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INTERVISTA A BRUNO CARTOSIO - 15 MAGGIO 2000


Penso, per esempio, a quando nei Quaderni Rossi viene tradotta l'inchiesta operaia di Marx: c'è tutto uno spostamento in direzione della rilevazione della soggettività. Quando Montaldi fa le "Autobiografie della leggera", quando fa i "Militanti politici di base", quando pratica questo tipo di ricerca, è una ricerca che ha al fondo la documentazione di soggettività complesse, esistenti e attive o attivizzabili al di fuori delle formazioni partitiche esistenti. Quando Ernesto De Martino fa la ricerca nel Sud, quando Gianni Bosio scrive che le isole di ignoranza sono le isole di resistenza, quando fa l'elogio del magnetofono come strumento per la rilevazione dell'esistente, questi sono discorsi che non sono tutti in collegamento tra di loro, però esistono, in modo più o meno atomizzato, e che poi, in qualche maniera (ovviamente in modi che sono analizzabili e ricostruibili, spesso proprio attraverso i rapporti personali tra le persone) confluiscono negli anni '60 e producono quella straordinaria fase di studio, di ridiscussione dei classici del marxismo, di analisi delle esperienze marxiste, o non strettamente marxiste, o della non ortodossia marxista, di analisi dell'esistente, della fabbrica, della soggettività e di inizio della rottura dello schema partitico, che diventa non soltanto adozione di un modello non ortodosso nell'analisi, ma anche individuazioni di modalità, di comportamento e di azione che stanno fuori dai partiti: esiste cioè la possibilità di fare delle cose fuori dai partiti. Quando parlo di questo, non faccio un discorso che si limita alla politica in senso stretto, ma molto più ampio. Per questo all'inizio, quando parlavo della mia esperienza e della mia formazione, ho fatto riferimento a quel gruppo di persone, in cui eravamo tutti giovani, di sinistra, più o meno comunisti (alcuni lo erano, alcuni no, alcuni lo sarebbero diventati strada facendo), che però ci guardavamo intorno e vedevamo delle cose che cinque o dieci anni prima non c'erano e che magari qualcun altro dieci anni prima non vedeva. Per esempio, prima citavo Gianni Bosio, si pensi al Nuovo Canzoniere Italiano, tutta la ricerca sul canto sociale, il fatto che comincino a girare per l'Italia i dischi del sole, gli spettacoli del Nuovo Canzoniere Italiano: forse bisognerebbe proprio dedicare una parte del discorso per far capire ai giovani come tutte queste cose qui si coagulassero, in che modo, nella formazione delle persone, interagissero contemporaneamente lo Sputnik, le rivolte urbane negli Stati Uniti, il Nuovo Canzoniere Italiano, i canti della Resistenza e tutte queste cose qui, e la possibilità e il senso che esisteva una situazione di crescita economica, sociale, culturale all'interno della quale dei giovani non soltanto trovavano stimoli enormi, ma anche trovavano gli spazi per fare delle cose. Studiavamo anche molto negli anni '60, Gramsci ad esempio; adesso è stato appena ripubblicato "I dannati della terra" di Frantz Fanon, quelle erano cose che noi leggevamo quando uscivano. Ovviamente poi andavamo al cinema, ai cineforum, a teatro: con quel gruppo di Tortona di cui dicevo prima, io e il mio amico organizzavamo i pullman e portavamo le persone a vedere gli spettacoli di Brecht al Piccolo Teatro ("Schweyk nella seconda guerra mondiale", "L'anima buona di Sezuan", "Vita di Galileo" e così via). Era una situazione in cui cose molto diverse tra di loro, che a noi oggi possono apparire separate e lontane, interagivano e si rafforzavano l'una con l'altra. E capivamo che per guardare a certe cose avevamo bisogno di rompere degli schemi: negli Stati Uniti stavano succedendo delle cose che noi non potevamo capire guardando a quella realtà con gli occhi dei nostri padri. Non c'è assolutamente niente da fare, lì la realtà ha imposto l'adozione di modelli teorici di tipo diverso. Il mondo, nell'arco di pochi anni, ti si allarga completamente davanti, e questo grazie da una parte agli Stati Uniti, alla guerra nel Vietnam, dall'altra ai satelliti artificiali, allo Sputnik, alle bombe da 50-60 megatoni: quando succedono queste cose, ti pongono dei problemi che tu devi analizzare, cercando di modificare la strumentazione teorica che hai a disposizione, questa è la cosa fondamentale. Per cui, quando poi hai adottato questo tipo di comportamento, tutto quello che succede negli anni '70 e '80 ti passa sotto gli occhi ponendoti continuamente degli interrogativi: tu sei abituato a guardare alle soggettività, in che modo si esprimono, e allora ti poni gli interrogativi, in che modo capisci e cerchi di capire. Guardi il capitale, ma quello che succede negli Stati Uniti o in Brasile o in India non ti è più estraneo, perché hai imparato che non è tanto l'imperialismo che sta occupando tutto il mondo, ma che ci sono delle dialettiche di vario tipo (di classe, di casta, politiche, istituzionali, trasformazioni profonde sul piano istituzionale che succedono). Quando, negli anni '60, parte il movimento delle guardie rosse in Cina, tu puoi anche avere evitato di occupartene fino ad allora, ma in quel momento devi per forza aprire gli occhi sulla Cina, perché vedi quello che succede lì come necessario per la tua formazione: poi non diventi "cinese" (o magari sì, alcuni lo diventano) però quella è un'esperienza che tu sottoponi all'analisi. E' questo il nodo che si stringe in questi anni, tra la seconda metà degli anni '60 e la prima metà dei '70, e questa secondo me è una trasformazione decisiva: le trasformazioni decisive passano attraverso questo periodo.

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