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INTERVISTA A CHRISTIAN MARAZZI - 5 LUGLIO 2000
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E' un po' l'equivalente di quello che si diceva, cioè il ridurre la differenza a una cosa che è contenuta o espressa o sigillata su un corpo, per il sesso, per l'agenda dell'organizzazione tal dei tali, perché il corpo ti mette dentro le cose, ti fa agire sempre di più in modo che alla fine è nocivo per la moltitudine, perché in questo senso è equivalente ad una banca nazionale o centrale che vuole lottare contro l'inflazione e lottando contro di essa in realtà distribuisce in modo perverso la ricchezza, in quanto la ricchezza si crea in termini non inflazionistici: la new economy è un'economia semmai deflazionistica o disinflazionista, ma non è inflazionistica. Però se tu continui ad agitare lo spettro dell'inflazione per ogni scoraggia dei prezzi del petrolio, alla fine crei un consenso per aumentare i tassi di interesse che alla fine vanno a nuocere a dei soggetti che pur sempre sono importanti, gli inquilini per esempio. Adesso faccio degli esempi strampalati, ma sempre per tornare a quel problema del come essere di nuovo dentro, e qui ritorna il primo Tronti fra l'altro, quello del dentro e contro: "dentro il keynesismo," diceva "dentro lo Stato-piano, dentro l'economia fordista, però pur sempre contro". Dentro voleva dire essere funzionali anche alla crescita con il più salario, perché il più salario era funzionale ad una crescita del capitale quando esso aveva bisogno del consumo; però nello stesso tempo contro, perché questo nostro essere dentro era allo stesso tempo un modo di creare e di produrre una soggettività che (Tronti parlava degli operai) è una soggettività pagana, cioè che rifiuta l'interesse generale, è partigiana, parziale, settaria, è la soggettività della differenza. Il capitale pretende sempre dai suoi stessi oppositori un senso di responsabilità, un senso dello Stato, un senso dell'interesse generale ecc.: l'operaismo è nato sulla parzialità, se vogliamo oggi si dice singolarità, ma allora il punto di vista era il punto di vista della differenza, la differenza che per essere forte deve essere dentro però, dentro semmai il corpo del capitale ma non dentro il suo corpo.
Rispetto all'analisi che facevi in precedenza, anche in termini di soggettività politica e al di là della repressione, secondo te quali sono stati i limiti che, nell'ambivalenza delle lotte, hanno portato ad una metabolizzazione, normalizzazione e innovazione da parte del capitale anziché a momenti più avanzati di scontro e di rottura?
Un po' ho cercato prima di parlare dei limiti ma analizzando la complessità del passaggio. Quando per esempio parlavo delle nuove povertà negli anni '80, i limiti non mi sembra il caso di individuarli come limiti di una teoria. Certo, di limiti se ne trovano dappertutto, per esempio uno grosso è stato che, se parliamo della nascita del femminismo, c'è stata una visione completamente reazionaria della donna dentro alle organizzazioni, questo era un limite culturale assolutamente atroce, che per altro probabilmente esiste ancora, anche magari nelle migliori organizzazioni politiche, non lo so, mi immagino. Questi sono dei limiti contro i quali i movimenti si sono scontrati e questi sì mi interessa individuarli, perché sono quelli che sono stati in qualche modo superati o messi in crisi dall'interno dei movimenti stessi. Per quanto riguarda la domanda, lì faccio più fatica a parlare di limiti perché è veramente difficile individuarne di specifici riferibili a corpi teorici o a linee politiche, nel senso che secondo me è più complessa la cosa. Per esempio, come si fa a parlare di limite nei confronti delle tematiche della povertà di un movimento, quello operaio, che è nato dalle lotte contro la povertà nell'800, però ha prodotto la classe operaia, ha prodotto la storia del movimento operaio, e che proprio dentro questa sua forza ha dovuto fare i conti con un limite che però non era suo, era il limite posto da un capitale che attraverso la produzione di povertà ha trovato impreparato un movimento che nel corso di centocinquanta anni aveva lottato contro la povertà? Se vuoi è un paradosso, un rompicapo. Per esempio, io mi ricordo la reazione di un Toni che dice "ma cos'è sta roba? povertà?", poi dieci anni mi ha detto "ah sì, ho capito"; ma nota bene che non è che l'avessi scoperta io la povertà, io sono stato pagato per fare una ricerca sulla povertà, non sapevo neanche che ci fossero le nuove forme di povertà, per essere onesti. Dopo è capitato che in effetti queste erano le realtà che sopravanzavano di molto le mie stesse idee, aspettative e via dicendo, ma per ragioni diverse dalla mia consapevolezza. Ma come posso dire che il limite è stato che noi dell'operaismo non pensavamo neanche alla povertà quando poi invece nelle periferie, nei quartieri o nei centri cittadini e metropolitani stava scoppiando questa nuova realtà? Semmai è un limite che è dovuto al fatto che noi avevamo percorso una strada di assalto al cielo e non di gestione della miseria, questa l'abbiamo sempre rifiutata, semmai si andava a rubare piuttosto che accettare i limiti e le soglie di povertà definite dal Ministero. Però ce l'hanno scaraventata addosso la povertà: chi di noi non ha conosciuto in quegli anni momenti di reale povertà perché non sapevi più a che santo attaccarti o appellarti? Per non parlare dei milioni di persone che l'hanno subita. Questo è un attacco, quindi semmai il limite è quello che ci fa continuare a pensare in termini di organizzazione: il limite è quando non vinci, il limite è quando non la fai la rivoluzione, quando dieci anni, un anno o cinque minuti prima ti mettono in carcere o ti sconfiggono, ma questo è il limite di una storia che è fatta sulla lotta, sullo scontro, su chi vince e chi perde. Probabilmente il grosso limite è sempre il fatto di pensare in termini insufficientemente organizzativi, sottovalutando il nemico, perché questo è terribilmente forte e noi siamo magari molto forti su certe cose ma molto deboli su quella che addirittura è la consapevolezza della forza del capitale, e della sua forza organizzativa. Direi che se vogliamo parlare di limite forse parlerei in questi termini.
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