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INTERVISTA A MARIO DALMAVIVA - 19 FEBBRAIO 2001

Tanto per saltare subito ad un'analisi, passando il tempo io mi sono abbastanza convinto (e ciò non lo capivo allora) che era tale la forza messa in campo dalla classe operaia nel '69, nel '70, nel '71, che aveva bisogno di un referente adeguato come forza a quella che esprimeva lei; noi eravamo lì a dire "noi siamo rivoluzionari, voi non lo siete". Cioè, in definitiva mi rendo conto a posteriori che abbiamo fatto tanta ideologia e poca politica, molta politica in pochi momenti, il resto è tanta ideologia che, come ben si sa, se non fa i conti con la dura realtà delle cose diventa una fuga dalla realtà, come in buona parte è diventata nei gruppi. Non è un problema di entrismo o di non entrismo, il problema è secondo me, come i consigli operai dimostrano, che su quel livello di forza di classe i gruppi, i gruppetti, quelli storici, quelli nuovi, ma neanche tutti assieme potevano rappresentare un referente significativo per quel movimento di classe. Io ricordo alcune manifestazioni a Roma, non mi colpiva il fatto che fossero 50.000 o 100.000, quello secondo me era solo un dato quantitativo, la cosa che mi colpiva è che erano presenti le fabbriche con 10-15 operai dei consigli, e quindi i 100.000 erano 10.000 fabbriche, ognuna con 10 persone: era questo che ti dava un'idea dell'estensione e del movimento messosi in moto. Noi eravamo proprio pochissimi, quasi nessuno, era un bel gruppo di intellettuali, faceva il discorso secondo me più avanzato, ma eravamo poco politici, politici abituati alle dimensioni del gruppo e del movimento studentesco. Adesso, pensandoci a posteriori, abbiamo avuto questa funzione di leva molto forte perché abbiamo capito le cose addirittura tanti anni prima, Potere Operaio teorizzava proprio questa nuova composizione di classe fin dal '62, piazza Statuto, le magliette a strisce di Genova, i primi scioperi nelle aziende elettriche. Quindi, era arrivato preparato a questo, preparato da un punto di vista teorico, ma da un punto di vista pratico eravamo quattro gatti, e il discorso non cambia molto neanche con Lotta Continua, che fu sicuramente il gruppo più numeroso in Italia. Cioè, mi sono abbastanza reso conto che, se vuoi, più che un'intelligenza di classe, che pure c'è, c'è una necessità politica di classe, che è la necessità per un movimento così vasto di trovare poi l'interlocutore adeguato, non solo come forza ed estensione ma come capacità poi di mediazione istituzionale: e lì era soprattutto il sindacato, che in quegli anni fu secondo me fu il vero partito di classe, il Partito Comunista era lontano, mediava, era la mediazione istituzionale, ma la vera forza rivoluzionaria è stato il sindacato in quegli anni. Anche se noi l'avessimo capito, e non lo capimmo o non lo potevamo capire perché eravamo rivoluzionari, il processo avvenne secondo me in maniera così rapida ed estesa, cioè questa nuova composizione di classe divenne una fucina di avanguardie politiche così estesa e così di massa che noi non potevamo comprenderlo. Avremmo dovuto avere una testa più lucida con noi, ma occorreva un grande politico, e non lo erano né quelli di Potere Operaio né quelli di Lotta Continua, troppo abituati alla dimensione del gruppo. Voglio far capire, perché non voglio far gongolare Romolo Gobbi, che questo non è un discorso entrista, non me ne frega niente e non sono mai stato un entrista e chi l'ha fatto, ben altrimenti che Romolo, parlo di Tronti e delle grandi teste, non hanno cavato un ragno dal buco. Fa parte se vuoi di questi ritardi storici tra l'avanguardia politica e i movimenti di massa, per cui quando leggi Lenin poi dici "che bravo!" e subito dopo "che culo!", perché ci fu una coincidenza storica, i quadri, la formazione, le batoste, il nucleo del partito, poi con l'ingegno di Lenin per l'organizzazione, ma poi la guerra, la sconfitta e tutto quanto, fu un mix e un amalgama incredibile. Sì, Tronti aveva scritto "Lenin in Inghilterra", ma aveva scritto questa teoria assolutamente fasulla che proprio i fatti si sono incaricati di smentire della rivoluzione nel punto dello sviluppo: molto intellettuale, molto affascinante ma non ha funzionato.



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