Questo era un aspetto, l'altro era quello che aveva a che fare con i movimenti di capitale, cioè con la trasformazione del capitalismo in quanto tale. Lì il discorso non era esattamente lo stesso, anche se poi, nel giro di qualche anno, anche in questo caso si diedero delle coincidenze secondo me abbastanza significative. Ma qui lo sfalsamento temporale è più forte, nel senso che il capitale italiano arrivò ad attuare strategie analoghe a quelle del capitale americano con qualche anno di ritardo, cioè a partire essenzialmente forse dalla seconda metà degli anni '70. A noi sembrava importante cogliere un aspetto, cioè l'accoppiata di ristrutturazione capitalistica e di modifica dei comportamenti nei confronti della classe operaia. I movimenti di ristrutturazione, che avevano caratteri che in Italia non ebbero, tuttavia cominciarono negli Stati Uniti negli anni '60: il trasloco degli impianti, l'introduzione prima di meccanizzazione spinta e poi di automazione, la sostituzione del lavoro vivo con i robot, la robotizzazione di alcuni segmenti di lavorazione, soprattutto nel ciclo dell'automobile. C'era una cosa che avveniva negli Stati Uniti e non in Italia, ossia lo spostamento, il trasloco delle grandi fabbriche dalle vecchie e tradizionali grosse concentrazioni operaie verso gli stati del sud, non sindacalizzati, dove le fabbriche erano più piccole, più moderne, con classe operaia non sindacalizzata. Il tentativo di allargare la classe operaia con gli immigrati del sud avevamo visto che aveva ottenuto ciò che in inglese si chiama back-fire, cioè si era rivoltato su se stesso, perché gli immigrati è vero che non avevano la formazione politica e sindacale della vecchia classe operaia di fabbrica, però rapidamente avevano cambiato le loro posizioni e avevano dato vita a dei movimenti di insubordinazione che erano stati tipici degli anni '60. Negli Stati Uniti questo fenomeno era successo prima, quando erano arrivati i neri, che erano diventati rapidamente avanguardie nei movimenti di insubordinazione. Quindi, anche qui riuscivamo a rimettere un po' insieme le cose. Però, negli Stati Uniti questa trasformazione (trasloco e trasformazione degli impianti, nuova classe operaia non sindacalizzata) avviene prima che in Italia; qui, nella seconda metà degli anni '70, questo processo si sviluppa attraverso l'introduzione nelle fabbriche automobilistiche di un quantità di giovani, che non condividono né l'etica operaia né la pratica di lotta, che ormai era diventata comune, di vecchi operai, giovani di movimento e immigrati nel corso degli anni '60 fino all'esplosione del '69, '70, '71. Questi giovani invece sono un'altra cosa e, da parte della Fiat per esempio, sono il preludio al 1980: dopo l'occupazione di Mirafiori del '73, la Fiat cambia politica e comincia ad immettere, dentro il processo produttivo, una quantità di giovani, e tendenzialmente ad emarginare gli operai che hanno fatto le lotte dai primi anni '60 ai primi anni '70, che secondo me si concludono esemplarmente con l'occupazione del '73. Dal '73 all'80 la Fiat prepara, diciamo così, il colpo di Stato, su due livelli: da una parte con l'inizio delle trasformazioni interne, la preparazione della ristrutturazione, che ha un procedere lento e in parte contrattato, però contemporaneamente introduce tutta questa gente, che poi nell'80 sarà presa alla sprovvista, non avrà gli strumenti per reagire, non saprà, non gliene importerà, non sarà coinvolta in quella lotta di resistenza degli ottanta giorni. Con però una variante per quanto riguarda l'Italia, ossia che qui c'è un movimento operaio (non soltanto sindacale, ma nel suo complesso) particolarmente forte, che nessuno lo sa che è analogo a quello americano, il quale aveva appunto dato vita a questa lunghissima ondata di lotte, tra il '67-'68 e il '74-'75, proprio in risposta alle trasformazioni dentro la fabbrica e all'attacco antisindacale e antioperaio che aveva cominciato a manifestarsi e che era presente sia a livello di fabbrica sia nella società. Noi però cerchiamo di capirlo e di istituire un rapporto tra quella resistenza operaia là e la resistenza operaia in Italia fino al '73, e cerchiamo di dire: "Guardate che, anche se ci sono degli elementi di diversità, ci sono però degli elementi di somiglianza". Ma in Italia la situazione era "troppo" a favore della classe operaia, che era più forte che negli Stati Uniti, per cui l'attacco antioperaio è più mediato, meno esplicito e diretto, arriverà soltanto nell'80, mentre invece là arriva nel '75-'76. Poi, però, si riproduce nell'80 esattamente come in Italia: quando viene eletto Reagan, il suo primo atto, nell'81, è la distruzione di un sindacato, quello dei controllori di volo. A questo punto, però, la coincidenza diventa perfetta, l'attacco antioperaio della Fiat e quello del reaganismo sono in perfetta sincronia.
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