Coincidenze

Il necessario è ciò che è e che non può non essere. Il contingente, con più modestia, è ciò che è ma che può non essere. È ciò che è, ma che potrebbe essere anche qualcosa di diverso. Perché a volte le cose non vanno come pensiamo debbano andare, e invece ad arrivare sono quelle che non desideravamo capitassero. E quando ci accorgiamo che non è andata come speravamo, o che è andata proprio come temevamo andasse a finire, ci succede di andare al bar e riderci sopra con gli amici, o di andare al bar e ubriacarsi con o senza amici, o di rimanere in casa senza volere né bere né ridere, o forse più bere che ridere, nell’incertezza di cosa dire o cosa fare, risolvendola chi in bestemmie chi in lacrime chi in silenzio.
Nelle ore trascorse nelle diverse stazioni ad attendere treni, per lo più regionali, per lo più di solo seconda classe, ho imparato che alcune volte le cose non sono né come devono essere né come dovrebbero essere né come vorremmo che fossero. Semplicemente, alcune volte le cose sono in ritardo, che è un modo di essere e di non essere allo stesso tempo. Di essere nel posto giusto all’ora sbagliata, o di essere nel posto sbagliato all’ora giusta.
Considerato poi che, in molte stazioni, oltre a non esserci i treni che ancora devono esserci, neppure ci sono bar in cui andare a ridere o a ubriacarsi con qualche compagno di viaggio, e anche che piangere per un regionale è inopportuno, la gente fa quel che può fare: accendersi sigarette e tirare madonne. Nell’attesa di una voce anonima e sgradevole che annunci che possiamo smettere di bestemmiare e di fumare perché il treno sta arrivando.
Ma c’è la pioggia, la neve, la nebbia, il ghiaccio, un guasto al motore, una linea interrotta, un passaggio a livello non funzionante, dei lavori in corso, una deviazione di percorso, uno sciopero del personale, uno sciopero dei sindacati, uno sciopero dei trasporti, uno sciopero che sia uno sciopero, una coincidenza a cui dare la precedenza, un binario dissestato, un binario bloccato, un blackout o un cortocircuito. E ogni volta le contingenze di un ritardo sono superiore a un orario da rispettare.
Ma una volta, ricordo, eravamo partiti in orario. Succede. E alla prima fermata eravamo arrivati in orario. Poi, tra la prima e la seconda, su un vagone di quel regionale di sola seconda classe, un signore iniziò a urlare, e non perché spaventato dal fatto di essere in orario, ma perché voleva uccidersi. Solitamente, chi si uccide col treno lo fa buttandosi sotto le rotaie. Lui voleva buttarsi dal finestrino, attraverso il quale probabilmente non sarebbe passato. E urlava di voler parlare con qualcuno e che chiamassero il controllore e che chiamassero i carabinieri. Mentre qualcuno si prodigava di chiamare e il primo e i secondi, qualcun altro gli ricordava che la vita è sacra, che la vita non è da buttare, che tutti si può essere felici e che il Signore di sicuro gli sarebbe stato vicino. L’uomo, che ogni tanto si sedeva quasi si fosse calmato, riprendeva ad agitarsi e diceva di non volere vivere, di essere stanco di stare da solo, di essere stanco di tirare a campare. Come un pappagallo che ha scoperto di poter dire qualcosa con rabbia, continuava a ripeterlo. Un mio amico – che non ha l’abitudine di parlare troppo e che gli era seduto vicino, mentre lui lo fissava – ha capito che non c’era bisogno di dire altro, e a voce bassa gli ha ripetuto che su quel vagone tutti erano stanchi di tirare a campare. E l’uomo si è messo a sedere, aspettando di arrivare alla stazione dove una volante dei carabinieri lo aspettava. E per salirci non gli hanno chiesto il biglietto. Solo i documenti.
Quando siamo arrivati alla stazione di fine corsa, la voce sul treno si scusava e comunicava che a causa di un tentato suicidio avevamo maturato 47 minuti di ritardo. Come quando a Bologna un intercity diretto a Trento era in ritardo di 106 minuti. Molte volte sono stato in ritardo su un treno, ma mai di venti, trenta, quaranta o sessanta, ma di 19 o 33 o 48 o 57 o 74 minuti. La precisione è importante soprattutto quando si è in ritardo, che è essere e non essere allo stesso tempo. Ma non sempre. Ricordo di un ritardo di un regionale diretto a Verona annunciato dalla voce sgradevole come indefinito…

Paolino