Ieri sera, 14 Giugno 2019, a Varese era in programma la proiezione del film “Esilio”. Il film, diretto dal regista varesino Maurizio Fantoni Minnella, e presentato presso la sala Montanari, narra l’esilio del sindaco Mimmo Lucano dal suo paese, Riace.
Alcune persone, hanno aperto uno striscione e distribuito volantini in solidarietà con lo sciopero della fame di Silvia e Anna, due compagne anarchiche detenute nel carcere speciale dell’Aquila. Protestano per il trattamento subito, che molto somiglia a quello del 41 bis. Il loro obiettivo: il loro trasferimento immediato e la chiusura della sezione AS2 del carcere aquilano.
Qui sotto il volantino completo:
Qui la locandina dell’evento:
Contro lo stato che cerca di dividere chi lotta contro tutte le ingiustizie cercando di dividere i “buoni” dai “cattivi”.
Tutti uniti contro ogni forma di prigione.
La speculatrice seriale Lara Comi ha fatto visita al carcere di Busto Arsizio per fare un po’ di propaganda sulle spalle dei detenuti autori della rivolta di qualche giorno fa. Otto guardie si sono fatte refertare al pronto soccorso dopo una sommossa, le cui cause reali non sono state rese note. La stampa riferisce un litigio tra detenuti, cui è seguita una protesta, divenuta poi sommossa generale con tanto di incendio delle bombolette del gas utilizzate per cucinare. Un tantino azzardata come spiegazione, a nostro parere. Nessun riferimento ai feriti tra i detenuti, come se non fossero esseri umani. Gli unici “degni” di essere menzionati sono stati solamente i secondini.
La speculatrice di cui sopra ha trovato la soluzione per il sovraffollamento: ognuno al proprio paese. Vorremo capire se questa brillante intuizione segue il diktat tanto di moda di questi tempi, ossia prima gli italiani: ci verrebbe da pensare quindi che a Poggioreale ci saranno solo napoletani, a Bollate solamente Bollatesi, a Opera esclusivamente Milanesi etc.
A parte l’ironia, ciò che emerge è che al giorno d’oggi ogni problema è imputabile a chi non è italiano, e quindi la soluzione è il rimpatrio sempre e comunque, a qualsiasi condizione.
Ciò che ha fatto partire la battitura al Carcere dei Miogni di Varese, questa volta, è stata la rottura dell’asciugatrice e l’impossibilità di stendere le lenzuola e le coperte. Queste ultime nella sezione nuovi giunti vengono lavate una volta all’anno e passate di detenuto in detenuto, con le conseguenze igieniche di facile intuizione. La soluzione della direzione per poter stendere ad asciugare lenzuola e federe di un carcere con più di 70 detenuti? Una stanza di 12 metri quadrati senza finestre e riscaldamento; non serve commentare.
Gli agenti di Polizia Penitenziaria di Varese si sono recentemente lamentati della mancanza di fondi per materiali di cancelleria e forniture di vario genere. «Ci troviamo a lavorare in condizioni inaccettabili, eppure non accade nulla. Tutti i nostri motivi di lamentela sono stati esposti più volte al direttore, ma la risposta è sempre la stessa: non si può fare niente perché non ci sono i soldi. Una risposta che non possiamo più accettare per la nostra dignità e quella del nostro lavoro.» Ebbene sì, hanno parlato davvero di dignità.
Abbiamo appreso la notizia che un detenuto ha aggredito due agenti della polizia penitenziaria, ed ecco che da subito si distinguono i buoni dai cattivi: cattivo il detenuto che ha cercato di aggredire gli agenti, buoni gli agenti che hanno rischiato di essere feriti. Non sappiamo cosa sia accaduto al detenuto ma possiamo immaginarlo.
Le istituzioni che orbitano intorno al sistema carcerario si sono da subito indignate, chiedendo più carceri per sopperire alla continua crescita della popolazione penitenziaria, ma senza proferire nessuna parola sui motivi reali per cui un detenuto arriva a ribellarsi.
Le condizioni dei detenuti in carcere sono pessime, già nel 2013 la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia per le condizioni inumane che si vivevano nel carcere di Busto Arsizio (vedi sentenza Torreggiani).
Nel 2016 si sono suicidati, nelle carceri italiane, 45 persone e 115 sono morte.
vagabondo, forestiero, girovago, scapestrato, piantagrane. Così ci sentiamo.