La televisione, è tutta lì la questione, tutta lì la questione. Guarda, ascolta, inginocchiati, prega, la pubblicità. Non produciamo più niente e nello stesso tempo produciamo troppo. Non serviamo più a niente e nello stesso tempo siamo troppo utili. Che cazzo ci stiamo a fare allora? Siamo dei consumatori. Ok, ok, compri un sacco di roba da bravo cittadino, però se non la compri che succede? Se non la compri che cosa sei? Un malato mentale, è un fatto. Se non compri la carta igienica, la macchina nuova, un frullatore computerizzato, un attrezzo elettrico per orgasmi multipli, un impianto stereo con le cuffie che ti spappolano il cervello, computer con attivazione vocale. Ok, oggi c’è il fai da te, il bio e tutte quelle cose che ti fanno stare a posto con la coscienza, ma cosa sono se non altre possibilità già belle che confezionate dalla società del consumo? Da tutto il meccanismo di certo non se ne può uscire finché le soluzioni ce le impacchetta il sistema stesso.
La televisione ci rende consumatori, certo. Ma il linguaggio procede di corpo in corpo e ciò che ora è affetto siamo noi tutti, le nostre vite. E di conseguenza il nostro modo di portarle. Siamo i sottoprodotti di uno stile di vita che ci ossessiona. Quello che deve spaventare sono le celebrità sulle riviste, la televisione con cinquecento canali, il nome di un tizio sulle mie mutande, i farmaci per capelli, il viagra, le poche calorie. Sono solo oggetti nulla di più. Le cose che possiedi però, alla fine ti possiedono.
Ciò che ci aliena, ciò che somatizza la cifra collettiva e creatrice che da sempre ci abita è lo spettacolo, quel rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini. Una forma di assoggettamento psicologico totale, in cui ogni singolo individuo è isolato dagli altri. Magari nella propria auto o nel proprio salottino. O anche in spazi condivisi: la piazza è ormai solo luogo di passaggio; l’università è ormai solo un persorso individuale; se il commercio è sempre stato un momento di necessaria condivisione delle nostre vite, il supermercato è l’annulamento di ogni relazione. Annullamento degli incontri. E di certo il processo non è ancora finito nel momento in cui vengo installati i point24h, dove l’ultimo baluardo umano (cassiere/a) è sostituito dalla macchina erogatrice.
Ciò che rende lo spettacolo ingannevole e negativo è inoltre il fatto che esso rappresenta il dominio di una parte della società, l’economia. La mercificazione di ogni aspetto della vita quotidiana rompe quell’unità che caratterizza la condizione umana propriamente detta.
Oramai però siamo arrivati ad un punto tale che è difficile anche solo pensare di cambiare radicalmente le cose. La società dello spettacolo è venuta a crearsi e si è consolidata in questo modo perchè noi glielo abbiamo permesso seguendola, subendola passivamente, con le soluzioni che ci forniva lei stessa, senza cercare di utilizzare al meglio i suoi canali – sempre che esista un utilizzo migliore.
La televisione ci rende consumatori, certo. Ma il linguaggio procede di corpo in corpo e ciò che ora è affetto siamo noi tutti, le nostre vite. E di conseguenza il nostro modo di portarle. Siamo i sottoprodotti di uno stile di vita che ci ossessiona. Quello che deve spaventare sono le celebrità sulle riviste, la televisione con cinquecento canali, il nome di un tizio sulle mie mutande, i farmaci per capelli, il viagra, le poche calorie. Sono solo oggetti nulla di più. Le cose che possiedi però, alla fine ti possiedono.
Ciò che ci aliena, ciò che somatizza la cifra collettiva e creatrice che da sempre ci abita è lo spettacolo, quel rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini. Una forma di assoggettamento psicologico totale, in cui ogni singolo individuo è isolato dagli altri. Magari nella propria auto o nel proprio salottino. O anche in spazi condivisi: la piazza è ormai solo luogo di passaggio; l’università è ormai solo un persorso individuale; se il commercio è sempre stato un momento di necessaria condivisione delle nostre vite, il supermercato è l’annulamento di ogni relazione. Annullamento degli incontri. E di certo il processo non è ancora finito nel momento in cui vengo installati i point24h, dove l’ultimo baluardo umano (cassiere/a) è sostituito dalla macchina erogatrice.
Ciò che rende lo spettacolo ingannevole e negativo è inoltre il fatto che esso rappresenta il dominio di una parte della società, l’economia. La mercificazione di ogni aspetto della vita quotidiana rompe quell’unità che caratterizza la condizione umana propriamente detta.
Oramai però siamo arrivati ad un punto tale che è difficile anche solo pensare di cambiare radicalmente le cose. La società dello spettacolo è venuta a crearsi e si è consolidata in questo modo perchè noi glielo abbiamo permesso seguendola, subendola passivamente, con le soluzioni che ci forniva lei stessa, senza cercare di utilizzare al meglio i suoi canali – sempre che esista un utilizzo migliore.
Matte e ale
Povera carta igienica.