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INTERVISTA A MARCO REVELLI - 24 LUGLIO 2001 |
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Ora, noi oggi ci troviamo in una situazione che è esattamente opposta, possiamo chiamarla in qualsiasi modo, postfordismo, postimmateriale, impero, chiamiamola come cavolo ci pare, ma questo meccanismo è saltato: oggi la valorizzazione del capitale avviene in un contesto nel quale i mercati sono sempre di più mercati saturi, e quindi esprimono una resistenza forte ad assorbire ciò che viene prodotto; le materie prime sono a costi crescenti, e la forza-lavoro non è disciplinabile per via gerarchico-autoritaria come presupponeva il modello fordista. I mercati sono saturi, sono mercati ricchi e non estensibili. Credo che sia in ciò l'enigma di questo capitale che deve ridefinire tutte le proprie variabili, i propri modelli organizzativi, il contenuto dei prodotti che genera, il rapporto con la società. Sono mercati saturi, non espandibili perché non esiste un meccanismo globale in grado di praticare forme di keynesismo planetario, non esiste l'istituzione in grado di distribuire a livello planetario il potere d'acquisto; sono mercati limitati perché il tipo di prodotti che connota lo stile di vita occidentale ha un alto impatto ambientale, non è compatibile con la sua diffusione a due, tre, quattro miliardi di persone, a malapena è sostenibile per un miliardo di persone. C'è questa scoperta da parte dell'Occidente della propria non universalizzabilità. Il fatto di dover fare i conti con mercati stabili e non in crescita rende drammatico il problema della riduzione dei costi fissi, che prima venivano invece assorbiti attraverso l'aumento del volume del prodotto: i costi fissi non li riduci più aumentando il volume, li devi ridurre riducendo le voci dei costi, a cominciare dalla manodopera, passando alla logistica, agli investimenti e così via. Dunque, è inevitabile la logica del crescere dimagrendo, è inevitabile la logica della dispersione del manifacturing e, per contro, di concentrazione del controllo finanziario, ma con dispersione dei processi di lavoro, non più centralizzazione, una dimensione centrifuga e non più centripeta della produzione. Indispensabile è la messa al lavoro della soggettività: cancellare la soggettività e incorporarla dentro le regole formali, dentro i codici formalizzati della fabbrica ha dei costi, vuol dire mettere in piedi una burocrazia di fabbrica, e soprattutto presuppone la regolarità dei flussi; se tu devi fare i conti con flussi molto variabili e hai pochi soldi per investire in organizzazione, devi mettere la lavoro la soggettività della gente, il linguaggio naturale, la capacità di comunicare. Ed è quello che si è inventato Tajichi Ohno nel modello Toyota, è quello che regola il just-in-time: quel tipo di flessibilità sistematica, strutturale non lo reggeresti se non contando sul fatto che gli uomini comunicano tra di loro e aggiustano i flussi a seconda delle circostanze, non puoi formalizzarlo in routine rigide. Quindi, devi rimettere in gioco l'informalità, devi rimettere in gioco la soggettività, trasformare in bisogni le emozioni, devi trasformare in risorse e in materie prime i sentimenti, le reti di relazioni, la nuda vita, i corpi, le immagini e così via. Un salto di qualità molto alto per recuperare profitti laddove prima li realizzavi attraverso una tecnica completamente diversa: l'età del ferro del capitalismo faceva profitti con gli uomini-bue che producevano un 10% di automobili in più dell'anno precedente, questo era il meccanismo. Se non puoi produrre ogni anno un 10% in più di prodotti devi inventare nuovi bisogni, mettere al lavoro nuove risorse: questo è il postfordismo, un forte restringimento dell'area dei clienti potenziali e una brusca esclusione delle risorse da incorporare nel processo di valorizzazione. C'è questa dimensione qua che corrisponde al fatto che trasformi il mondo in una macchina in cui due miliardi e mezzo di persone sono forza-lavoro potenziale e 800 milioni sono i clienti potenziali. E' un'umanità messa al lavoro come potenziale produttore che non sarà mai consumatore dei propri prodotti, continuerà a produrre per una fascia limitata la quale deve moltiplicare i propri bisogni e le proprie domande. Mi pare che questo sia il salto di qualità. Mentre invece il fordismo si immaginava come un modello capace di conquistare il mondo intero, sia nella dimensione capitalistica di Henry Ford, sia nella versione socialista, perché io credo che il comunismo novecentesco sia stato una forma di iperfordismo di Stato, il coronamento e l'autodistruzione del fordismo che si totalizza.
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