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INTERVISTA A MARIO TRONTI - 9 AGOSTO 2001


Così, quando dici "un altro mondo è possibile" non è che puoi fare a meno di capire che lì il tentativo di un altro mondo possibile c'è stato, ha avuto quel tipo di sviluppo, quel tipo di crollo. Devi attraversare tutta quella vicenda, ma attraversarla in proprio, dicendo "anche quella è la mia storia, non è la storia di qualcun altro, è la nostra storia, la storia della classe operaia e del movimento operaio che ha prodotto anche quelle cose lì". E te ne devi far carico, non è che ti puoi far carico solo delle cose belle, delle lotte, degli eroismi, il '48 a Parigi, la Comune, le cose in cui hai avuto solo i martiri: ti devi far carico anche di quella roba lì, quando tu hai saltato quelle cose, non sei stato più il martire. Anche quel tragico della storia del movimento operaio è storia nostra, tutta, i lager, Stalin, è storia nostra, non scherziamo. Che difficoltà c'è? La storia è mica una passeggiata. Io prendo sempre il modello della Chiesa Cattolica, questa istituzione millenaria che continua a vivere nel tempo perché ha una grandiosa sapienza storica dietro di sé: e c'è dietro tutto, non è che ci siano dietro solo i santi, ma ci sono dietro le crociate dove ammazzavano i bambini, le guerre di religione, c'è dietro l'istituzione autoritaria del papato, l'inquisizione. Tutte le grandi istituzioni, tutti i grandi tentativi hanno dietro queste cose. Lo dicevo anche nella scorsa intervista: quello che un po' distingue me da altre opzioni è l'approccio alla storia operaia, io la vedo sempre dentro una storia più grande, se si vuole anche dentro la storia umana, la storia degli operai dentro la grande storia.


La politica e il politico. C'è una faccia di questa medaglia che poi diventa anche amministrazione, quando si ha a che fare con delle istituzioni che possono essere quelle del movimento operaio, lo Stato ecc. Questo è un aspetto, sul quale ci si è confrontati con luci ed ombre. C'è poi un'altra faccia della medaglia, il politico, che è la capacità di realizzare un superamento dell'esistente, come rottura, come rivoluzione, sapendo trovare incroci, momenti particolari, creando eventi. Sono due aspetti che sono sempre vissuti intrecciati ma con una differenza grossa all'interno della storia dei processi di liberazione, del movimento operaio e via dicendo. Quanto si può separare un discorso di gestione e un discorso invece di rottura di questa forma politica? Quanto un discorso di rivoluzione può avere una dimensione anche di superamento della forma comunista, non intesa in termini astratti ma così com'è stata realizzata nelle esperienze che si sono date? E' una questione con cui bisogna sicuramente confrontarsi, pur partendo da quello che dicevi tu, ossia dalla capacità di fare i conti con quello che c'è dietro di noi.

Credo che queste due cose siano destinate a convivere per una lunga fase strategica. Io ho cambiato un po' i termini, non parlo tanto di utopia che la vedo molto dentro a una concezione anche borghese della politica, nell'utopia c'è sempre molta ideologia, molto apparto ideologico. L'utopia è stata molto spesso funzionale al potere e ai rapporti di potere reali. Sta dentro la politica moderna il paragone che io ho fatto tra Machiavelli e Tommaso Moro, che erano tutti e due agli inizi e alle origini della politica. La politica moderna è poi la politica borghese, che è nata dentro la storia capitalistica, ha avuto sempre bisogno di rapporti realistici di potere e poi di lanciare verso un domani indefinito la prospettiva di un'altra isola felice. Io cambio i termini, uso per esempio quel termine che mi rendo conto essere ostico di profezia, ostico anche perché ha delle risonanze un po' teologiche. Profezia è una cosa altrettanto forte quanto il realismo, non è assimilabile come l'utopia stessa perché è il parlare a nome di qualcuno contro un altro più che indicare che cosa poi si raggiungerà. Il profeta insomma grida, spesso nel deserto, però scuote. Quelle due dimensioni è facile tenerle insieme quando combatti ancora per la conquista del potere, perché le distingui, nel senso che quella di gestione del potere diventa una parte più consegnata alla tattica, allora abilmente ti devi muovere in modo conseguente, con alleanze per cercare di raggiungere il potere, lì sì puoi essere profetico. Ciò si complica nella fase di gestione effettiva del potere, quando ti trovi a tenere in mano e a governare certi meccanismi che in sé hanno una loro logica, che è una logica di ferro, la gabbia d'acciaio weberiana, ti metti dentro le strutture: è come l'arte del governare una forma di società che non è tua e che tu devi nello stesso tempo trasformare. Questo secondo me è l'esperimento più alto della politica, quello di governare meccanismi che sono oggettivi, che ti condizionano, e nello stesso tempo essere liberi da questi meccanismi in modo tale da avere sempre in mente come si trasformano e come alla fine poi si abbattono in una certa forma. Quella è la più alta forma di politica che io riesco a concepire, la forma della politica alternativa, come io la chiamo, dall'alto del governo. Ed è quella che il movimento operaio poteva fare dentro la società capitalistica.

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