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UNO SGUARDO IN CONTROLUCE SUL 25 APRILE SARONNESE

A più di una settimana di distanza, a dichiarazioni pubbliche esaurite, a bocce ferme (o quasi), proviamo a tracciare il quadro di questo 25 aprile 2019 in quel di Saronno.
Innanzitutto, per quanto riguarda Saronno, trattasi dell’unica data nell’arco dell’anno capace di attirare realmente qualche centinaio di partecipanti attorno al variegato tema dell’antifascismo.
Una certa componente giovanile e conflittuale nell’ultimo decennio ha ravvivato quello che sotto l’amministrazione Gilli stava per diventare un silenzioso corteo funebre.
E’ grazie a questa componente giovanile e conflittuale se la Lega – che negli scorsi anni si è beccata insulti e gavettoni – oggi festeggia più per dovere istituzionale un 25 aprile a sè stante, di prima mattina, con alza bandiera e circondata da Polizia e Carabinieri.
Questo un primo dato su cui vorremmo focalizzarci: la Lega è stata cacciata dal 25 aprile.
E’ chiaro che la strategia politica da partito imponga loro di girare la frittata e rivendicarsi l’irrivendicabile. In questo contesto si inseriscono le pretestuose scaramucce pre-25 aprile con cui la Lega ha voluto attaccare l’Anpi. In sostanza il sindaco Fagioli ha rinfacciato all’Anpi l’aver condiviso con gli anarchici un corteo (quello del novembre 2015) contro la Sua Amministrazione.
Certo caro Fagioli, quel corteo – dichiaratamente antifascista – era contro il tuo operato, contro la tua giunta a tinte fasciste e contro il tentativo, tuo e della tua giunta, di far insediare a Saronno Lealtà Azione e altri gruppi fascisti.
Tentativo che, grazie alle eterogenee azioni degli antifascisti, è finito nel nulla.
Ma non è un caso che nei mesi scorsi due realtà politiche che tentarono un insediamento a Saronno (Lealtà Azione col concerto dei Malnatt all’Old Jesse e l’evento di combattimento a firma neonazista patrocinato dal Comune al Paladozio; CasaPound con banchetti e raccolte firme, per esempio la bar Mai in via Varese) abbiano aperto due sedi a Legnano, a pochi km da Saronno.
Fallito il tentativo sulla città degli amaretti eccoli ripiegare sulla città strategiamente e logisticamente più vicina e appetibile.
Certo che fu un corteo contro la politica leghista e contro la presenza fascista. E se il sindaco rimarca una distanza dall’Anpi rimane difficile comprendere come questi ultimi non riescano a cogliere la palla al balzo per tracciare una linea netta, che è già nei fatti.
La mattina del 25 aprile piazza Libertà era invasa da Polizia e Carabinieri che in forze organizzavano il servizio d’ordine per garantire al sindaco la possibilità di parlare.
Pochi minuti prima dell’inizio del discorso del sindaco, a pochi passi da lui, dal tetto del Municipio veniva srotolato uno striscione che – come ogni anno – attaccava la giunta leghista.
Il sindaco, irritato, teneva il solito inutile discorso che nessuno ascoltava.
Più tardi, attorno alle 10 iniziava a concentrarsi in piazza Libertà il consueto e partecipato corteo antifascista. Qualche centinaio i presenti, lo striscione dell’Assemblea Antifascista che recitava:

L’ANTIFASCISMO NON HA CONFINI
ogni tempesta comincia con una singola goccia

Corteo riempito da cartelloni, cori e volantini.
A fine corteo, in piazza Caduti Saronnesi, il consueto spazio ai discorsi istituzionali e commemorativi viene leggermente sovvertito dall’intervento proposto dall’Assemblea Antifascista in cui, oltre ad allargare lo sguardo sui limiti sia di una ricorrenza fine a se stessa, sia della sterile difesa della legalità, ha portato solidarietà a Silvia – compagna che ha vissuto a Saronno e che in queste stesse vie si è organizzata e ha lottato – e  agli altri arrestati con le pesanti accuse di associazione sovversiva o terroristica per aver agito, qui e ora, contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, quindi contro i CPR, contro la presenza leghista nelle città, contro la devastazione del territorio e altro ancora.
Dopo l’applauso che ha accompagnato la fine dell’intervento la giornata antifascista è proseguita alla Casa del Partigiano, dove per tutto il pomeriggio e la sera sono passate numerose persone, rendendolo un bel momento di aggregazione.
A fine giornata è avvenuta una provocazione fascista di due hammerskin nel bar di fronte alla Casa del Partigiano, provocazione che non poteva che essere respinta, specialmente nei pressi di una iniziativa antifascista, specialmente il 25 aprile.

Finita qui?
Neanche per sogno.
Nei giorno successivi sono uscite sui media una infinità di dichiarazioni su questo 25 aprile che secondo chi scrive possono essere una buona cartina tornasole per capire come due hammerskin si possano permettere una provocazione così grave.
Innanzitutto il 26 aprile la doppia uscita della Lega con Claudio Sala e del consigliere comunale fascista Indelicato.
Da una parte Sala usa strumentalmente l’assenza della Lega Nord per provare a creare dei distinguo nel corteo del 25 aprile usando il Telos come discrimine:

“Quello però che più mi amareggia è il vedere consiglieri comunali di opposizione del PD, di Tu@Saronno, di M5S e l’ex assessore ora consigliere indipendente Banfi sfilare a braccetto con gli attivisti del Telos: non si può parlare di democrazia, di rispetto, di unità nelle sedi istituzionali e poi, senza nemmeno dissociarsi, condividere un corteo con chi nel corso degli anni ha devastato la città con scritte di ogni tipo e con occupazioni abusive a danno di proprietà pubbliche e private”

In realtà sta parlando in politichese per provare a distogliere l’attenzione dalla connotazione politica della sua giunta per attaccare gli anarchici che si organizzano da un decennio a Saronno, e perfino un democristiano come Banfi è riuscito a rispondergli per le rime.
Dall’altra parte Indelicato svolge al meglio il proprio ruolo di apripista per i fascisti annacquando sia la storia sia il presente nella sua brodaglia retorica. Nel suo comunicato traspare tutta la tendenza di questi ultimi tempi a togliere la maschera, e in nome del pluralismo democratico rivendicarsi la diretta tradizione fascista senza nemmeno chissà quali distinguo. Leggere per credere:

“A che cosa dovremmo rinunciare, noi persone di Destra che ci rifacciamo ad altre tradizioni politiche rispetto all’azionismo, al cattolicesimo democratico, al socialismo, al liberalismo, per coltivare questo ideale di unità? Dovremmo rinunciare a vedere nel Fascismo una forza politica originale, che tra vari gravi errori compiuti ha portato a compimento il processo di unificazione culturale e ideale del nostro popolo, quell’unificazione che dopo il ’45 è venuta meno? Dovremo rinunciare a vedere nella sua politica – che nessuna persona saggia si sogna oggi di replicare – degli spunti per il presente? Dobbiamo rinunciare a pensare che parte dei protagonisti della Resistenza non coltivavano un sogno di libertà, ma volevano una dittatura ben più aspra di quella fascista? Dovremmo infine gettare fango sui giovani della Repubblica che videro nell’8 settembre il “tradimento della Patria” e cercarono, gettando i loro pochi anni in una guerra che sapevano quasi certamente persa, un riscatto morale prima che politico? Dobbiamo forse credere che fossero tutti delinquenti? Dobbiamo rinunciare a onorarli, e di ribellarci quando li vediamo ogni volta disonorati? Mi sa che ci chiedete molto, troppo, amici.”

Eccola la strategia 4.0 dei fascisti d’oggi: il vittimismo, lo stesso con cui oggi vengono giustificate le celebrazioni delle morti degli assassini della RSI, quasi che la scelta tra repubblichini e partigiani non fosse di per sé una scelta di merito, sostanza, ma entrambe possibilità rispettabili. Questa riscrittura della storia non è solo pericolosa di per sé, perché toglie dalla memoria il suo carattere partigiano e la annacqua nella brodaglia del super partes, ma anche perché usata come arnese per aumentare l’agibilità politica dell’estrema destra oggi.
Sfilare in corteo per ricordare il fascista Carlo Borsani oggi nel nome della battaglia contro lo spargimento di sangue tra compatrioti (come lo dicono i fascisti di oggi) significa essere degli stronzi vittimisti, perché il fascismo nacque nello spargimento di sangue, come reazione, come braccio armato dei padroni, dopo le occupazioni delle fabbriche e le lotte del biennio rosso.
Valutare l’azione antifascista dei partigiani strappandola dal loro contesto, rivendicarsi la bontà della scelta dei repubblichini ponendo la questione in maniera sterile e super partes è in realtà la stessa operazione con cui vengono guardate oggi le foibe.
Allo stesso modo sempre Indelicato, rispondendo ad una lettera degli scout punta ancora sul vittimismo: ma come, proprio voi scout, cattolici e quant’altro, non riconoscete la solidarietà cristiana verso il sangue dei vinti (cioè dei fascisti)?
Qua la sua lettera integrale che consigliamo di leggere.
In questo grande tentativo di sdoganamento del fascismo si inseriscono le numerose aggressioni fasciste a Saronno negli ultimi due anni, aggressioni che hanno sia degli autori, sia degli ispiratori, sia dei difensori. Tutte e tre queste figure vanno smascherate e combattute. Indelicato si presenta come indiscusso apripista, con la sua collaborazione con l’intera galassia fascista (con Forza Nuova ha fatto le ronde a Saronno, con Lealtà Azione ha parlato a incontri ed eventi pubblici).
Ci si può mai stupire se Tosi di Fratelli d’Italia chiede di intitolare al fascista Ramelli una strada a Saronno?
Tolto il contesto da cui emergono queste figure rimangono solo le vite e le morti, ma, storpiando un po’ quello che diceva Calvino, dietro la morte di un partigiano c’era la speranza di un mondo più libero e più giusto, dietro la morte di un fascista c’erano le camere a gas, i rastrellamenti, la guerra.

LA COSTITUZIONE È UNA CAGATA PAZZESCA

Riceviamo e diffondiamo un volantino distribuito lo scorso 25 aprile a Saronno, giornata sulla quale ci soffermeremo prossimamente

LA COSTITUZIONE
 È UNA CAGATA PAZZESCA

Su democrazia parlamentare, mobilitazione reazionaria, sovranismo, Stato, umore dei tempi e nuovi e vecchi miti

Non è certo una novità di questi anni il tentativo delle organizzazioni fasciste di darsi l’aspetto ribellistico di coloro che combattono contro il sistema.
Certo in questi ultimissimi anni certe analogie sembrano più calzanti, e se è vero che sarebbe inappropriato parlare di un fascismo in atto è altrettanto vero che segnali chiari e manifesti di una mobilitazione reazionaria in corso. Sia per quanto riguarda l’immaginario che le forze reazionarie (dalla Lega ai gruppetti fascisti) vogliono trasmettere, sia per quanto riguarda una sorta di umore dei tempi che sembra andare esattamente nella direzione sperata dai primi.

Nella nebbia creata da un sentire che potrebbe essere rappresentato dall’accanimento verso gli esclusi (specialmente i carcerati, verso cui la vox populi arriva a pretendere persino “che lavorino gratis, cosa vogliono, vitto e alloggio senza fare nulla?”) e dal preteso ruolo delle forze reazionarie che attraverso il sovranismo riuscirebbero ad opporsi ai mali della globalizzazione sentiamo l’urgenza di un forte colpo di vento che diradi la nebbia e resituisca alle parole il loro significato.

Non ci stupisce il fatto che in una società sempre più complessa e apparentemente interclassista gli sfruttati non trovino con facilità gli strumenti per capire il motivo della propria condizione, così come non ci stupisce il proliferare di teorie complottistiche che non fanno altro che aumentare la nebbia.

Viviamo un’epoca dominata dal capitale, dallo sfruttamento e dall’alta finanza. Per sorreggere questi tre pilastri del nostro mondo nascono guerre in territori da saccheggiare e depredare.
L’Africa, grande e storica terra di colonialismo e distruzione, è nuovamente sotto attacco. Le grandi potenze mondiali, Cina su tutte, si sono accaparrate grosse fette di terra e di mare. Una porzione di mare al largo del Senegal è stata dichiarata praticamente svuotata di fauna ittica.

Questo è il capitalismo, che ha portato alla situazione in cui siamo ora. Anche l’Italia ha il suo ruolo, in Libia.
L’Eni saccheggia petrolio e gas da una parte, il governo (prima con Minniti ora con Salvini) crea lager per migranti per limitare il numero di sbarchi.
E’ questo il sistema marcio e malato che sostiene il mondo per come lo conosciamo, un pianeta sempre più affollato in cui anche l’essere umano è, ahinoi, una essenziale fonte di valore.
Città sempre più affollate, un pianeta sempre più affollato. Sia le megalopoli del lusso sia le bidonville degli esclusi, facce diverse di una stessa medaglia, necessiteranno di un sistema di gestione da parte di Stato e Capitale capillare e concentrazionario.

Da una parte l’uso delle recenti zone rosse, porzioni di città dalle quali viene escluso chi non considerato conforme al cosiddetto decoro sociale, insieme all’espansione dell’uso del Daspo Urbano, vanno esattamente in questa direzione.
Dall’altra l’aver tirato giù la maschera con gli esclusi modificando l’approccio al welfare, indirizzandosi verso una gestione dei servizi (sanità su tutti) privatizzata, riducendo i servizi ma aumentando i costi. Chi potrà permetterselo sarà curato. Non a caso per la prima volta nella storia l’aspettativa di vita è calata. Una fascia di popolazione, quella inclusa nella società, avrà agi e benessere, la restante enorme fetta di esclusi garantirà benessere alla prima.

In questo quadro evidentemente catastrofico il ruolo delle forze reazionarie è cavalcare il conseguente malcontento e la legittima rabbia indirizzandola in una guerra tra poveri. Indirizzare i propri attacchi, alla maniera della classe politica tout court, verso chi fugge in barcone dalla Libia anziché attaccare qui e ora gli interessi dell’Eni e dello Stato italiano significa essere vigliacchi e voler fare speculazione politica sulla pelle degli ultimi.
Rinnovare un nostalgico spirito di identità nazionale significa nuovamente annebbiare occhi e spirito, mettendo insieme capra e cavoli.
Ma urge ricordarsi che è sotto la tanto osannata democrazia che si sono mantenute le condizioni in cui queste forze si sono rafforzate, è sotto democrazia a tinte PD che Minniti ha creato i lager in Libia e ha dato un significativo giro di vite in ambito di sicurezza, mettendo un imprescibile mattoncino a ciò che – senza soluzione di continuità – sta proseguendo Salvini.

Ma oggi che è il 25 aprile sentiremo ancora le solite litanie socialdemocratiche sul ruolo della Costituzione, vero e proprio mito fondante dello Stato italiano. Una retorica nefasta sia per chi ha combattuto a suo tempo – anche contro i comandi del PCI – sia per chi combatte oggi. Soprattutto per chi, avendo osato combattere i CPR – nuovi lager del III millennio – si trova oggi in una sorta di 41 bis, con un accanimento dello Stato che è frutto sia della mobilitazione reazionaria in atto sia dell’umore dei tempi.

Ecco cosa ci offre la democrazia, l’astratta possibilità di criticare un mondo di sfruttamento e devastazione.
Ma, come diceva Malatesta: «La libertà che vogliamo noi non è il diritto astratto di fare il proprio volere, ma il potere di farlo».
Di fronte a questo grande fratello sociale onnipresente che è lo Stato l’unica possibilità rimane quella di combattere le condizioni che ci opprimono, rifiutando di partecipare allo spettacolo della politica che immiserisce spiriti e sogni.

Per un mondo
senza galere
e senza sfruttamento.

Saronno, 25 aprile 2019

Una libera aggregazione
per l’autogestione generalizzata

A SARONNO OGNI 25 APRILE

Saronno
Ogni 25 aprile il sindaco deve svegliarsi e correre a sbrigare le ritualità schivando contestazioni gavettoni e insulti.
Saronno.
Ogni 25 aprile qualche antifascista si sveglia prima del sindaco e gli rovina la festa.

Nella foto striscione affisso di prima mattina sul Municipio di Saronno

Appuntamento alle 10 in p.zza Libertà per il consueto corteo antifascista.

SENTENZA PROCESSO 25 APRILE 2014

Col solito dispiegamento di forze dell’ordine a caratterizzare al meglio il tribunale di Busto è arrivata la sentenza per il processo per la giornata del 25 aprile 2014. Prima i dati, poi le riflessioni.
La tesi accusatoria di Questura e Procura è stata sostanzialmente smontata: non c’è stata alcuna sovradeterminazione della manifestazione, e come già disse in aula l’allora sindaco Luciano Porro “la contestazione fu politica, non personale, e da considerarsi pienamente legittima”. Parole dette proprio da quello che fu principale bersaglio della contestazione.
Le sole condanne arrivate riguardano gli oltraggi e molestie, tutti assolti gli imputati accusati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale. Le pericolose aste di legno acuminate atte ad offendere sono tornate più mestamente ad essere aste di bandiera, usate per difendersi dalla carica indiscriminata della Polizia di Stato.
Dei diciannove sotto processo sono arrivare tre condanne a 2 mesi e 15 giorni, di cui solo due con sospensione della pena e non menzione, e cinque condanne a 20 giorni con sospensione e non menzione. I restanti undici imputati sono stati assolti da ogni accusa.
Finisce così il primo grado di questo processo farsa, uno dei più grandi provati dalla Questura di Varese, per il quale – è bene non dimenticare – vennero chieste diverse misure cautelari in carcere, poi respinte dal GIP. Finisce in un flop per le forze dell’ordine, e in qualche condanna per i manifestanti.
Non abbiamo però bisogno di un processo e di un tribunale per essere convinti della bontà di ogni azione di quella giornata di resistenza, non abbiamo bisogno di un tribunale per sapere che opporsi al fascismo, e a chi lo appoggia più o meno direttamente, è giusto e necessario. Non abbiamo bisogno di un tribunale che ci dica che la gestione della piazza è sempre più autoritaria, e che ogni margine di azione per il libero dissenso e la libera azione va strappato con le unghie e con i denti, a maggior ragione in un periodo storico in cui il pensiero unico sembra più inscalfibile che mai.
Non abbiamo bisogno di un tribunale per riconoscere nelle forze dell’ordine parte del mondo che ci opprime, e forse la più manifesta. Non abbiamo bisogno di un tribunale per riconoscere che chi quel giorno contestò la giunta Porro e resistette alla violenza in divisa delle forze dell’ordine era nel giusto, in una città come Saronno senza più alcuno spazio di aggregazione giovanile, con ormai il ripetersi – spesso in spazi comunali – di eventi di chiara ispirazione fascista, in una città in cui continuano a succedersi sfratti e retate della Polizia Locale contro i poveri, in centro e in periferia.
Noi oggi ci prendiamo le nostre condanne, consapevoli di essere nel giusto, con ancora più rabbia e determinazione nel rimarcare le nostre scelte, in direzione ostinata e contraria all’umore dei tempi, sempre alla ricerca di complici con cui ardire in questi giorni sempre uguali uno all’altro e alla ricerca della miccia che possa incendiare la polveriera.

QUEL 25 APRILE DEL 2014

Sarà giovedì 8 novembre alle 12.00 al tribunale di Busto Arsizio l’udienza finale del processo di primo grado per i fatti del 25 aprile 2014.
Qui trovate un audio della vecchia redazione dello Stroligh in cui emerge il racconto a più voci di quella giornata.
In quella giornata una manifestazione numerosa ed eterogenea attraversò, come d’abitudine, le vie di Saronno. Nella parte finale le forze dell’ordine decisero arbitrariamente di impedire ad alcune persone, individuate come pericolosi sobillatori, di proseguire la manifestazione. L’intervento dei reparti di celere si concretizzò in alcune cariche a freddo contro i manifestanti, anziani compresi. Qualche manifestante ricorse alle cure mediche.
Il seguente discorso dell’allora sindaco Luciano Porro fu subissato di fischi, sia per le politica poliziesca della sua giunta che qualche mese prima aveva sgomberato una casa occupata tagliando addirittura l’acqua, sia per la concessione di piazze a Forza Nuova e movimenti fascisti (e su questo le uniche opposizioni negli anni sono arrivate dalla piazza, come la mobilitazione contro Wolf of the ring nel novembre 2015), sia per le gestione imbarazzante dell’ordine pubblico in una giornata pesante come il 25 aprile.
Quel giorno in piazza c’eravamo tutti, invitiamo quindi alla presenza solidale giovedì fuori dal tribunale dalle 11.30.

Gallarate: parola al Podestà

“Tanto sangue per far tornare il popolo ad essere sovrano, per respingere i popoli invasori, difendendo i sacri confini e ora davanti alla cessione della sovranità e alla profanazione dei nostri confini, non battiamo ciglio”. Questa è solo una parte dell’intervento vomitevole del podestà – pardon! –  del sindaco di Gallarate, il quale considera il 25 aprile la liberazione dai tedeschi, ma non dal fascismo, e mette sullo stesso piano un esercito di occupazione con chi scappa da guerre e povertà. Ha avuto anche il coraggio di paragonare i caduti partigiani e i deportati nei campi con i caduti della RSI, cosa prevedibile visto che il mese scorso ha partecipato alla commemorazione per questi ultimi a Somma Lombardo, con tanto di fasci(a) tricolore. Dare le spalle al palco quando qualcuno ha intonato Bella Ciao, sfilarsi dal corteo quando la banda ha osato fare la stessa cosa (in compagnia della prediletta del fascista La Russa, l’assessore Francesca Caruso) sono state alcune delle provocazioni messe in campo durante tutta la mattinata. Naturalmente l’atteggiamento e le parole di Cassani sono state legittimate dalla paraculaggine dell’ANPI gallaratese, che con il discorso del suo presidente ha ribadito la retorica democristiana della libertà di pensiero, di espressione e minchiate simili. Fischi ed insulti? Il minimo sindacale messo sul piatto dagli astanti.

25 APRILE: ECCO PERCHÈ OGGI SIAMO SU CARTA

Questa mattina eravamo in piazza a Saronno, una piazza partecipata ed eterogenea, e finalmente – dopo i gavettoni e le contestazioni degli anni passati – libera dalla sgradita presenza leghista.
Abbiamo volantinato il primo numero cartaceo dello Stroligh:

ECCO PERCHÈ OGGI SIAMO SU CARTA

Lo Stroligh è lo strumento con cui ci proponiamo di approfondire ed analizzare quello che succede sul territorio provinciale, con uno spirito radicalmente critico, cercando di creare spunti di riflessione che abbiano nel conflitto e nella lotta – in atto o in potenza – il centro nevralgico del discorso.
La frequenza delle pubblicazioni cartacee sarà proporzionata alle esigenze di chi scrive e alle contingenze del contesto in cui siamo inseriti. Di conseguenza il 25 aprile ci è sembrata la data più opportuna per questa prima pubblicazione cartacea, sia perché negli ultimi anni è stata caratterizzata come un forte momento di piazza (con tanto di processo, in pieno svolgimento, per resistenza alle cariche poliziesche del 2014), sia perché i temi trattati – sicurezza e controllo nelle nostre città, e il tanto (ma non abbastanza) discusso Decreto Minniti – toccano nel profondo le parole e le idee, sempre più svuotate di senso, con cui i politici si riempiono la bocca in queste occasioni.
Infatti ci importa ben poco che il sindaco di Saronno non faccia il consueto intervento (paura della contestazione semplice pudore?); ci importa piuttosto porre l’accento sull’avanzare del “partito nazione”, della propaganda di una sorta di pensiero unico (lontana eco del ventennio).
Perchè la pace sociale tanto desiderata dai governanti non è altro che guerra dichiarata ai poveri e agli esclusi.

LEGA FÖRA DI BALL!

Gli appuntamenti di avvicinamento a questo 25 aprile, firmati Assemblea Antifascista Saronnese, sono stati tanto partecipati quanto controllati da molto vicino dalle forze dell’ordine: sabato un numeroso presidio in centro cittadino ha ribadito lo stretto legame tra giunta leghista ed estrema destra, con Domà Nunch e tutte le altre firme di volta in volta usate dai fascisti saronnesi (Azione Identitaria, Sorarma, Accademia XIX, et caetera), domenica invece un concerto e un aperitivo hanno riempito la Casa del Partigiano di Saronno. In entrambe la situazioni provocatoria e insistente è stata la presenza dei Carabinieri, della Digos e della Polizia di Stato.
Il copione è stato rispettato anche oggi, infatti sin dal primo mattino Saronno è stato invasa da un dispositivo poliziesco degno delle giornate più calde: tre camionette, una ventina di agenti in borghese.
Il sindaco, dopo la figuraccia e gli insulti dello scorso anno, ha fatto il suo discorso di prima mattina di fronte ai soli giornalisti e protetto dalle forze dell’ordine. Poco dopo piazza Libertà si è riempita di circa duecento antifascisti che hanno prima sfilato in corteo e poi, dopo qualche provocazione poliziesca rispedita al mittente, si sono radunati in piazza Caduti della Liberazione per i discorsi conclusivi.
Probabilmente, vista la tradizione briosa del 25 aprile saronnese, oltre alle forze dell’ordine anche i fascisti nostrani hanno avuto lo scrupolo di spiare i movimenti degli antifascisti. Si palesano per ciò che sono: manovalanza assoldabile, cani da guardia del potente di turno.
Dopo anni di contestazioni – gavettoni, insulti, cori, striscioni – finalmente si è riusciti ad ottenere con la lotta un 25 aprile senza leghisti!

TOH… CHI SI VEDE!

I fascisti di Saronno ultimamente si devono essere sentiti trascurati, infatti sono tornati a scrivere sui muri cittadini vicino ad alcune scritte antifasciste. Guarda caso nello stesso momento in cui è stata cancellata, con la ritinteggiatura completa del muro in questione, la scritta che inneggiava a partigiani a GAP. Gli anni scorsi a ridosso del 25 aprile hanno esposto striscioni inneggianti a Ramelli e contro i partigiani.
Nell’ultimo anno, dopo il tentativo di organizzare un evento nazista a Saronno (Wolf Of The Ring, associazione del circuito hammerskin), si sono verificate alcune intimidazioni ai danni di giovani individuati come “alternativi”, quindi “compagni” o quantomeno prossimi a loro.
Dei motivi in più per essere in piazza in questi giorni, sabato 22 al presidio antifascista in piazzetta Portici e martedì 25 aprile alle 10 in piazza Libertà per il corteo cittadino.