Riceviamo e pubblichiamo:

Il 3 maggio l’anarchico Alfredo Cospito – prigioniero in regime di AS2
nel carcere di Ferrara per la gambizzazione dell’amministratore
delegato di Ansaldo Nucleare, Adinolfi, e di recente destinatario di
un altro mandato di arresto per l’operazione “scripta manent” – ha
iniziato uno sciopero della fame della durata di dieci giorni contro
la censura che gli blocca la maggior parte della corrispondenza in
entrata e in uscita. Alfredo chiede ai compagni e alle compagne di
spedire libri, riviste, lettere e materiale cartaceo in quantità, per
sostenere il suo sciopero della fame e infrangere l’isolamento dettato
dalla censura carceraria.
Il PM Sparagna di Torino impone la censura per i compagni e le
compagne imprigionati/e per l’operazione “scripta manent”. Negli
ultimi mesi la censura è divenuta più stringente e molta parte della
corrispondenza viene sistematicamente censurata e bloccata; libri,
giornali e spedizioni di ogni tipologia quasi mai giungono a
destinazione. La censura ha colpito anche uno scritto che lo scorso
dicembre Alfredo ci aveva spedito per essere pubblicato su Vetriolo.
Così come in gennaio uno scritto è stato sequestrato ad Anna, per
un’altra pubblicazione. Parallelamente nessuna copia del nostro
giornale è giunta ad Alfredo e agli altri prigionieri: sequestrato
dalle guardie, o spesso semplicemente scomparso.
E’ chiaro che se l’isolamento nei confronti dei compagni e delle
compagne viene intensificato e reso così pressante è anche, e
soprattutto, grazie alla censura e al blocco della corrispondenza. E’
chiaro che per il potere non è tollerabile che i compagni e le
compagne possano continuare a contribuire al dibattito tra i
refrattari e i nemici dell’autorità. Se il misero lavoro di spionaggio
e la censura vengono sistematicamente intensificati è perché il potere
suppone e immagina di poter annientare e ammutolire gli anarchici e le
anarchiche nelle sue prigioni.
Bisogna fare dunque una breve analisi di questo odioso strumento del
dominio. Il visto di censura è una disposizione, ordinata dal PM, che
prevede che ogni lettera, in entrata e in uscita, venga letta dal
secondino incaricato per questo infame lavoro, scannerizzata e inviata
alla Procura. I frutti più succulenti di questo spionaggio dovrebbero
poi venire utilizzati nel processo. Un ulteriore incremento di questo
strumento è il blocco della corrispondenza: in questo caso il
secondino, evidentemente seguendo linee guida indicate dalla
magistratura, decide che non solo quella determinata lettera – come
tutte le altre – verrà fotocopiata e spedita copia in Procura, ma
bensì che essa non può entrare affatto nelle mani del destinatario. Il
salto qualitativo applicato nei confronti dei compagni e delle
compagne arrestate lo scorso settembre nell’operazione “Scripta
manent” è l’utilizzo sistematico di questo blocco. Negli ultimi mesi
si è andati verso una progressiva intensificazione dei blocchi della
corrispondenza, deteriorando ogni comunicazione e impedendo ormai ai
prigionieri di ricevere qualunque tipo di pubblicazione rivoluzionaria.
Una dinamica obbiettiva che, senza vittimismo, va osservata e
denunciata. Così come non possiamo non osservare che tale
intensificazione non riguarda solo un singolo carcere (quindi le
paranoie securitarie di quel singolo secondino o di quella singola
direzione penitenziaria): è evidente che c’è una regia da parte
della Procura di Torino. I solidali devono dire chiaramente e
coraggiosamente che la responsabilità di questo comportamento
liberticida è del dottor Sparagna.
Sparagna non è il solito PM da barzelletta delle numerose inchieste
anti-anarchiche. E’ un “eroe” dell’antimafia. Un gran pezzo di Stato,
apprezzato dalla buona borghesia, come testimonia la solidarietà
espressa dall’associazione Libera nei suoi confronti, che arrivò
persino a paragonare gli anarchici alla ‘ndrangheta. Come il dominio
scelga i personaggi a cui affidare le proprie operazioni repressive,
per le loro capacità o per le suggestioni simboliche che portano seco,
è un altro elemento non trascurabile per una analisi e una pratica
rivoluzionaria di solidarietà.
Nella consapevolezza che – nell’immediato, non in un radioso futuro –
è la solidarietà nell’azione rivoluzionaria a poter spezzare questo
isolamento e a poter distruggere le galere, esprimiamo la nostra
solidarietà ad Alfredo in sciopero della fame e agli anarchici e alle
anarchiche prigionieri/e.

Le compagne e i compagni della redazione del giornale anarchico Vetriolo