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INTERVISTA A CHRISTIAN MARAZZI - 5 LUGLIO 2000

Oggi noi abbiamo a che fare con un'economia che sempre più si libera di lavoro morto, al limite lo prende in affitto come dice giustamente Rifkin, oggi il capitale fisso, delle macchine, è visto anche dagli analisti della new economy più come un ingombro, come una non ricchezza, come una ricchezza negativa piuttosto che come una ricchezza: oggi avere una fabbrica non è un vantaggio, perché una fabbrica non sta mai dietro alle innovazioni, oggi è meglio affittare, prendere a leasing gli strumenti, usarli e poi dopo basta, quindi non è neanche più quello il punto. Però, allora vuol dire che tu hai tolto al capitale costante il corpo fisico, fisso se vuoi, non hai più questo, hai un lavoro vivo immateriale che non è depositato in capitale costante. Ora, come si fa ad ammortizzare comunque? Perché tu fai delle spese di investimento iniziale, Microsoft per Windows ci ha cacciato dentro 500 milioni di dollari o una cifra del genere. Poi dopo, oltretutto, quando butti fuori sul mercato dei prodotti che non costano niente, che anzi puoi riprodurre piratescamente, come fai a recuperare e quindi ammortizzare quanto hai investito inizialmente? L'unico modo per farlo è di produrre tu stesso un corpo da ammortizzare che è il consumatore. Il problema è sempre stato quello, anche ai tempi di Marx quello che il capitale non riusciva a fare in termini di prezzi riusciva a farlo in termini di monopolio sui consumatori e contro i concorrenti. Nella new economy l'ammortamento l'hai con una forma di assuefazione, la chiamano fidelizzazione, chiamala come vuoi ma insomma è un restringimento della libertà di pensiero e di azione quindi. Questo è il modo con il quale oggi si ammortizza, nell'economia fordista era creando l'operaio che comprava l'automobile (la Ford, o la Fiat ecc.), quindi c'era una forma di salarizzazione del cervello sul lato del consumo: non eri libero tu come consumatore, eri libero di comprare questa o quell'altra automobile, la tua lotta per il più salario era valida nella misura in cui produceva potere, contropotere, ma non è mica stata la lotta sul salario che ha destabilizzato il capitale, è stata la soggettività che dentro questa lotta sul salario è stata messa al lavoro politico e che è stata all'origine della crisi del modello fordista. Magari adesso ragiono in termini un po' meccanici, però c'è la storia del lavoro vivo che non può essere usato per ammortizzare il capitale costante, cosa che è tra l'altro messa in evidenza da marxisti ricardiani tipo Benetti, Cartellier ecc., in Francia, proprio negli anni '70, quando Toni era là e questi, pur essendo di sinistra, però di fronte a questa contraddizione avevano anche loro buttato Marx dalla finestra, dicendo "non ci interessa". Invece Marx è interessante proprio laddove non è logicizzabile, dove si dimostra irriducibile alla formalizzazione logica, perché è lì che viene fuori la soggettività e il problema di una lotta che non è più neanche in termini dialettici, una lotta che esce dal rapporto dialettico con il capitale ed entra in un territorio che è sconosciuto al capitale, dove esso è sempre in ritardo.
Allora, per quanto riguarda quello che dici tu, a proposito delle lotte di Seattle, per quanto entusiasmanti, perché è chiaro che sono godibili da vedere e magari anche da partecipare, interessanti sono alcune cose, come il fatto che si è fatto uso di Internet per organizzare e preparare, però è anche vero che quando si va ad analizzarle è proprio laddove si vuole trovare un terreno comune che ci si rende conto che siamo ancora distanti e lontani per quella che si intende per categoria politica che fa della moltitudine il suo soggetto antagonista. Ripeto, secondo me la moltitudine diventa categoria politica nel momento in cui è capace di mettere in campo, attivare comportamenti soggettivi di attivo sottrarsi dal corpo e dalla corporeizzazione. Adesso io non saprei andare oltre, per vederci più chiaro: probabilmente l'attivo sottrarsi da questa traduzione in termini di corpi di questo soggetto che chiamiamo moltitudine ha dei percorsi differenziati, per esempio incominciando a criticare la traduzione in termini di parlamento sovranazionale di questo potenziale di lotta, per esempio andando a vedere dentro il movimento della moltitudine quelle che sono più che altro le modalità con le quali questo movimento non si sottrae. Io adesso non le so anticipare, ma per esempio mi avevano colpito questi interventi post-Seattle in cui mi sembrava così poco e così impotente proprio laddove avevi visto una potenza in azione, ho detto "ma no, non è possibile che si arrivi qua a proporre questo". Per esempio, mi sono trovato a Bologna all'inizio di giugno, ero lì per caso, con degli studenti, siamo andati a mangiare con Bifo e alla sera siamo andati ad un'assemblea in vista del No-Ocse: è stato impressionante, era in un teatro occupato e c'era un casino di gente, di realtà, di gruppi. E' lì che si giocano le cose, di fronte a determinate soluzioni o obiettivi che di volta in volta si costruiscono o si portano avanti in vista di queste che sono delle scadenze, le quali sono determinate a volte dai movimenti a volte dal capitale stesso, dall'Ocse o dagli Ogm. Io credo che la risposta stia lì, io potrei stare anche dieci anni a pensare a cosa vuole dire l'attivo sottrarsi da parte della moltitudine da questa traduzione in corpore della sua resistenza o comunque della sua differenza, e non troverei un fico secco, non riuscirei a inventare niente. Però, credo che quella sia un po' la strada che dovremo percorrere.

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