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OSPEDALE UNICO: LA MENZOGNA NON È NEL DISCORSO, È NELLE COSE

In questi giorni, abbiamo appreso dalla stampa locale, la possibilità che il pronto soccorso di Gallarate venga definitivamente chiuso e trasferito a Busto Arsizio. La situazione viene descritta come drammatica a causa dell’organico insufficiente presso la struttura Gallaratese.

Le cause di questa situazione sono da imputare alla gestione scellerata e simil-mafiosa della sanità lombarda ad opera delle giunte susseguitesi negli ultimi anni. Privatizzazioni, tagli di spesa, esternalizzazione dei servizi, superticket, gestione aziendale-industriale delle strutture ospedaliere, mazzette e porcheria similare: la sanità lombarda rappresenta davvero un’avanguardia a livello nazionale. Che poi ci sia una giunta a traino ciellino (Formigoni), o a traino legaiolo (Maroni prima, Fontana ora), poco cambia: quello della sanità è un affare succulento attraverso il quale generare parecchi profitti.

I vari partiti politici che si susseguono, non rappresentano null’altro che gli interessi dei differenti gruppi di affaristi in competizione o in combutta tra loro per spartirsi le fette di questa ricchissima torta. Capita, a volte, che qualche testa salti o che qualcuno venga pizzicato con le mani nel sacco, ma si sa: nell’epoca dell’informazione ultraveloce, le persone tendono a dimenticare rapidamente, e basta solo attendere che si calmino un po’ le acque per ricominciare ad arraffare.

Certo, la tutela della salute passa assolutamente in secondo piano, ma questo conta poco. Così come poco contano i disagi, che scelte come quella di chiudere il pronto soccorso Gallaratese, potrebbero comportare nei confronti dei residenti nella zona.
Ma questa non è una decisione casuale, o come vorrebbero far credere emergenziale, bensì è inclusa pienamente nella progettualità della giunta regionale leghista che prevede accorpamenti tra due o più strutture ospedaliere a livello locale, allo scopo di alleggerire la spesa sanitaria.

Gallarate e Busto Arsizio ne sono coinvolte, e secondo stampa e leghisti, la costruzione di questo fantomatico ospedale unico sarebbe la panacea di tutti i mali. Eppure la proposta di chiudere il pronto soccorso di Gallarate, è da intendersi proprio come un primo passaggio verso ciò che poi si verificherà con la costruzione dell’ospedale unico: la diminuzione complessiva di organico, prestazioni erogate e posti letto disponibili. Questo comporterà pesantissimi disagi, nei confronti di coloro che perderanno il lavoro o verranno trasferiti, e nei confronti dei pazienti che non potranno permettersi il lusso del ricovero presso strutture private, e saranno costretti a lunghe attese o a migrare presso altri ospedali. Non è fantascienza immaginare che molti pazienti potrebbero essere piazzati in qualche struttura convenzionata con la Regione, magari gestita da qualche amico di amici bisognoso di gonfiarsi le tasche.

E l’ipocrisia del sindaco Cassani non tende a farsi attendere: si dichiara pronto a schierarsi al fianco dei suoi cittadini e a fare le barricate per difendere il pronto soccorso, tralasciando il fatto che questa decisione è conseguenza di una politica ben precisa, dettata proprio dallo stesso partito di cui fa parte.

PEDEMONTANA: IL FALLIMENTO DELLA FUFFA

Di Pedemontana a oggi sono state realizzate le tratte A e B1, tra Cassano Magnago e Cermenate, più le tangenziali di Como e Varese. La tratta B1 (tra Lomazzo e Cermenate) è stata inaugurata nel gennaio 2015. Poi più nulla, perché sono stati utilizzati tutti i finanziamenti pubblici (1 miliardo e 200 milioni) per realizzare un quarto dell’opera. I soldi degli investitori privati (altri 3 miliardi ) non si sono mai visti, perché nessuno investe in quello che sta per diventare l’ennesimo fiasco di una grande opera. Non sono bastati nemmeno i soldi messi a disposizione dallo Stato sotto forma di defiscalizzazione per eventuali investitori.

A questa impasse ha corrisposto un crescendo di dichiarazioni di Roberto Maroni, tanto roboanti quanto ridicole, tanto sono distanti dalla realtà; “opera strategica”, “Pedemontana si completerà”, “serve al territorio”, “ne faremo altre”, fino al nonno visionario che diceva al piccolo Roberto “un giorno da qui passera la Pedemontana”(cfr La Provincia on line 26 gennaio 2015)… Ma intanto i dati sul traffico sono impietosi; il 30 % di quello previsto dagli studi preliminari. E poi l’azione dei Comitati contro l’impatto ambientale, in particolare riguardo alla diossina ancora presente a Seveso e dintorni, cioè nel cuore della tratta B2. La popolazione è sempre più dubbiosa e talvolta ostile, specie nella zona della diossina; i privati non investono; le entrate dei pedaggi non bastano; le banche si innervosiscono, e si innervosisce anche Maroni. Inizia (ormai sono quasi due anni) un lamentoso pressing in particolare sul governo che “deve fare la sua parte” cioè, tradotto, deve tirar fuori soldi pubblici. Ed eccolo qua il modello di infrastruttura del futuro, con il suo bel “project financing”, l’opera che si finanzia da sola attirando investimenti privati, ridotta ad elemosinare la provvidenziale mano pubblica. Ma il peggio, inevitabile, doveva ancora arrivare.
Tre giudici della procura di Milano hanno richiesto la dichiarazione di fallimento della società Pedemontana; la prima udienza è stata il 24 luglio, ma il giudice ha rinviato all’11 settembre, poi ha rimandato a decisione collegiale (cioè non vuole decidere da solo) e ora chiede un’altra perizia sullo stato delle finanze della società Pedemontana. Vedremo cosa accadrà. Noi la nostra “perizia” la facciamo tutti i giorni, sul nostro territorio, vedendo i disastri che Pedemontana ha compiuto, e immaginando quelli che potrebbe compiere.

In questi giorni abbiamo notato alcuni articoli sul fallimento di Pedemontana del genere “sciagura e carestia”, articoli nei quali se fallisce l’opera, non ci saranno le compensazioni economiche promesse ai comuni, non si risolveranno i problemi di viabilità locale, non si risolverà il problema diossina (???) non ci saranno le compensazioni ambientali e non ci sarà la favolosa Greeenway, “l’autostrada parallela di 90 chilometri per bici e pedoni, 700 ettari di superficie, come un altro Parco di Monza” (nientemeno!!!); insomma non ci sarà il “mostro” e tutta quella bella fuffa che lo camuffa.
Le compensazioni ambientali sono come fiori su una bara”.
Da un intervento ad una assemblea pubblica contro Pedemontana.