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INTERVISTA AD ALBERTO MAGNAGHI - 28 AGOSTO 2001


Allora la città era segnata dai circoli di donne che giravano liberamente di notte, ai circoli sociali, si sentiva un'altra città. Però, la sinistra pensava al compromesso storico, non si sono aiutate queste strutture a crescere. Io adesso sto buttando lì alcune concause che hanno determinato poi questa sottrazione, non penso mai ad una oggettività delle situazioni né sociali né politiche, dipende molto da come le varie forze possono aiutare, deprimere o reprimere.


Ci sono sicuramente forti differenze tra gli anni '70 e gli anni '90: nella forma della partecipazione, al di là di tutti gli errori che sono stati fatti, c'era una ricchezza della presenza e un rapporto tra cosa uno aveva e cosa uno poteva fare che poi invece si è perso. C'era un numero di Quaderni del Territorio dedicato ad una ricerca fatta con Aut Aut e ad un convegno in cui si era discusso della figura del proletariato giovanile. Il rapporto tra cosa uno aveva come mete e come potenzialità e la possibilità di realizzazione era tutto all'interno della partecipazione sociale e politica. Le forme di consumo riproduttivo e le forme di consumo distruttivo erano infinitamente più basse di quelle che ci sono state negli anni '90. Adesso c'è una continua immissione di merci, quelle informatiche ad esempio; all'interno del discorso sulle merci di consumo rientrano sicuramente i centri sociali degli anni '90, talvolta nuovi dopolavoro ferroviari, in cui si va per consumare il concerto o un certo tipo di socialità. Interessante è il lavoro fatto da Bonomi, "Il distretto del piacere", in cui si vede come il consumo sia sempre più quello di merci come il divertimento, l'intrattenimento, la socialità.

E' esemplare che tutti i centri sociali di Firenze vengano sostituiti da ipermercati con la loro piazzetta interna: il centro di socialità diventa l'ipermercato.


I circoli del proletariato giovanile di Milano, i 200 di cui tu parli, facevano le autoriduzioni dei concerti, l'entrata nel cinema gratis e via dicendo. Adesso gli stessi centri sociali diventano impresa del consumo della cultura, della musica, della socialità. Questo per dire che adesso la proposizione anche della vita quotidiana nella forma del consumo della merce come socializzazione è molto più estesa di quanto lo era allora, quando avevi molte meno possibilità e l'impegno sociale e politico era una forma di realizzazione individuale e collettiva. Adesso invece ciò è all'interno di forme di impresa (micro o macro) in cui però ti è chiesto non di partecipare ma di consumare, e la realizzazione è in questi termini qui.


Sono d'accordo sul fatto che tale passaggio ci sia stato. Tuttavia, una lettura solo di questo passaggio porterebbe a dare un'analisi solo catastrofica degli anni '90 e del nuovo secolo, che questi movimenti invece tendono a rimettere in chiave critica, sia sul problema del consumo della merce sia sul problema delle nuove forme di produzione. Quindi, esiste questo processo, ma esiste anche altro, e il problema è riuscire a distinguere e scavare in queste contraddizioni. Sicuramente il processo che analizzavate è andato avanti: d'altra parte centri come il Leoncavallo, buttato fuori due volte, o si davano anche una funzione economica di un certo tipo o chiudevano, e non è detto che fosse meglio che chiudessero, almeno c'è un barlume di certe cose. Anche i centri sociali veneti hanno una loro funzione oggi in tutto questo movimento, oltre alle tute bianche, esprimono progettualità, sono in contatto con le amministrazioni locali. Sono comunque d'accordo sul fatto che la forma sia diversa.


Infatti, il problema è ricercare le diversità, perché poi esse danno forme di potenzialità differenti. Negli anni '70, ad esempio, la militanza era la militanza, negli anni '90 è fare queste altre cose. Il problema non è se sia meglio una cosa o l'altra, ma capire e analizzare le differenze.


Se oggi dovessi pensare alla militanza che facevo alle 6 del mattino di fronte alle porte della Fiat, alle notti all'assemblea operai-studenti alle Molinette e poi in via Passo Buole, a parte che sono invecchiato e ho meno energie, non avrebbe oggi lo stesso significato: ora lavoro moltissimo, però privilegio altre forme, il perché l'abbiamo discusso prima.

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