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APPUNTI DELLA CHIACCHIERATA CON PIERLUIGI GASPAROTTO 31 MAGGIO 2000*
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Quali sono state le ricchezze e i limiti del discorso sulla soggettività portato avanti da queste esperienze?
Il relativismo di Panzieri, vedere insieme i movimenti di classe e di capitale, è stato più corretto che il contrario. Il recupero di certe categorie (ad esempio la contestazione e l'autonomia) venne fatta da Panzieri partendo dalla lettura di Marx; il "Frammento sulle macchine" dal punto di vista teorico è da socialista della Seconda Internazionale. La contestazione è la risposta immediata dell'operaio; Morandi, il leader politico di Panzieri, parlò di autonomia per poter dire che nel suo rapporto con la classe aveva gli stessi diritti del PCI. Per quanto riguarda la soggettività di classe, secondo me bisogna considerare che una formazione di classe, sia essa la borghesia o il proletariato, non si spiega in se stessa e non riesce ad avere un respiro internazionale al di fuori del proprio contesto culturale; Gramsci esprime questo con il discorso sul momento economico corporativo. Non è che l'appartenenza ad una formazione sociale sia al di fuori di tale contesto. Dunque, il concetto di soggettività va mediato. La similarità di condizione sociale è un elemento di base fondamentale, ma non è l'unico: fondare solo su questo una continuità di percorso e autonomia non è corretto. Tale discorso può essere molto diverso nei tempi brevi, ma nella continuità va mediato con tutta una serie di altri dati che non appartengono alla formazione sociale. La fortuna del leninismo sta dentro questo cuneo.
Quali erano allora le letture di Lenin? Che analisi fa di tali letture?
Noi Lenin l'abbiamo letto poco. Abbiamo letto quella fase molto precoce ("Lo sviluppo del capitalismo in Russia"): in tale testo Lenin faceva un'analisi strumentale, individuava i canali attraverso cui la propaganda socialdemocratica poteva infilarsi. Noi allora privilegiavamo altre figure (ad esempio Trotzkj o la Luxemburg) per una critica a Stalin, e in questo il nostro maestro era Emilio Soave, storico e trotzkista insigne. Noi eravamo alla caccia di quello che era meno conosciuto e distinto.
Qual è stato il suo percorso successivamente allo scioglimento di Classe Operaia?
Ho lavorato con il sindacato. Io, Piana, Gobbini siamo rimasti isolati; Gobbini però era legato a Negri. Negri questi intellettuali di Milano se li è comprati assicurando loro una borsa di studio; però in realtà non ci fu un dibattito politico. L'unico con cui mi rividi fu Giovanni Piana: eravamo molto contrari all'ipotesi di Autonomia. Non si riuscì più a costruire un rapporto positivo con gli husserliani. Inoltre lavoravamo tutti, le disponibilità non erano più quelle di quando eravamo studenti. Già negli ultimi anni di Classe Operaia ho avuto questa tendenza a non buttare via il rapporto con le organizzazioni tradizionali; ho lavorato con la Camera del Lavoro di Milano. Qui a Milano il gruppo di Classe Operaia si era fatto molto il vuoto intorno, anche rispetto ad amici con i quali si era lavorato fino ai tempi di Quaderni Rossi e che però vedevano le posizioni di Classe Operaia troppo secche e fastidiose.
Qual è, dall'interno, il suo punto di vista e la sua analisi sulla comunicazione e sul funzionamento delle aziende della comunicazione?
Io lavoro alla Rai dal '68. E' difficile parlare dell'azienda, perché cambia ogni due anni. L'ultima è la peggiore, la più servile e scadente. Ci sono tre telegiornali, due ore di comunicazione, tutti su discorsi di palazzo. Di comunicazione non me ne intendo, non la conosco teoricamente. Ho cercato di fare dei programmi, facendo lavorare delle persone che mi sembravano valide. Ho sempre avuto un rapporto conflittuale con la comunicazione e con l'azienda in cui lavoro. La comunicazione in Italia è sempre un aspetto del potere politico: non è mai vista come comunicazione, è sempre un'appendice di quel complesso di lobby che caratterizza la vita politica. La Rai poi sta trasferendo tutto sul satellite, per cui i programmi in chiaro sono sempre meno importanti: ormai è solo più un marchio che permette di far pagare il canone.
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