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INTERVISTA A MARIO TRONTI - 9 AGOSTO 2001


Con un certo uso anche del simbolismo.


Ciò anche può essere utile, usare molto la forma simbolica, lo hanno fatto un po' tutti i nuovi movimenti: ha cominciato il femminismo a valutare molto la parte simbolica del discorso, del linguaggio, anche del comportamento. E ciò credo che sia molo legato anche alla dittatura della comunicazione, che vuole pure creazione di simboli e di obiettivi simbolici. L'altra cosa è che anche questo risulta essere un movimento molto antiautoritario, con l'idea quindi degli 8 grandi come un'autorità mondiale a cui si contrappone una sorta di rivendicazione, che però poi anche quella risulta arretrata, una rivendicazione democratica, far partecipare tutti alle decisioni. Ci sono aspetti che per un verso risultano già superati dalle precedenti forme di lotta. Dal momento in cui sono cadute quelle forme di lotta del passato di impronta operaia c'è stata una sorta di regresso storico, e non di progresso: allora, dentro questo regresso storico si configurano anche queste nuove forme di conflitto, che possono essere arretrate rispetto alla forma di lotta operaia, che aveva una fase molto avanzata di conflitto e di strutture sociali, anche di opinione, di massa ecc. Adesso, di fronte al regresso che c'è stato, queste sembrano delle forme avanzatissime, quindi c'è un effetto ottico da tenere presente. Effettivamente dopo due decenni, dopo gli anni '80 e '90, dopo tutta questa morte dei conflitti e dei movimenti, il risorgere di questi movimenti sembra una grande novità e opportunità, e in questo senso va valutata. Ripeto, io credo molto che poi internamente la cosa possa crescere, cresca di fatto. Però, negli altri movimenti, anche nel '68, c'erano state prime queste esperienze di pratica operaista, quindi c'era stato un facile riferimento ad esse perché c'erano state, poi sono state riconosciute, prese, assunte; queste dietro hanno un po' un vuoto, quindi adesso è più difficile che il movimento internamente salti in avanti. Infatti, i riferimenti sono in parte a queste nuove teorie più di sabotaggio che di organizzazione. Non a caso si trovano più a proprio agio dentro questi movimenti certe forme un po' alla Negri, molto più legate a un contrasto e a un conflitto di tipo in parte anarchicheggiante, quello dei centri sociali, dell'Autonomia, con relativo uso della violenza. Loro in questo senso già avevano rotto con una tradizione di movimento operaio, e questa sorta di movimento si trova più vicino a queste cose.
Voi parlavate prima di assenza di progettualità, tranne questo slogan pure interessante considerando questi ultimi decenni, "un altro mondo è possibile", che però è un po' generico. C'è comunque un'opzione che salta oltre questa forma sociale e vuole qualcos'altro, però è tutta in funzione di un'alternativa a livello molto distributivo. E' dominante un po' l'aspetto redistributivo, anche perché forse questa è una caduta di centralità dell'altro aspetto, dell'aspetto produttivo. Bisogna dunque continuare a lavorare su queste ricerche; poi, dal punto di vista pratico, più che tentare di riproporre quel tipo di modello come fanno alcuni, proverei invece a immettere questa consapevolezza. Bisogna trovare i canali di immissione della storia delle lotte e dei conflitti dentro quel movimento, facendo in modo che riconoscano dietro di sé qualcosa, che si renda visibile un percorso che va da quello a questo, e da questo poi può andare oltre, così la progettualità si costruisce meglio. Allora anche quell'altra forma di mondo può cominciare a prendere forma: secondo me a un certo punto bisognerà cominciare a dire quello che oggi non si sa più, cioè che altra forma di rapporto sociale è possibile, che altra forma di potere politico è possibile. Cioè, ricostruire un po' i fini, non utopicamente ma cercando di capire. E poi, ecco, sottolineare che tipo di contraddizione è questa dentro la globalizzazione così com'è, che strutture per esempio di durata si può dare un movimento di questo genere, oltre questa rincorsa dei vertici che, se uno la guarda bene, anch'essa è abbastanza subalterna alle scadenze capitalistiche. Va bene che non mancano mai, come si vede in questi giorni, però si rimane legati a quel calendario lì invece di imporre un calendario proprio.

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