Ci sono due tipi di storia, o due modi di fare e raccontare la storia. C’è la storia ufficiale, quella dei grandi fatti, dei grandi eventi così come ce li raccontano i libri di storia o le istituzioni. E poi c’è la storia, o meglio le storie, che si formano dalle singole vite degli uomini e delle donne che s’intrecciano, che si relazionano, che si contagiano. Le due storie molto spesso non coincidono, o coincidono solo in parte.
Spesso quando si parla di storia ci si riferisce solo al primo tipo. E dall’ignorare una parte della storia al farla cadere nell’oblio il passo è breve. Prendiamo il recentissimo caso del terremoto in Abruzzo: la realtà è quella che ci raccontano il presidente del consiglio, le istituzioni e la maggioranza dei media – ovvero che le misure prese dallo stato per far fronte alla tragedia sono adeguate, che sta procedendo tutto per il meglio e che non abbiamo bisogno dell’aiuto di nessuno stato straniero perchè è tutto sotto controllo e ben gestito – oppure c’è qualcos’altro?
Andrea Gattinoni, un attore che si trovava a L’Aquila per presentare un suo film, si è trovato in mezzo ad una situazione a dir poco terribile. Andrea ci racconta una parte della storia ignorata e volutamente non detta.
Ho visto l’Aquila.
Un silenzio spettrale, una pace irreale, le case distrutte, il gelo fra le rovine.
Cani randagi abbandonati al loro destino.
Un militare a fare da guardia aciascuno agli accessi alla zona rossa, quella off limits.
Camionette, ruspe, case sventrate.
Tendopoli.
Ho mangiato nell’unico posto aperto, dove vanno tutti, la gente, dai militari alla protezione civile.
Bellissimo.
Ho mangiato gli arrosticini e la mozzarella e i pomodori e gli affettati.
Siamo andati mentre in una tenda duecento persone stavano guardando “Si Può Fare” .
Eravamo io, Pietro, Michele, Natasha, Cecilia, AnnaMaria, Franco e la sua donna.
Poi siamo tornati quando il film stava per finire.
La gente piangeva.
Avevo il microfono e mi hanno chiesto come si fa a non impazzire, cosa ho imparato da Robby e dalla follia di Robby, se non avevo paura di diventare pazzo quando recitavo.
Ho parlato con i ragazzi, tutti trentenni, da fitta al cuore.
Chi ha perso la fidanzata, chi i genitori, chi il vicino di casa.
Francesca, stanno malissimo.
Sono riusciti ad ottenere solo ieri che quelli della protezione civile non potessero piombargli nelle tende all’improvviso, anche nel cuore della notte, per CONTROLLARE.
Gli anziani stanno impazzendo.
Hanno vietato internet nelle tendopoli perché dicono che non gli serve.
Gli hanno vietato persino di distribuire volantini nei campi, con la scusa che nel testo di quello che avevano scritto c’era la parola ‘cazzeggio’.
A venti chilometri dall’Aquila il tom tom è oscurato.
La città è completamente militarizzata.
Sono schiacciati da tutto, nelle tendopoli ogni giorno dilagano episodi di follia e di violenza inauditi, ieri hanno accoltellato uno.
Nel frattempo tutte le zone e i boschi sopra la città sono sempre più gremiti di militari, che controllano ogni albero e ogni roccia in previsione del G8.
Ti rendi conto di cosa succederà a questa gente quando quei pezzi di ***** arriveranno coi loro elicotteri e le loro auto blindate?
Lì????
Per entrare in ciascuna delle tendopoli bisogna subire una serie di perquisizioni umilianti, un terzo grado sconcertante, manco fossero delinquenti, anche solo per poter salutare un amico o un parente.
Non hanno niente, gli serve tutto.
(Hanno) rifiutato ogni aiuto internazionale e loro hanno bisogno anche solo di tute, di scarpe da ginnastica.
Per far fare la messa a Ratzinger, il governo ha speso duecentomila euro per trasportare una chiesa di legno da Cinecittà a L’Aquila.
Poi c’è il tempo che non passa mai, gli anziani che impazziscono.
Le tendopoli sono imbottite di droga.
I militari hanno fatto entrare qualunque cosa, eroina, ecstasy, cannabis, tutto.
E’ come se avessero voluto isolarli da tutto e da tutti, e preferiscano lasciarli a stordirsi di qualunque cosa, l’importante è che all’esterno non trapeli nulla.
Berlusconi si è presentato, GIURO, con il banchetto della Presidenza del Consiglio.
Il ragazzo che me l’ha raccontato mi ha detto che sembrava un venditore di pentole.
Qua i media dicono che lì va tutto benissimo.
Quel ragazzo che mi ha raccontato le cose che ti ho detto, insieme ad altri ragazzi adulti, a qualche anziano, mi ha detto che “quello che il Governo sta facendo sulla loro pelle è un gigantesco banco di prova per vedere come si fa a tenere prigioniera l’intera popolazione di una città, senza che al di fuori possa trapelare niente”.
Mi ha anche spiegato che la lotta più grande per tutti lì è proprio non impazzire.
In tutto questo ci sono i lutti, le case che non ci sono più, il lavoro che non c’è più, tutto perduto.
Prima di mangiare in quel posto abbiamo fatto a piedi più di tre chilometri in cerca di un ristorante, ma erano tutti già chiusi perché i proprietari devono rientrare nelle tendopoli per la sera.
C’era un silenzio terrificante, sembrava una città di zombie in un film di zombie.
E poi quest’umanità all’improvviso di cuori palpitanti e di persone non dignitose, di più, che ti ringraziano piangendo per essere andato lì.
Ci voglio tornare.
Con quella luna gigantesca che mi guardava nella notte in fondo alla strada quando siamo partiti e io pensavo a te e a quanto avrei voluto buttarmi al tuo collo per dirti che non ti lascerò mai, mai, mai.
Dentro al ristoro privato (una specie di rosticceria) in cui abbiamo mangiato, mentre ci preparavano la roba e ci facevano lo scontrino e fuori c’erano i tavoli nel vento della sera, un commesso dietro al bancone ha porto un arrosticino a Michele, dicendogli ‘Assaggi, assaggi’.
Michele gli ha detto di no, che li stavamo già comprando insieme alle altre cose, ma quello ha insistito finché Michele non l’ha preso, e quello gli ha detto sorridendogli: “Non bisogna perdere le buone abitudini”.
Domani scriverò cose su internet a proposito di questo, la gente deve sapere.
Anzi metto in rete questa mia lettera per te.
Andrea Gattinoni, 11 maggio notte.
Ci vogliono foto! Se riesci a mettere delle foto si incomincia a parlare seriamente di queste cose. Non solo qui.
“Tutto ciò che era veramente vissuto si è allontanato in una rappresentazione”. E di questa rappresentazione ormai si sente il bisogno: senza una mediazione delle immagini non si può parlare “seriamente di queste cose”.
Caro NaN, se credi che senza le immagini – o meglio senza la loro novità – non si possa parlare “seriamente”; se credi che la forza storico-politica di una confessione non possa nulla, non fai altro che pretendere la disincarnazione, l’astrazione, la spettacolarizzazione di ciò che invece ha bisogno: di farsi SENTIRE, non di farsi vedere. Di toccare, non di divenire immagine, rappresentazione di sé.
Caro Nan,
hai ragione.
“Delle” fotografie come dici tu permetterebbero di parlare in maniera più approfondita di queste cose. La loro mancanza però non significa NON POTERNE PARLARE SERIAMENTE ugualmente.
Le fotografie, e più in generale le immagini, fanno parte di quel campo chiamato comunicazione visiva che, attraverso i suoi strumenti permette di eludere barriere comunicative quali ad esempio differenze linguistiche. Ricorda però che la PAROLA, nel momento in cui viene SCRITTA, assume la duplice valenza di comuniazione verbale e visiva. Attraverso essa si possono eludere barriere che vanno oltre le semplici differenze linguistiche, abbattendo anche ostacoli fisioligici delle singole persone. La parola scritta può essere letta e quindi venire recepita anche da persone che non possono vedere per esempio.
La fotografia è stata scoperta nella prima metà dell’1800 eppure ciò non ci impedisce indagare sulla storia dell’umanità che precede questa data. E lo si fa attraverso l’iconografia storica e, sopratutto attraverso la documentazione scritta.
Per questo ti inviterei a non sottovalutare l’importanza di una testimonianza.
Ogni persona è libera di credere o meno ad un racconto, ad una storia, ma la lettera di Andrea può essere presa come stimolo per avvicinarsi ad una questione e magari andare in prima persona a VEDERE CON I PROPRI OCCHI se la situazione reale è quella descritta o se quelle parole sono semplici fantasie. Alcune settimane fa Roberto Saviano, in un intervista a “Che Tempo Che Fa”, ha elogiato come scrittore Primo Levi in quanto ha spinto i suoi lettori a visitare Auschwitz.
Se la lettera di Andrea farà in modo che qualche persona visiti l’Aquila e che quindi non ci si dimentichi di questa terra sarà già un gran risultato, a precindere dalla veridicità delle sue parole.
Spero che una di quelle persone sarai tu..
E MAGARI MANDAMI UNA CARTOLINA!
No, io dico che senza immagini non possiamo coinvolgere la gente, altre persone in questo dibattito. Che finchè si parla di una testimonianza è personale, ma quando le stesse immagini (che poi ci sono state riportate a parole in questo topic) sono di molti non è più l’esperienza di una persona ma di molte. La documentazione fa sì che l’esperienza di uno sia l’esperienza di molti. Mentre riportare l’esperienza fa si che i sentimenti e pensieri di uno siano quelli di molti. Non possiamo rinunciare a nessuna delle due cose ma qui ne manca appunto una… ci servono immagini e documenti.
E per inciso non possiamo perchè non eticamente corretto. Non per altro. Finchè non ci sono testimonianze impersonali interrogabili da ognuno (per esempio una foto ritoccata è possibile riconoscerla sempre come tale con gli strumenti adatti ed un po’ di voglia) rimane un fatto vero solo per chi l’ha vissuto. In una società retta sull’informazione non è giusto divulgare cose del genere, c’è la necessità di fare un passo in più… (con questo non voglio dare del bugiardo ma far notare che il dubbio sussiste finchè fugato, purtroppo tanto più su questi canali).
Io non so, e purtroppo finchè non verrò illuminato in un modo o nell’altro continuerò a non sapere. Mentre delle prove muoverebbero una massa di persone che vi sorprenderebbe…
Cos’è la documentazione?
Cosa sono le “testimonianze impersonali”?
ad ogni modo, pagina/13 dà spunti; Chi prosegue, s’informa. Chi si ferma, non ha tempo da perdere.