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INTERVISTA A CHRISTIAN MARAZZI - 5 LUGLIO 2000

Questo passaggio si rifletteva nell'emersione e nell'apparizione di tutte queste nuove forme veramente inedite di povertà, che a mio modo di vedere sono il momento in cui le tematiche del terzo settore vedono i cattolici apparire sulla scena attivamente; essi hanno ovviamente visto lì l'occasione storica, ma non solo loro, anche per esempio i leghisti. Le forme del leghismo si differenziano a seconda delle zone: nel nord Italia nascono dalle povertà dei forti, nel senso della piccola e media impresa nei confronti del grosso capitale e dello stato sociale, dello Stato di Roma; da noi (anche qui abbiamo una Lega) il mio studio sulla povertà era per esempio stato paradossalmente preso come una specie di bibbia per lanciare, ovviamente in termini populistici, tutto l'attacco al sistema vecchio, al centro-sinistra e ad un federalismo che, seppure siamo visti come modello di paese federalista, è già in crisi a partire dagli anni '80. Per questo nasce una Lega in Ticino, perché i centri di potere economico e politico sono effettivamente contro o comunque già allora si intravede in che direzione vanno le città di Zurigo, i cantoni forti, la nostra Berna che è un po' come Bruxelles per l'Europa, tutto ciò per quanto riguarda la costruzione federalista della società postfordista. Quindi, a partire dalle nuove forme di povertà si vede il cambiamento di alleanze, ci sono i cattolici che ritornano alla grande sul sociale, là dove la sinistra è impreparata: mi riferisco al sociale dei perdenti, dei poveri, però allo stesso tempo sono terreni forti nel senso che sono terreni di sperimentazione delle nuove forme del lavoro, della produzione della ricchezza, l'operaio-sociale diventa la sottoclasse e però resta sempre il materiale vivo a partire dal quale si produce la ricchezza, come la si produce nel postfordismo e nella nuova economia in termini comunicativo-relazionali, attraverso i linguaggi, attraverso la mobilità, attraverso la deterritorializzazione ecc. Lì si ha però questa congiuntura strana e anche complessa, dove tutti questi fili si annodano attorno a soggetti politici nuovi e che danno un grosso contributo all'emergenza del centro-destra: leghismo, crisi dei partiti cattolici, rinascita di una politica cattolica attraverso CL, forze politiche che poi saranno decisive negli anni '90 per formare un nuovo blocco politico con la destra economica un po' ovunque. Tale blocco non sarà necessariamente vincente, perché in effetti resta nella maggioranza dei paesi (salvo in Ticino) comunque ancora all'opposizione, però è molto importante per condizionare totalmente le politiche cosiddette del centro-sinistra, le quali sono non a caso del tutto condizionate da questa forza che è popolare, non è solo elitaria. E' una forza popolare che preme sui partiti della regolazione dello stato sociale in quest'ultima fase e li costringe sempre di più comunque, volenti o nolenti, su scelte politiche che sono liberiste, si pensi a Blair, Schroeder, D'Alema, per non parlare di Amato, lo stesso Jospin: questa è la società nella quale il sistema partitico, se vuole stare in piedi, se vuole essere al governo, o fa così o crolla. Il problema è se si vuole agire ancora in quel modo, questo è un altro paio di maniche, ma se uno sceglie di stare dentro la logica partitica, anche di alleanze, ma comunque sempre dentro una sistemica partitica, non c'è mica tanto da girarci attorno: o segue la politica degli sgravi fiscali, delle pensioni che vanno verso una sempre crescente importanza di quelle integrative (che noi abbiamo già dall'85, è il sistema dei due pilastri, pensione pubblica e pensione a regime di capitalizzazione), della flessibilizzazione del mercato del lavoro ecc., oppure chiudono le loro sedi, è tutta gente che deve riciclarsi. Quindi, la politica partitica, tutta l'eredità dell'epoca fordista, di un certo tipo di stato sociale basato su un certo tipo di regolazione partitica del ciclo e della distribuzione dei redditi, dopo questo passaggio degli anni '80 è completamente condizionato da questo nuovo blocco economico, culturale, non partitico ma postpartitico. La Lega è anti-partito se vogliamo, non parlo necessariamente di quella di Bossi, ma del leghismo, che non a caso nasce appunto con una critica durissima dei partiti, della logica di partito e fa presa proprio su quei soggetti che i partiti e il sistema dei partiti li avevano subiti. Questi non sono solo il piccolo e medio imprenditore, ma anche il salariato che viene buttato fuori e deve dipendere dall'assistenza pubblica, o che è in disoccupazione, che è alle prese con la pesantezza dello stato sociale: andare all'assistenza pubblica è veramente una cosa umiliante, io ci ho lavorato con quella gente lì, lo stato sociale è in crisi anche perché è uno stato di coglioni. Però è vero che in qualche modo ha funzionato per distribuire una ricchezza che altrimenti sarebbe rimasta nelle tasche dei ricchi, ma allo stesso tempo c'è stato un prezzo, noi abbiamo sempre detto che lo stato sociale è comunque uno stato della disciplina, del controllo, non è solo pane e rose, tutt'altro: anche questo è stato recuperato dal capitale e dalla nuova economia.

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