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INTERVISTA A MARIA TERESA TORTI - 17 GIUGNO 2001


La mia inchiesta sulle condizioni operaie mi aveva avvalorato questa ipotesi, perché le condizioni di vita delle donne nelle famiglie operaie e le condizioni di vita delle donne nelle famiglie non dico borghesi ma anche piccolo e medie borghesi erano profondamente diverse. Quindi, con le compagne femministe io ho avuto sempre dei rapporti di distanza, mentre anni dopo ripresi i contatti, quando la radicalizzazione era minore, quando si poté sviluppare una discussione più ampia sulla condizione della donna. Beh, direi che in questi ultimi trent'anni, da quando il movimento femminista ha incominciato a muovere i primi passi, sicuramente è stata perseguita la via dell'emancipazione ma non quella della liberazione. E la cosa più triste è che oggi io vedo che sono innanzitutto le ragazze a non valorizzare nessun tipo di differenza coi maschi, e a riprodurre comunque sempre ruoli se non ancillari tuttavia complementari, così come avveniva prima del movimento femminista. Allora, è come se a questo punto la condizione della donna si divaricasse tra la strategia dell'emancipazione rampante, decisa, su modelli però prettamente maschili: sarebbe come dire, per esempio, che io ho considerato come una vittoria delle donne il fatto che Margaret Thatcher sia stata per diversi anni capo dell'Inghilterra; e invece, dall'altra parte, una grande massa di persone che acriticamente accetta ancora un ruolo di divisione dei compiti tra i sessi. In questa aiutata dal fatto che certamente oggi la coppia è più paritaria di prima, nelle giovani famiglie ci si aiuta di più reciprocamente, la divisione dei compiti è meno rigida. Io negli ultimi dieci anni lavoro essenzialmente con ricerche etnografiche, quindi sono abituata a girare per i posti, a osservare e a guardare: è significativo che nei centri sociali, per esempio, mi sembra di essere nei gruppi della sinistra extraparlamentare degli anni '70, in cui a parlare eravamo pochissime, ed eravamo considerate, come Brogi diceva, delle grandi rompicoglioni perché chiedevamo spiegazioni, tipo "perché si fa questo?". Ci si faccia caso, si vada nei centri sociali e si guardi come si comportano le ragazze, parlano molto meno dei ragazzi. Io nei centri sociali ci vado spesso, a Torino sono molto amica del giro dei Murazzi, a Milano Daniele Farina, il Leoncavallo e la Pergola, quelli di Bologna, su queste storie dell'ecstasy, negli ultimi 5 anni sono quelli che vedo di più, sono proprio amici personali quelli del Livello 57, in parte quelli del Link. A parte il Livello 57 devo dire, ma lì sono anche più grandi quelli che si occupano di queste cose, ma se si va dove ci sono i giovani giovani, tra le medie superiori e il primo anno di università, le ragazze sono quelle che parlano meno, anche se sono poi dei bei cervelli, se sono brave: parlano meno, intervengono meno, c'è ancora tutta la sindrome del leader piccolo o grande con lo stuolo delle ragazzine intorno. E quindi ci sono ancora poi nel mondo sociale le scelte di coppia come scelte di interessi: probabilmente hanno ragione loro, paga di più l'interesse dell'amore, e tra le passioni e gli interessi, per dirla con Hirschmann, vincono gli interessi. Per cui nelle mie interviste fatte in Val Camonica o nel bresciano si trovano un sacco di giovani ragazze e operaie che lavorano lì, che hanno un modello di famiglia non molto diverso da quello che poteva avere mia madre, cioè ti sposi quello che ti dà più affidamento, gli uomini sposano quella che dà più affidamento come moglie, pensi a farti la casa. Da questo punto di vista c'è un conservatorismo visibile, ad esempio, nei film dei due cosiddetti registi di sinistra, Moretti con "La stanza del figlio" e "L'ultimo bacio". Questi sarebbero due registi ufficialmente di sinistra, consacrati dal veltroniano critico cinematografico oltre che da Ciampi. Se uno ha in mente i film di Ken Loach o i film di Gegerian quello di "Marsiglia", questi due registi che si dichiarano di sinistra, e quindi dovrebbero essere anche un po' più a sinistra dei DS perché gli artisti, si sa, sono sempre un po' più radicali, fanno due film, ognuno per conto loro, in cui per dirne una (è un'annotazione sociologica ma mi è scappata) la professione del capofamiglia in entrambi è lo psicanalista. Si sa quanto è diffusa socialmente questa posizione nel nostro paese e quanto rispecchia le condizioni di difficoltà se non del proletariato della classe media: io credo che gli psicanalisti in Italia siano poche migliaia. Allora, già questo è significativo. Poi ne "L'ultimo bacio" questa crisi di trentenni viene vissuta da due che si sposano, gioventù dorata, proprio il mondo delle terrazze romane, quelle che veramente se, anziché essere figli di Veltroni, fossero figli di Previti non è che ci sarebbe differenza. L'entourage di Fini e l'entourage di Veltroni è di nuovo scambiabile.

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