Quando la protesta diventa troppo

In questi tempi di mobilitazione studentesca, di manifestazioni e di occupazioni, interamente mirate a destituire la classe dirigente che ha partorito la legge ammazza università, c’è un caso in cui quello che viene visto come inevitabile si dimostra sbagliato almeno quanto ciò che lo ha creato. In Thailandia si sta protestando contro il primo ministro da ormai quasi 3 anni. Martedì 25 novembre, l’ultima mossa dei dimostranti è stato il blocco, praticamente totale, del nuovo aeroporto di Bangkok. Quest’evento a seguìto di un periodo di distensione, in cui il governo aveva cercato di placare gli animi e di intavolare un dialogo con i “ribelli”, porta la firma del People’s Alliance for Democracy, gruppo di spicco della protesta, aveva l’intento di bloccare qualsiasi attività degli uffici governativi, temporaneamente sistemati nell’aeroporto.
La giornata di martedì, seguiva quella di lunedì (ovviamente), nella quale i protestanti tagliarono l’elettricità e impedirono una seduta del parlamento. Secondo alcuni portavoce della protesta, le azioni di questi due giorni, sarebbero il colpo di grazia al governo guidato da Somchai Wongsawat.
Quello che dà a pensare è che persino la popolazione sente ormai questa protesta come fuori luogo, qualcosa che potrebbe portare a una guerra civile. Un giornalista di un quotidiano Thailandese definisce queste lotte come “una saga senza fine, futile e che svuota la società”. Cosa dire con questo?Niente, solo che il troppo stroppia!Evviva i luoghi comuni!

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