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INTERVISTA A MARIA TERESA TORTI - 17 GIUGNO 2001


Bene, questo qua si deve sposare a trent'anni, ha il momento di crisi, la sbandata per la ragazzina, proprio un usa e getta, e la ragazzina è figlia di un architetto di fama mondiale (anche questo è, come dire, siamo tutti figli di Renzo Piano a questo punto!); poi pensa alla moglie, questa dice che rimane incinta, allora lui dice "la sposo" e vagheggia questo fatto che poi ci sarà la famiglia, che avranno i bambini (è testuale), una casa un po' fuori Roma, una casa borghese, "poi mi prendo una bella macchina, poi mi prendo un cane, ma sì, poi ci prendiamo la barca e saremo felici". Il film si chiude vedendo che la moglie, dopo che ha la barca e tutte queste cose, a un certo punto fa jogging con un bell'istruttore e si pensa che a questo punto sia la moglie che gli mette le corna. Cioè, proprio un'ideale borghese, se io penso a cos'erano i film di Bunuel, "Il fascino discreto della borghesia", era uno che dissacrava queste cose: questa invece è l'elegia, perché oggi dentro questi valori ci credono tutti. La cosa più sconfortante per me, a questo punto, è che mi sembra di avere sbagliato pianeta, e io talvolta continuo a chiedermelo, è una domanda che facevo anche a Romano (che nel '93-'94 mi ha fatto quel quadro): alle volte ti chiedi se proprio sei sbagliato tu, se sei tu che non hai capito niente, e quindi hai continuato a combattere contro i mulini a vento, come un Don Chisciotte. Io non sono mai riuscita ad appartenere radicalmente a delle grandi concezioni politiche, cioè non sono mai entrata in un partito, anche con la sinistra extraparlamentare ho sempre avuto dei rapporti abbastanza dialettici. Però, io me ne sono andata da casa che avevo 18 anni, reggendomi poi per conto mio per un bel pezzo. E avevo fatto fatica a uscire da quella famiglia lì, in quegli anni non era così comune che una ragazza facesse questo; e avevo fatto fatica anche ad uscire dalla chiesa cattolica, si può capire che allora tutti questi gruppetti rispetto alla chiesa cattolica fanno ridere, perché quella ha duemila anni di storia come istituzione. Io non riesco a credere senza pensare: ho bisogno di pensare, ho bisogno di dire, ho bisogno di capire. Allora, non sopporto queste appartenenze dogmatiche, oppure "è così", oppure queste appartenenze di convenienza, in cui devi far sempre finta che, devi allinearti. Io notavo delle situazioni che mi mettevano molto a disagio, dimensioni di conformismo dentro i gruppi per allinearti a quello che vuole il gruppo, così come ti puoi poi allineare nel lavoro (e infatti si è visto…) ai nuovi dettami del sistema, in cui non sei mai tu, che puoi mettere in discussione il mondo ma sei sempre tu che ti devi adattare alle situazioni, alle norme, alle regole, a ciò che è prescritto. Beh, io a questo non ci credo, anche se ormai il mondo va così, perché tatticamente tu puoi anche utilizzare delle strategie di adattamento, appunto la critica marxista ci ha insegnato la differenza tra le tattiche e le strategie. Allora, nella strategia del mio cammino esistenziale, anche perché è parte di me, cioè della mia soggettività e del mio modo d'essere, io non posso distaccare il cervello, e non posso rinunciare a cercare di trovare un mio posto nel mondo che però non sia il posto per sistemarmi, ma sia un punto dove riconoscermi, dove stabilire delle relazioni, dove poter sviluppare valori e modi differenti. Però, questa è un po' un'utopia. Come diceva Mafalda, mi sento nella condizione di "fermate il mondo voglio scendere": questo potrebbe essere il mio ultimo slogan!


Romano, anche in riferimento a questa ricerca, ha formulato un'importante ipotesi, soprattutto rispetto all'operaismo politico, ritenendo che esso si sia mosso all'interno di un particolare poligono, cercando di fare i conti con i suoi vertici, in parte riuscendovi ma soprattutto non riuscendovi, e da questo si può ripartire per pensare ai nodi aperti nel presente. I vertici in questione sono costituiti dagli operai e dalla loro soggettività alquanto trascurata se non rimossa quasi da tutti; dalla cultura, in fondo rimasta quella umanistica di tradizione desanctisiana-crociana-gramsciana; dalla politica e dal politico; dalla questione generazionale e giovanile; e infine dalle donne. Nella tua analisi emergono dei nodi, in parte riferibili alla suddetta ipotesi, anche se in forme differenti: la soggettività, la questione generazionale e giovanile di cui ti sei occupata parecchio e che continui a seguire nelle ricerche, il discorso della formazione, quello della politica e quello delle donne.

C'è una cosa importante. E' come se la razionalità strumentale avesse vinto non già sul piano della colonizzazione del quotidiano di cui parla Habermas, ma avesse vinto proprio sul piano della formazione e della costituzione della soggettività. Quindi, non è una colonizzazione del quotidiano inteso come ambiente, ma è un processo costituzionale dell'io, della soggettività e delle sue attese, delle sue tensioni e dei suoi progetti. Tutto oggi è in funzione della razionalità strumentale.

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