareva essere una normale mattinata, anche a Saronno, anche nel quartiere Matteotti.
Eppure un ingranaggio si è inceppato.
Infatti attorno alle 10 un Ufficiale Giudiziario, accompagnato da un avvocato dell’Aler e da due fabbri, si è presentato in uno dei tanti palazzi di edilizia popolare per eseguire uno sfratto, buttando fuori di casa una famiglia con tre minori.
La presenza di qualche solidale ha, per una volta, invertito il normale iter: l’avvocato dell’Aler e la sua spocchia si sono presi e portati a casa insulti e la consapevolezza di fare un lavoro da stronzi; l’Ufficiale Giudiziario non ha potuto che dare un rinvio a metà gennaio; i due fabbri sono stati in disparte e hanno, per quanto potuto, solidarizzato con il picchetto anti-sfratto.
Una nota di colore: la famiglia sotto sfratto, di origine tunisina, ci ha raccontato di aver provato a dialogare con l’assistente sociale assegnato dal Comune, la risposta? Eccola: “Ma perché non ve ne tornate al vostro paese, in Tunisia? Ai vostri figli ci pensiamo noi”.

UNA MATTINATA AGITATA A GALLARATE

Anche ieri, 6 Dicembre, Gallarate ha vissuto un’altra frizzante mattinata di mobilitazioni degli studenti medi.

Agli alunni del Falcone è stato detto che le aule erano finalmente al caldo, ma alle 8 di mattina, quasi tutti stavano aspettando fuori dai cancelli, probabilmente non convinti che le riparazioni fossero state realmente eseguite. La preside, non disposta a tollerare il terzo giorno consecutivo di insubordinazione dei suoi studenti, si è presentata personalmente all’ingresso.

«La scuola è calda» ha detto; «entrate o tornerete durante le vacanze di Natale o di Pasqua a recuperare le ore» ha aggiunto, ribadendo la stessa linea di ieri. Molti studenti, forse realmente convinti che la situazione fosse migliorata, forse cedendo alle pressioni della dirigente, hanno deciso di entrare nelle aule. Altri invece, consapevoli della natura strutturale del problema, della sua non riparabilità nell’immediato, e convinti che la scuola sarebbe tornata ad essere nuovamente fredda, hanno deciso comunque di rimanere fuori in presidio per denunciare l’invivibilità del plesso scolastico.

Dopo qualche minuto di attesa per comprendere come riorganizzarsi, al grido di «Sciopero!/Sciopero!», è sopraggiunto dal fondo della via un gruppo di studenti dell’Ipsia determinati ad aggregarsi alla protesta. Anche loro lamentavano di essere al freddo e costretti a fare lezione in aule che cadono letteralmente a pezzi: piastrelle del pavimento che si gonfiano e scoppiano, calcinacci che cadono, sistema di riscaldamento malfunzionante e quant’altro. L’arrivo del gruppo ha portato una ventata d’aria fresca, e nell’atmosfera di euforia generale qualcuno ha acceso un fumogeno e lo ha scagliato nel cortiletto dell’istituto, oltre il cancello che la preside aveva fatto chiudere poco prima.

Gli studenti delle due scuole si sono aggregati e hanno iniziato a gironzolare per le strade di Gallarate gridando slogan che incitavano allo sciopero e alla ribellione. Il gruppo si è diretto prima verso l’Ipsia, per poi nuovamente tornare all’istituto Falcone quando hanno saputo che i loro compagni erano usciti dalle aule per ritrovarsi nell’atrio. Il caldo promesso alle 8 dalla preside si è rivelato una bufala, la rabbia è tanta, ma gli studenti rimasti dentro non possono uscire a causa del cancello chiuso.

Quelli fuori decidono quindi di rimanere ad attendere la loro uscita esponendo alcuni striscioni preparati spontaneamente sul momento. Nel confronto nato per scegliere gli slogan da utilizzare, si improvvisa qualche discussione. «Il freddo è solo uno dei problemi, la nostra scuola fa schifo, cade a pezzi ed è pericolosa» dice un ragazzo dell’Ipsia. «Con l’alternanza scuola-lavoro ci mandano a lavorare gratis» aggiunge qualcun altro.

Insomma è stata proprio una bella mattinata agitata quella di ieri a Gallarate, e ci sono tutte le premesse per vederne ancora nei giorni che verranno.

 

CONGELATI O RIMANDATI

«I ragazzi possono fare lezione con i giacconi. Anche noi stiamo lavorando in queste condizioni. Più che avvertire gli uffici competenti non posso fare. Passi per ieri ma oggi la scuola è aperta e funzionante e chi non entra perderà le ore. […] Se i ragazzi si rifiutano di entrare in classe sarò costretta a far loro recuperare le ore perse durante le festività natalizie.».

Così ha tuonato quest’oggi Marina Bianchi, preside dell’istituto Falcone di Gallarate, in risposta ai suoi studenti che si sono rifiutati di entrare a fare lezione in aule nelle quali il termometro segnava 11 gradi. Il problema è legato ad un difetto di progettazione dell’impianto di riscaldamento. Risolverlo ha dei costi proibitivi (circa duecentomila euro) che nessun ente sembra volersi sobbarcare, quindi rimangono due opzioni: o dentro al freddo coi cappotti e senza fare troppe storie, oppure si torna durante le vacanze si torna per recuperare le ore. Insomma un ricatto bello e buono, le cui conseguenze fanno schifo in ognuno dei casi e ricadono su coloro che colpe non ne hanno: gli studenti. Sarà forse colpa loro se la scuola è stata progettata male e poi costruita peggio? Sarà colpa loro se l’impianto di riscaldamento è stato progettato ad minchiam e nelle aule fa quasi più freddo che fuori?

E non parliamo di una struttura fatiscente risalente all’anteguerra o all’altro secolo. L’istituto è di recentissima edificazione e fu coinvolto in una grigia vicenda a causa dei costi che lievitarono esponenzialmente rispetto a quelli previsti, fino a raggiungere gli oltre 22 milioni di Euro: uno scandalo insabbiato in fretta e furia e ormai più che dimenticato dall’opinione pubblica. Se lo ricorderà molto bene l’ex sindaco di Gallarate Nicola Mucci che fece sborsare 13 milioni alle casse del comune, per realizzare quest’opera fiore all’occhiello della sua amministrazione, sponsorizzata poi anche dalle passerelle di ministri e personaggi vari.

22 milioni di Euro, giustificati dal bisogno di costruire una scuola all’avanguardia e ultra moderna, e dopo pochissimi anni bisogna già rattoppare i buchi a causa di una progettazione! Forse chi all’epoca denunciava che la faccenda fosse maleodorante ci aveva visto abbastanza lungo.

Ma quello di Gallarate non è l’unico caso di studenti al freddo che si ribellano: è notizia di oggi che anche gli studenti del Don Milani di Venegono hanno deciso di rimanere fuori dalla scuola per protestare contro il malfunzionamento dei riscaldamenti, e il continuo disinteresse dei responsabili, che non sembrano intenzionati a risolvere la situazione. Qui le temperature hanno raggiunto anche i sei gradi, nelle aule, e i quattro nelle palestre.

Approfittando del bel tempo di questi giorni, la soluzione più pratica, al momento, sembra quella di restare fuori a godersi un po’ di sole.

EMERGENZA CASA A SARONNO

Rimane alta l’emergenza casa a Saronno. Sono 30 gli sfratti che verranno effettuati a Saronno da oggi alla fine dell’anno. Le famiglie in attesa di un alloggio popolare sono invece 309. 1500 circa sono le case sfitte a Saronno, private o non. Il Comune è proprietario di 250 alloggi. Aler ne possiede 800.
Nel frattempo in settimana è stata sgomberata dalla Polizia Locale l’ex Mutua di via Stampa Soncino in cui aveva trovato rifugio un uomo sui 50 anni.
Le mani sulla città le hanno palazzinari e politici, e con loro arrivano nuovi palazzi di lusso che chi non riesce ad avere una casa popolare non potrà certo permettersi.
Canticchiando l’antico adagio per cui la casa è di chi l’abita ed è un vile chi lo ignora, rimane da considerare come l’autorganizzazione sia – ancora una volta – l’unico strumento utile nelle mani degli sfruttati e dei bisognosi.

vagabondo, forestiero, girovago, scapestrato, piantagrane. Così ci sentiamo.