|
INTERVISTA A CHRISTIAN MARAZZI - 5 LUGLIO 2000
|
|
E' chiaro che quando si comincia a studiare, a dire "ma qui ci sono delle cose strane, ci sono delle nuove forme di povertà", a chi era stato uno dei massimi esponenti e teorici dell'operaismo e quindi dell'Autonomia questa idea di incominciare a preoccuparsi e a studiare ciò sembrava strana. In realtà è vero che le nuove forme di povertà erano dei segnali della trasformazione, della transizione al postfordismo, ad una società postsalariale se la vogliamo chiamare così, dove è stato messo in crisi proprio la forma salario del rapporto tra capitale e lavoro, quindi una forma contrattuale che andava messa in crisi proprio per poter liberare il capitale dalla sua stanzialità, dalla sua fissità, dalla sua spazialità, proprio per deterritorializzarlo: dunque, per far questo bisognava rompere, non solo politicamente con la repressione, ma anche strutturalmente la classe operaia, la sua interna composizione, che aveva anche una sua dimensione spaziale, la comunità operaia in fabbrica. Le nuove forme di povertà sono questo, cioè gli effetti di un attacco alle colonne portanti della classe operaia e il passaggio, si diceva allora, al modello Mc Donald's, la mcdonalizzazione, ossia il fatto che da Detroit o da Torino, dove sei stato militante, dove hai lottato sul salario, sull'orario ecc., passi al fast-food e ti accorgi che il lavoro è peggiore, che i salari sono quello che sono, che non c'è nessun tipo di rappresentanza sindacale e via dicendo. Erano cose che abbiamo visto, però le nuove forme di povertà erano il segnale concreto, in carne ed ossa, di questa transizione, che tuttavia da questo punto di vista ci aveva visto un po' impreparati, perché non c'era la povertà nella tradizione operaista, non c'era una cultura della povertà, neanche una sensibilità, anche se poi si è sempre fatto lavoro certamente dentro il proletariato, però un proletariato che voleva essere vincente nell'assalto alla ricchezza.
Io credo che lì forse si può anche individuare il perché della nascita negli anni '80 di quello che poi sarà importante negli anni '90, cioè il terzo settore, il volontariato ecc.: le nuove forme di povertà chi le ha capite politicamente sono i cattolici, non c'è niente da fare, è inevitabile, da sempre hanno la povertà nella loro religione e nelle loro pratiche. La nascita delle nuove forme di povertà coincide anche con le prime vere e proprie messe in discussione (e io questo l'ho vissuto dall'interno) dello stato sociale, del welfare-state: già negli anni '80, sull'onda del reaganismo ecc., lo stato sociale è il bersaglio. D'altra parte è anche vero che lo stato sociale si era molto amministrativizzato, burocratizzato, per cui aveva perso anche quel consenso sociale e di base che è necessario per mantenerlo in vita. Lo stato sociale, che pure è sicuramente una conquista delle lotte operaie in epoca fordista, incomincia senza dubbio ad essere attaccato dalla destra, ma allo stesso tempo perde consenso proprio laddove ti saresti aspettato perlomeno una difesa. Il discorso è complesso e complicato, ma non c'è dubbio che da qualche parte rimanda all'inizio della perdita di terreno e di forza politica della sinistra istituzionale: i partiti di sinistra naturalmente usano lo stato sociale per tenersi in vita politicamente, d'altra parte la loro crisi politica non permette di resistere all'attacco della destra economica allo stato sociale. Quindi, questa duplice crisi è indotta dalle scelte e dalla strategia della destra economica, ossia tenere lo Stato in una condizione di povertà, per non mai aumentare o addirittura proporre nuovi mezzi, nuovi interventi, nuove misure in difesa dei più deboli; ma allo stesso tempo si tratta di una crisi del sistema partitico, in particolare della sinistra dentro il sistema partitico del compromesso storico, del compromesso sociale fordista, che aggrava quella che è una crisi di consenso nei confronti dello stato sociale. Questo sicuramente si comincia a vedere negli anni '80, nel senso che ad un aumento della povertà non fa riscontro un aumento della difesa dello stato sociale: l'aumento della povertà coincide con lo smantellamento dello stato sociale, almeno io vedo questo dal mio osservatorio svizzero ma ovviamente non solo. E coincide con la messa in crisi e in discussione in tutti i casi e su tutta la linea dello stesso ruolo dello stato sociale nel nuovo modello che stava prendendo forma, che poi noi abbiamo chiamato postfordista e che oggi si chiama new economy, ma comunque siamo sempre lì: questo è un modello che presuppone forme nuove di ridistribuzione del reddito, molto perverse se vogliamo, ma che oggi sono più centrate sui mercati borsistici che non (almeno per quanto riguarda il sistema pensionistico) come garanzia di un reddito relativamente sganciato dal lavoro.
|
1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6
- 7 - 8 - 9 - 10 - 11
- 12 - 13 - 14 - 15
|
|