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INTERVISTA A CHRISTIAN MARAZZI - 5 LUGLIO 2000

Nell'82 sono ritornato in Inghilterra, dove di nuovo per un anno mi sono ritrovato con quelli che erano sempre stati i compagni e gli amici, i quali non avevano mai smesso di essere in qualche modo in contatto: ancora adesso Emery, che è una specie di autoeditore, uno che ha tradotto quintalate di scritti dall'italiano, mi ha chiesto se poteva tradurre una mia cosa, io non ci pensavo neanche più. E' vero che l'Inghilterra colpisce sempre per le sue sedimentazioni, se uno va dopo vent'anni a Londra o in qualche città vede ancora gli skinheads dei primi anni '70 o i punk, non è che siano mode, lì sono realtà sociali, per cui quando succede qualcosa resta, è come una grande mostra di esposizione universale dove si vede tutto quello che negli ultimi quarant'anni è successo nella moda, nei movimenti sociali, nei gruppi musicali ecc., ci sono ancora i rockettari degli anni '50 vestiti allo stesso modo. Così è anche un po', se vogliamo, nei nostri giri: c'è però una continuità che avevo già potuto verificare e constatare nell'82. Nell'83 ero passato a Parigi, dove c'era ormai già il gruppo dei fuggiaschi (Oreste, Pace e tutti gli altri) e dove ovviamente il problema dell'amnistia o della non amnistia era stato centrale, però c'era anche la volontà di ramificarsi, di costruire qualcosa: credo di poter dire che è soprattutto dall'arrivo di Toni che sia stato possibile un certo tipo di lavoro politico sistematico, che poi ha avuto il suo risvolto e una sua concretizzazione con riviste (Futur Anterieur ecc.), anche se poi in realtà c'è sempre stato una forte mobilitazione dei compagni italiani scappati dalla repressione. Poi mi è capitato di stare quasi un anno a Monreal, dove c'era Piperno (che a sua volta vi era arrivato dopo essere stato a Parigi): lui aveva già un sacco di rapporti in virtù anche della sua enorme capacità di sedurre e socializzare, oltre che per la sua intelligenza. Lì, nell'84, mi ricordo che era stato organizzato un convegno, al quale aveva partecipato anche Guattari (quindi pochi anni prima di morire), oltre a Piperno e a una serie di compagni, anche americani. Ciò sempre per ricordare di nuovo questa dimensione di fatto diciamo globale o globalizzante, nel senso che c'è sempre stato un punto di vista sulla globalizzazione o, se vogliamo, possiamo parlare in termini di globalizzazione dal basso naturalmente del pensiero, degli scambi di sapere, di pratiche ecc.: comunque questa è una dimensione che sprovincializza molto quello che è l'operaismo che io ho vissuto. Questo in un certo senso permette di capire a maggior ragione le differenze abissali per esempio nei confronti delle Brigate Rosse: se vogliamo entrare nel merito anche di quello che è stato il periodo della militarizzazione o delle pratiche illegali, diciamo che la lotta armata delle BR, anche se magari voleva colpire gli obiettivi, le sedi delle multinazionali o la Nato, io l'ho sempre vista come una lotta comunque molto radicata nella storia italiana, che parte cioè dalla Resistenza dei partigiani, ha preso un po' di testimoni in un certo senso, basti vedere i racconti autobiografici dei vari Franceschini e via dicendo; è molto in competizione con il PCI, quindi c'è una continuità ma che direi proprio italiana in questa forma di lotta, che pure aveva ovviamente con la Rote Army Fraktion o altri delle affinità, ma lo erano nel senso più che altro tecnico. Diverso è il discorso sulla declinazione militare o comunque illegale dell'operaismo, alla quale fra l'altro io non ho aderito, sono anzi stato parecchio critico. Per esempio io negli anni '74-'77, ma poi ancora oggi, ho avuto un rapporto stretto mi ricordo allora con la rivista Primo Maggio di Sergio Bologna, un rapporto, oltre che di amicizia, anche di riflessione, di analisi con lui e altri compagni. Io ero in Svizzera e avevo visto e vissuto dall'interno uno spostamento sul terreno militare, chiamiamolo così, di quello che era Lotta di Classe, basato certo su un'ipotesi di rivoluzione armata ma dall'altra parte in un qualche modo fortemente, volenti o nolenti, condizionato da quanto stava succedendo in Italia, quindi con gli effetti, costruzioni di infrastrutture per i compagni fuggiaschi ecc.: da noi c'era una confusione a volte tra BR e non BR, Autonomia organizzata, nel senso che quando ti arrivava un compagno mica stavi a guardargli la tessera. Quella svolta lì io non l'ho vissuta bene, anzi, anche perché non l'ho mai vista come qualcosa che effettivamente avesse sufficienti ramificazioni nel corpo sociale: mi è sembrata proprio un'accelerazione disperata per certi versi, e in effetti disperate e tragiche sono state le conseguenze di tutta quella fase. Mi ricordo che avevo anche rotto con una serie di compagni dopo tanti anni, ovviamente è stata una rottura politica, però erano anche rotture di rapporti, di amicizie: è stato un periodo lacerante per tanti versi, però allo stesso tempo eravamo tutti compagni, venivamo tutti dallo stesso percorso.

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