In realtà, se l’avvento del Freccia Rossa ha focalizzato l’attenzione mediatica su di sé, facendosi gettare inesorabilmente nell’ “occhio del ciclone ferroviario” insieme agli stupefatti occhi dell’italiano medio, che finalmente potrà affrettarsi con il pargoletto di 10 anni verso il passaggio a livello più vicino per impressionarsi vedendo sfrecciare agli oltre 300 km/h un convoglio che raramente e forse mai potrà e vorrà utilizzare in ragione a palesi impedimenti economici, è tuttavia altrove il vero quartiere dell’orrore, in ben altri peggiori anfratti di questa S.p.a. prende forma il reale disagio dei trasporti su rotaia, che pian piano si insinua prima nelle tasche e poi nel cervello / fegato dei milioni di italiani che utilizzano i mezzi Trenitalia per spostarsi ogni giorno.
Le tratte regionali, infatti, hanno recentemente subìto l’ennesimo incremento dei prezzi: è vero, è una corbelleria, si tratta in fondo di pochi centesimi di euro, e la nostra parrebbe essere più una speculazione intellettualistica e qualunquista piuttosto che la descrizione di un impiccio reale, non fosse che questi pochi centesimi vanno ad ingrassare una macchina poco oliata e che resterà tale a prescindere dall’ingresso di una quantità sempre maggiore di moneta sonante nelle sue capienti casse. Ad acuire il fastidio di aggiungere pochi centesimi al prezzo che gli utenti – soprattutto studenti universitari e in quanto tali con un proprio reddito spesso vicino allo zero – devono pagare per l’acquisto dei biglietti regionali, si annette una pressoché totale assenza di giustificazione a questo stesso aumento delle tariffe, aspetto facilmente notabile se ci si connette al sito web delle Ferrovie dello Stato e si scorrono le notizie: pubblicità di concorsi letterari, stravaganti alleanze tra Trenitalia e Vodafone o Telecom Italia per disporre i Treni Alta Velocità di connessione wi – fi, ma nulla che ricordi pur vagamente una giustificazione dettagliata o meno dell’aumento tariffario di molti biglietti di tratte regionali ed interregionali, a meno che non si ricorra alle usuali ed inflazionate (per quanto parzialmente vere) motivazioni che vedono protagoniste la manutenzione e pulizia dei mezzi, la sicurezza dei convogli ferroviari e quant’altro serva a corroborare l’insaziabile curiosità del cliente e a rinfrancarlo dalla rabbiosa necessità di esporre fastidiosi reclami e lamentele.
Ciò che pare inserirsi come l’ultimo anello di un circolo vizioso, inteso nella sua accezione più letterale, all’interno di questo sistema profondamente dissestato di muoversi su rotaia nel Belpaese, è la manifestata vetustà della differenziazione tra vetture di prima e di seconda classe: esperire come quotidianamente moltissimi convogli viaggino con persone stipate nei modi più impensabili nei vagoni di seconda classe, mentre le carrozze di prima classe viaggino leggere portandosi appresso il triste vuoto di un metodo che non funziona più e che forse non ha mai funzionato appare come la più eclatante presa in giro nei confronti della già di per sè spossante “giornata tipo” del pendolare o anche solo del semplice passeggero saltuario. Condivisibile ed auspicabile l’abolizione della distinzione in classi e la creazione di una sola categoria di viaggiatori, nella quale chi ha a disposizione il solito infimo budget e chi può permettersi di spendere di più abbiano eguale diritto di viaggiare dignitosamente e il dovere di non arrecare alcun danno ai mezzi: una soluzione sicuramente troppo ideale, forse utopista quanto banale ma che si presenta oggi come il primo indispensabile passo verso una più acuta democratizzazione del modo di vivere ed utilizzare la rotaia in Italia.
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