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INTERVISTA A BRUNO CARTOSIO - 15 MAGGIO 2000


La società degli Stati Uniti degli anni '60 fino ai primi anni '70 a noi sembrava incarnare proprio questo tipo di possibilità: era una società nella quale il mondo della politica aveva assolutamente dominato la realtà di quel paese fino ai primi anni '60, così ci sembrava allora, in realtà non era vero, perché già alla metà degli anni '50 il movimento contro la segregazione razziale aveva creato ostacoli e tirato fuori delle realtà e delle possibilità assolutamente inaspettate, ma questo noi non lo sapevamo ancora adeguatamente, pensavamo che l'inizio della contestazione del sistema politico appartenesse ai primi anni '60, quando il movimento per i diritti civili diventò una realtà grande, in realtà era già cominciato prima. Quindi, il movimento per i diritti civili, poi il movimento contro la guerra, il movimento delle donne, il movimento delle minoranze, incluse quelle chicana e indiana, poi i movimenti di classe operaia degli ultimi anni '60. Noi siamo stati i primi ad occuparci dei movimenti di classe operaia. Tra il '67-'68 e il '74-'75 negli Stati Uniti c'è la più grande ondata di lotte operaie della sua storia, noi siamo stati i primi ad accorgerci di questa realtà, e siamo stati i primi ad aver guardato ad essa e cercato di capire che cosa voleva dire. Questo, bisogna dire, lo abbiamo fatto contemporaneamente a quello che ha fatto una parte delle persone che appartenevano alla nuova sinistra negli Stati Uniti: che gli operai c'erano e che le loro attività avevano un senso ce ne siamo accorti contemporaneamente noi qui e loro là. Questo è anche uno degli aspetti che erano importanti di quegli anni, la comunicazione tra cose che avvenivano a livello territoriale molto ampio con scarti temporali minimi. Dunque, il discorso era se i movimenti sono in grado di modificare il quadro politico e di contribuire ad accelerare la crisi di quei partiti che, secondo noi, erano evidentemente portatori ormai di un immobilismo, di un'assenza di critica e di trasformazione del quadro sociale, politico e istituzionale. Questo era il nostro ragionamento e sulla base di quello che succedeva negli Stati Uniti la nostra risposta era sì: a noi interessava cercare di mettere in circolazione le nostre analisi della realtà statunitense, pensando o sperando di contribuire a rendere ciò uno strumento per l'analisi anche della realtà italiana. Ovviamente sapevamo quali erano le diversità: quando parlavamo degli Stati Uniti abbiamo sempre parlato di realtà di casta e classe. Qui in Italia non esisteva una separazione di casta paragonabile a quella che il razzismo istituzionale aveva creato negli Stati Uniti, non esistevano gli afroamericani, i neri, non c'era un movimento simile; ovviamente gli immigrati meridionali nelle città industriali non erano una realtà di questo tipo. Però, tenendo conto delle diversità e scontate alcune di esse, secondo noi era importante che, dentro il quadro politico italiano, esistesse una capacità di cogliere e di interloquire con i movimenti di base. In questo stava anche una parte della nostra critica nei confronti dei gruppi, che vedevamo come limitati, chiusi e quindi incapaci di contribuire in modo ampio a un movimento più generale che portasse avanti quel tipo di iniziativa. Ci sembrava che i gruppi, cioè le chiusure, le separazioni, le contrapposizioni, riproducessero un qualcosa che, qualche anno prima, era già avvenuto negli Stati Uniti con effetti disastrosi per il movimento: quello che qui cominciò a succedere tra il '70-'71 e il '73-'74, negli Stati Uniti era successo tra il '69 e il '71-'72. Quindi, in un certo senso era questo il tipo di "vantaggio" che noi pensavamo di poter avere, cioè di riuscire a guardare a quella situazione e capire che qualcosa di analogo stava succedendo, o c'era il rischio che succedesse, anche qui. Infatti, in buona misura si riprodusse un tipo o una serie di fenomeni analoghi, a partire per esempio dalla tangente delle azioni armate. Là il cosiddetto partito armato, che è una costola del movimento degli studenti, si stacca dalla nuova sinistra, non è più disponibile ad accettare il movimento del giorno per giorno e ritiene di poter spingere e di dare un'accelerazione e una direzione di tipo "leninista" al movimento nel suo complesso attraverso le azioni esemplari. Questi sono i movimenti dei Wetherman, dei Revolutionary Yank Movement uno e due, e così via, e iniziano con le azioni armate, di sabotaggio, le esplosioni di strutture nel '69: tra quell'anno e il '71 questo porta alla frantumazione e alla distruzione del movimento. Lo Students for Democratic Society finisce praticamente nel '69, quando, all'interno del suo ultimo congresso, emergono queste forze tangenziali in direzione della lotta armata, della scelta della clandestinità e così via. Quindi noi, in un certo senso, cercavamo di anticipare questi movimenti provando a introdurre elementi di un discorso per una pratica della politica di movimento che contribuisse all'accelerazione della trasformazione, ma che evitasse le derive e le tangenti armate, perché ne vedevamo il limite. Era anche parte della nostra critica all'idea di partito leninista che stava dentro i gruppi: per noi il piccolo partito leninista, di quadri militanti di avanguardia, era una struttura superata, e questi che danno vita alla deriva armatista riproducevano, o cercavano di riprodurre, un modello di quel genere.

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