Rughe e capelli incollati biancamente al collo. Movimenti deboli a seguire le canzoni con le labbra. indecise; gli occhi annegati nelle orbite puntate sul paesaggio arido attorno. E’ sopspeso, immobile al movimento, non esterno; macchia nel bianco monocromo dello svolgimento ad immagini successive. Indossava pantaloni corti di colore bianco, sopra delle scarpe di cui dimentico le ombre. Le luci artificiali non arrivano ad offuscare i contrasti del volto, mentre il mento sporge verso l’alto in un miscuglio in scala di grigi sciolti e sporchi. E’ sotto la luce, al riparo di un lampione dove corpi arrampicati nascondono i loro sguardi al suo, oleoso, essere in quello strappo di Rambla, al di fuori del dondolio imposto.
Si cammina nelle spinte e sotto il bruciare delle componenti dei fumogeni, ora più bianchi. Alcune persone, avviluppate dal fumo, scappano di qualche metro al riparo dalle scintille, ma senza successo. Una volta terminata la gocciolata, il movimento si restringe ancora, fino allo scoppio del prossimo petardo. In un lato della strada, tra le sagome più scure, si intravede un fuoco. Le fiamme emergono nell’approssimarsi al gruppo, poi gli striscioni e le sciarpe tese tracciano i confini di un cerchio. Le luci spaccano gli sguardi attorno al fuoco, le mosse di quegli involucri di carne sono preoccupanti e lacerano camminamenti poco fuori del proprio rito alla Marca. Si scopre il fuoco, sono fogli di giornale. Nell’arco del fuoco inizia una danza tetra in cui riuniscono la spaccatura violenta degli Identitari e l’illusione inclusiva del commensali al Turismo. Tra le ombre, i volti cupi e tratteggiati dei colori delle fiamme, spicca in una corrida sinuosa un individuo straniero, ornato della bandiera della squadra campione. La mescolanza della gente in quelle fiamme allontana una donna a sputi e calci. Spettacolo finito. No telecamere.
Si cammina lontano, tentativo di fuga tra idoli del mercato, inconorazione di immagini plastificate, e sfilate di corpi femminili, così alienanti nella sensualità del nausearmi; conati di allergia.
Si cammina nelle spinte e sotto il bruciare delle componenti dei fumogeni, ora più bianchi. Alcune persone, avviluppate dal fumo, scappano di qualche metro al riparo dalle scintille, ma senza successo. Una volta terminata la gocciolata, il movimento si restringe ancora, fino allo scoppio del prossimo petardo. In un lato della strada, tra le sagome più scure, si intravede un fuoco. Le fiamme emergono nell’approssimarsi al gruppo, poi gli striscioni e le sciarpe tese tracciano i confini di un cerchio. Le luci spaccano gli sguardi attorno al fuoco, le mosse di quegli involucri di carne sono preoccupanti e lacerano camminamenti poco fuori del proprio rito alla Marca. Si scopre il fuoco, sono fogli di giornale. Nell’arco del fuoco inizia una danza tetra in cui riuniscono la spaccatura violenta degli Identitari e l’illusione inclusiva del commensali al Turismo. Tra le ombre, i volti cupi e tratteggiati dei colori delle fiamme, spicca in una corrida sinuosa un individuo straniero, ornato della bandiera della squadra campione. La mescolanza della gente in quelle fiamme allontana una donna a sputi e calci. Spettacolo finito. No telecamere.
Si cammina lontano, tentativo di fuga tra idoli del mercato, inconorazione di immagini plastificate, e sfilate di corpi femminili, così alienanti nella sensualità del nausearmi; conati di allergia.
Spalle al CCCB termina nel bruciare di tabacco il godimento perverso che arrossa lo sguardo. Voglia di strada isolata e lontanaza di urla, a lavare via particelle di un erotismo consumato, nelle secrezioni tossiche della Marca.
Rughe
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