E' risaputo che in questa fabbrica si moriva di cancro, l'aria era inquinata, dunque avveniva uno scambio di salario con morte: alle vedove si dava un premio quando moriva l'operaio, per cent'anni c'è stato questo scambio. A un certo punto, nell'88, questo scambio non ha più funzionato. Una trasmissione televisiva fa vedere il livello di morte, le percentuali epidemiologiche di cancri nella valle, non parliamo della distruzione dell'agricoltura, del turismo, con un fiume viola maleodorante che ha distrutto praticamente tutto. Per farla breve, a un certo punto tutti i giovani dei paesi si organizzano in comitati e c'è questa svolta: "basta con la fabbrica di morte, fuori l'Acna dalla Val Bormida". Però, la cosa interessante è che questa presa di coscienza della fabbrica di morte, del possibile superamento del lavoro salariato come unica fonte di reddito, si accompagna ad una rivoluzione culturale, cioè a un cambiamento di atteggiamento verso il proprio territorio e alla scoperta che la chiusura di quella fabbrica può voler anche dire riscoprire le potenzialità di ricchezza che il territorio dimenticato potrebbe dare. Quindi, il fiume come erogatore di ricchezza, di agricoltura, di paesaggio, di turismo; i terrazzamenti, i boschi, le cascine i piccoli centri di crinale e di fondovalle, le produzioni tipiche di qualità; adesso stiamo discutendo come rivitalizzare l'agricoltura di montagna, il turismo culturale, escursionistico. Io ho finito ora il piano della Comunità Montana del Valle Bormida e Uzzone in cui tutti questi concetti di trasformazione culturale danno luogo ad un piano che è un piano partecipato, con tutte le associazioni locali, i vari attori economici, culturali ecc., e che è tutto proteso a individuare un nuovo modello di sviluppo fondato sull'autovalorizzazione del patrimonio territoriale; intendendo per patrimonio territoriale la qualità ambientale, la qualità del territorio storico, ma anche delle culture locali e delle energie del luogo. E in questo non valgono più modelli esogeni da grande fabbrica, valgono modelli di autoimprenditività diffusa. Il patto territoriale della Val Bormida e alta Langa che io ho gestito come tecnico ha avuto l'obiettivo di mettere in evidenza tutte le potenzialità di microimpresa sul formaggio, sull'artigianato, sulla lavorazione della pietra di langa, sul recupero del bosco, della vite, del castagno, dell'ospitalità agrituristica,ecc. Questo "patto" ha stimolato l'emergenza di una rete di microimprenditoria locale con forti finalità, culturali, ambientali e di valorizzazione del patrimonio territoriale.
Quindi, quello che era operaio diventa oggi piccolo produttore che recupera i saperi della microimpresa che era la cascina e che in qualche modo si ripropone come riunificazione tra lavoratore e abitante. Cerco di esprimere meglio il concetto. Nella società del salario l'abitante e il lavoratore sono due figure distinte: uno va a casa e dorme e lì si occupa dell'asilo, della strada, della luce, del telefono. E' meglio chiamarlo residente più che abitante, si pensi al disgraziato che vive in un quartiere dormitorio. Come lavoratore d'altra parte produce cose astratte, le due figure non si toccano mai. In un ragionamento come ad esempio quello che ho fatto adesso sulla Val Bormida, ma che sto facendo in molte altre esperienze, in tutti i miei progetti in cui lavoro sia come militante, che come universitario, che come pianificatore (sono mescolate queste figure), sperimentando costruzioni di società locale, esperienze di trasformazione, quello che è interessante è che queste due figure tendono di nuovo a riavvicinarsi. Quando noi mettiamo qui in Val Bormida attorno a un tavolo pattizio, costituzionale diciamo, i commercianti, i rappresentanti degli agricoltori, i piccoli produttori, la costruzione di nuove filiere che vanno dalla produzione della nocciola fino al prodotto finito, ragioniamo con gli amministratori pubblici, economici, con gli attori culturali. C'è ad esempio qui un movimento che si chiama degli "Antichi Mestieri" (nato da un gruppo di donne) che le domeniche gira in tutte le piazze mostrando e riproducendo antichi mestieri: esso sta riproducendo interesse per l'artigianato locale, quindi produrrà anche nuova economia. Stiamo parlando di un tavolo nel quale l'abitante-produttore può discutere del proprio futuro: può perché è in grado di costruirselo, cooperando con altri; mentre l'operaio astratto e il residente astratto non erano in grado. La ricomposizione delle due figure, che oggi è possibile, l'abitante o e il produttore, può permettere a una regione, a una bioregione, a una valle, di configurare intorno a un tavolo contrattuale il proprio futuro: tra enti locali, amministratori locali, sindacati, rappresentanze delle associazioni culturali, piccoli produttori, reti di produzione, può decidere un modello, dire "noi prospettiamo per questa valle questo progetto di futuro".
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