E’ disponibile il nuovo numero stampato di Crocenera,per richiesta copie croceneranarchica@autistici .org

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EDITORIALE

Usciamo dopo diversi mesi con un nuovo nume­ro stampato, vedendo crescere e concretizzarsi il progetto editoriale che stiamo portando avanti: attraverso il dibattito abbozzato durante le pre­sentazioni in giro per l’Italia, attraverso la pub­blicazione di informazioni ed azioni di cui si cerca di dar conto puntualmente sul blog, attraverso i contributi esterni alla redazione oltre che a quelli dei compagni in carcere, effetti­vi redattori non semplici oggetti della repressione da supportare: questo lo dimostrano sia gli arti­coli di approfondimento storico che quelli di analisi e critica su argomenti e scelte processuali più attuali che arrivano dall’AS2 di Ferrara, così come da altri con­testi repressivi. Inoltre si concre­tizza la proposta di una cassa di solidarietà ai prigionieri anarchi­ci, di cui diamo conto nella prima pagina di questo numero.

Prima di proseguire cogliamo il pretesto che ci è stato offerto dalla lettura della Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2014: in pratica la re­lazione annuale dell’ “intelligence” (con tutte le virgolette del caso…) al Parlamento sui vari peri­coli “eversivi”, interni ed internazionali, riguardo alla loro convinzione che Crocenera sia nata per ”ricompattare l’area intorno alla solidarietà rivo­luzionaria nei confronti dei compagni in carce­re, prefigurando una sorta di progetto offensivo aperto”. A noi poco importa se queste chiacche­re dei segreti servizi siano volte o meno a voler ridurre il progetto editoriale di Crocenera ad un misero (e comunque, si auspica, indigesto) boc­cone appetibile per la repressione… a noi poco importa, visto che ciò non rappresenta niente di particolarmente nuovo o eclatante, nasce piut­tosto dal loro periodico aggiornamento/travisa­mento (non potrebbe essere altrimenti) in base a quanto riescono a leggere in giro. Cogliamo in­vece questo pretesto per ribadire con forza che non ci limitiamo ad essere un misero bocconcino, vorremmo piuttosto essere quell’osso che gli si conficca nella strozza. Non solo uno strumento semplicemente volto a creare un circuito solidale nei confronti di alcuni compagni caduti nelle maglie della repres­sione, ma uno strumento in grado di offrire una panoramica su pra­tiche e prospettive dl movimento anti-autoritario ed anarchico, con la registrazione continua e pun­tuale di quanto accade su questi ed ignoti lidi – dai ragionamenti alle note pratiche conseguen­ti – nell’agire e nelle tempeste repressive, spazio aperto alla di­scussione alle differenti (e litigio­se) componenti dell’opposizione allo status quo, insomma uno specchio della bellezza e della forza che il pensiero e l’azione dei refrattari contribuiscono a costru­ire e che le schegge e le vampate della sovversione continuano ad offrire.

Di fatto non ci stancheremo mai di ribadire che il progetto è nato per essere luogo di discussione (… e di scontro) aperto, tra anarchici, accomunati da una visione viva e vitale dell’anarchia, benché animati da diverse sensibilità e tensioni. Insom­ma non abbiamo “cartelli” da sostenere, né posi­zioni, più o meno ortodosse, da difendere: sola­mente… un’esagerata idea di libertà per cui ora e sempre varrà la pena di battersi.

Il tentativo di chiudere la tensione anarchica, le tensioni di sovversione dell’esistente nel casel­lario giudiziario… non è niente di nuovo sotto il sole… e le risposte da offrir loro sono le solite.

Un’altra questione su cui spendere qualche paro­la è il fiorire di un dibattito, benché troppo spes­so abortito, su quello che si è facilmente ridotto a scambio di comunicati sulla delazione e dissocia­zione, a Milano o Torino… o Genova che dir si vo­glia, che in realtà è un dibattito abortito su quelle che sono state, potrebbero essere e saranno le prospettive, le alleanze, le progettualità, l’incisività, del movimento anarchico in questi anni, in questi lidi. Non tanto per i concetti di delazione, compli­cità rivoluzionaria, ”omertà rivoluzionaria” che do­vrebbero essere interiorizzati da anni da chiunque si definisca antiautoritario, ma per le conseguenze che questo tipo di discussioni dovrebbero instillare in qualsiasi cuore e fegato non ancora inaridito dal­le secche del “realismo” politico.

Vorremmo anche approfondire lo spinoso discor­so sul concetto di terrorismo e di violenza rivolu­zionaria, perché ci sembra che molti, anche tra gli anarchici, ne siano intimoriti, forse proprio in base a come tali concetti ci vengono periodicamente sputati contro, in forma di meri spauracchi repres­sivi. Guardando al piccolo orto di “movimento”, questo riflette e si fa condizionare dai mutamenti in atto nella società in senso lato, dalle convenzio­ni culturali e comunicative in atto, a volte la since­rità di giudizio viene scambiata in nome di un faci­le adeguamento al “sentire comune” imperante in un determinato momento storico.

Per questo riteniamo fondamentali sia i contri­buti storici (Pinelli e Bertoli come controcanto di due visioni dell’anarchismo, entrambi strumenta­lizzati e travisati sia da nemici che da “amici”) che quelli attuali, per arginare le derive mediatiche (vedi sindrome Je suis Charlie/Je ne suis pas Char­lie) e le ingenuità interpretative di movimento.

Nella stessa ottica si collocano le definizioni, troppo spesso limitanti, o le travolgenti simpa­tie… che troppo presto si tramutano, alla velocità della luce, in corrispettive delusioni, verso qualsi­asi campo di suggestione più aperta, si crei…

Sul finire dell’ubriacatura di consensi valsusina, che ormai mostra in maniera evidente la cesura tra un sogno sociale/sovversivo ed una realtà di limitato orizzonte cittadinista… si creano nuovi fronti di suggestione, per cercare di ancorarsi al sociale, quasi a voler perdere la consapevolezza che il discorso prettamente rivoluzionario esista e sia ben radicato in alcuni effettivi e seri contesti di lotta come l’esperienza di lotta di Kobane, ma a conti fatti costruire carovane umanitarie per il Rojava non è molto differente dalla mobilitazio­ne del decennio scorso per il Chiapas, o del de­cennio precedente per la Palestina. In tutti e tre i casi c’era o c’è tuttora un contesto di lotta armata rivoluzionaria in atto, il ruolo dei refrattari negli avamposti dell’occidente dovrebbe essere quel­lo di nemico interno, non di carovana umanitaria internazionale.

Siamo anarchici (e continuiamo a non credere questa una definizione riduttiva o quantomeno limitante) nemici di qualsiasi potere, refrattari ed attivi combattenti dello status quo, sia quel­lo istituzionale che quello che si sedimenta nelle risacche del “movimento”, in questo senso con­tinueremo a fomentare la discussione, a gettare semi di disordine dentro e fuori il solco del mo­vimento… che questi semi germoglino sovversio­ne nella teppa e si incistino, velenosi, nelle carni degli ignavi.

Estate 2015, i redattori della Crocenera