Sentendo il peso della macchina

E’ come sentire il disagio di una pesantezza, camminare con la macchina fotografica nella borsa. Sento il corpo che si scompone (o compone in nuove posizioni) perché la tracolla inclina la spalla destra ed insieme il capo sbilancia verso sinistra. Il diventare umido delle dita nel momento in cui incespicano nell’apertura annodata dello zaino, sotto la pioggia. La stanchezza del collo appeso alla camera penzolante.
Parlo dei sintomi di una presenza che com-prende il camminare, il gesticolare, il parlare. Se questa presenza (la macchina fotografica) rimane comunque silenziosa (perché disattivata), la sua corporeità meccanica forza comunque il corpo pensante. Scegliere una strada o un incontro, così come evitare il contatto o uno sguardo estraneo; avanzare lentamente oppure scappare di corsa; tremare nella consapevolezza di avere irrimediabilmente posto l’obiettivo davanti l’occhio aperto. E’ questo un tentativo di tracciare alcune reazioni alla sovraesposizione coperta della macchina fotografica. Coperta in quanto della parte più piccola dell’obiettivo.
Era una mattina. Dopo la sveglia alle 9 ricordo un solo pensiero: “riuscirò oggi a fotografare?”. Così è stato per molto, in alcuni momenti, smarrimento.
Rughe