SENTENZA PROCESSO 25 APRILE 2014

Col solito dispiegamento di forze dell’ordine a caratterizzare al meglio il tribunale di Busto è arrivata la sentenza per il processo per la giornata del 25 aprile 2014. Prima i dati, poi le riflessioni.
La tesi accusatoria di Questura e Procura è stata sostanzialmente smontata: non c’è stata alcuna sovradeterminazione della manifestazione, e come già disse in aula l’allora sindaco Luciano Porro “la contestazione fu politica, non personale, e da considerarsi pienamente legittima”. Parole dette proprio da quello che fu principale bersaglio della contestazione.
Le sole condanne arrivate riguardano gli oltraggi e molestie, tutti assolti gli imputati accusati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale. Le pericolose aste di legno acuminate atte ad offendere sono tornate più mestamente ad essere aste di bandiera, usate per difendersi dalla carica indiscriminata della Polizia di Stato.
Dei diciannove sotto processo sono arrivare tre condanne a 2 mesi e 15 giorni, di cui solo due con sospensione della pena e non menzione, e cinque condanne a 20 giorni con sospensione e non menzione. I restanti undici imputati sono stati assolti da ogni accusa.
Finisce così il primo grado di questo processo farsa, uno dei più grandi provati dalla Questura di Varese, per il quale – è bene non dimenticare – vennero chieste diverse misure cautelari in carcere, poi respinte dal GIP. Finisce in un flop per le forze dell’ordine, e in qualche condanna per i manifestanti.
Non abbiamo però bisogno di un processo e di un tribunale per essere convinti della bontà di ogni azione di quella giornata di resistenza, non abbiamo bisogno di un tribunale per sapere che opporsi al fascismo, e a chi lo appoggia più o meno direttamente, è giusto e necessario. Non abbiamo bisogno di un tribunale che ci dica che la gestione della piazza è sempre più autoritaria, e che ogni margine di azione per il libero dissenso e la libera azione va strappato con le unghie e con i denti, a maggior ragione in un periodo storico in cui il pensiero unico sembra più inscalfibile che mai.
Non abbiamo bisogno di un tribunale per riconoscere nelle forze dell’ordine parte del mondo che ci opprime, e forse la più manifesta. Non abbiamo bisogno di un tribunale per riconoscere che chi quel giorno contestò la giunta Porro e resistette alla violenza in divisa delle forze dell’ordine era nel giusto, in una città come Saronno senza più alcuno spazio di aggregazione giovanile, con ormai il ripetersi – spesso in spazi comunali – di eventi di chiara ispirazione fascista, in una città in cui continuano a succedersi sfratti e retate della Polizia Locale contro i poveri, in centro e in periferia.
Noi oggi ci prendiamo le nostre condanne, consapevoli di essere nel giusto, con ancora più rabbia e determinazione nel rimarcare le nostre scelte, in direzione ostinata e contraria all’umore dei tempi, sempre alla ricerca di complici con cui ardire in questi giorni sempre uguali uno all’altro e alla ricerca della miccia che possa incendiare la polveriera.